L’istruzione è un diritto fondamentale e non si può «distribuire»!

a cura di Stefano Borgato
Non siamo noi a rispondere così a quella dirigente scolastica che ha parlato della necessità di «diritti da distribuire» tra alunni con grave disabilità. A farlo, infatti, sono la Costituzione Italiana, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e la Sentenza n. 80/10 della Corte Costituzionale, per citare solo i casi più importanti di quell’ampia normativa nazionale e internazionale che le dà torto. E nemmeno parlare di un bimbo con grave disabilità come di "alunno H" serve a dare il buon esempio...

Bimobo in carrozzina a scuola, fotografato di spalleChe sia la forma, in questo caso, ad offendere ancor più della sostanza? Il dubbio è lecito, viste soprattutto le risposte arrivate dalla scuola, una scuola che tra l’altro – sul filo del paradosso – non si è posta alcun problema a chiedere a una famiglia con grave disabilità di venire incontro ai suoi problemi (quelli della scuola…). Ma vediamo i fatti.

«Avendo la scuola assegnato a mio figlio solo 23 ore di sostegno delle 30 di copertura totale richiesta dall’équipe multifunzionale dell’ASL – ci scrive Mariano da Trieste – la scuola stessa ha chiesto alla nostra famiglia di “venire incontro” alle problematiche “loro” e di dare una mano…». Il figlio di Mariano, va qui precisato, è affetto da una grave malattia genetica (la sindrome X-fragile), riconosciuta come tale dall’ASL di Trieste, sin dal 2004. Nessun riconoscimento, invece, per le due sorelline, entrambe portatrici sane, pur incontrando anch’esse evidenti difficoltà scolastiche. Marco – questo il nome del bimbo di otto anni – necessita poi, naturalmente, anche di assistenza specialistica.
In ogni caso Mariano, «per “venire incontro” alla scuola», tramite accordi non scritti, concorda che quando il figlio verrà accompagnato alla terapia logopedica, una volta finita questa, tornerà a casa. Ovviamente, concluso il ciclo di logopedia, dovrà poter frequentare regolarmente la scuola.
E arriviamo così al 1° ottobre, dopo che il 27 settembre Mariano aveva segnalato alla scuola l’assenza, per il venerdì successivo, della logopedista e la necessità di Marco di andare regolarmente a scuola. Quando invece la mamma arriva con il figlio, l’insegnante di classe le nega l’ingresso in aula – non essendoci l’insegnante di sostegno – e la rimanda alla preside, la quale, in una lettera, giustifica il rinvio a casa di Marco, scrivendo testualmente: «In data odierna l’alunno avrebbe dovuto svolgere attività di logopedia presso un ente; in tal caso le “sue” ore vengono utilizzate su altri alunni, ma la sospensione della seduta e la presenza dell’alunno a scuola ha reso impossibile la sua copertura con l’insegnante di sostegno o l’educatore».
Questa l’incommentabile sostanza della risposta («le “sue” ore vengono utilizzate su altri alunni»…), e a precederla c’è “quella forma che offende”, di cui parlavamo all’inizio, una forma che però diventa essa stessa sostanza, soprattutto se proviene da una Dirigente Scolastica. La dichiarazione di quest’ultima, infatti, si apre così: «In data odierna […] non è possibile “la copertura” didattica – educativa a favore dell’alunno H Marco…». “Alunno H”? Viene classificata così una persona con disabilità in quella scuola elementare di Trieste, uno studente che secondo ogni normativa nazionale e internazionale (ultima, ma non certo ultima, la Sentenza della Corte Costituzionale 80/10) dovrebbe essere considerato e avere gli stessi diritti di tutti gli altri?

A questo punto la famiglia non accetta quel che accettabile non è. Presenta una denuncia-querela ai Carabinieri, si rivolge al Tribunale dei Minori e alle Istituzioni Scolastiche Provinciali. Rende nota la vicenda anche agli organi d’informazione, che in questo caso si occupano del fatto nel migliore dei modi, grazie all’articolo ben documentato di Gabriella Ziani, sul quotidiano «Il Piccolo» (lo si legga cliccando qui), corredato da una serie di dati utili sulla situazione a dir poco complicata vissuta dagli alunni con disabilità a Trieste.
Un “polverone necessario” e non certo indolore, per Mariano, costretto ad accendere i riflettori sulla propria famiglia, per farne rispettare i diritti, dopo anni di “lotte” contro la burocrazia e innumerevoli ostacoli. Un polverone che però sembra ottenere il risultato, con l’Ufficio Scolastico Regionale che garantisce dodici ore aggiuntive, anche se la Dirigente dell’Istituto Comprensivo – la stessa che aveva parlato di «Alunno H» – tiene a precisare, come riportato dal «Piccolo» che «non c’è solo quell’unico bimbo. I diritti vanno distribuiti, ne abbiamo 6 con handicap grave su 11». «I diritti vanno distribuiti», dichiara la Dirigente: non possiamo che risponderle riprendendo testualmente un brano della citata Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, quando vi si dichiara che «il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale. La fruizione di tale diritto è assicurata, in particolare, attraverso “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione” (sentenza n. 215 del 1987)».

Dal canto suo – in riferimento al problema dell’assistenza specialistica – l’assessore alla Promozione e alla Protezione Sociale del Comune di Trieste, Carlo Grilli, dichiara al «Piccolo»: «Tutte le ore necessarie le abbiamo coperte. Per questa situazione cercheremo di fare ancora di più, ma sia ben chiaro: è un problema della scuola, di un sistema che non riesce a coprire le ore corrispondenti al bisogno; è inaccettabile, non possiamo sopperire alla didattica con servizi di assistenza, colmiamo sì le ore, ma con una scatola vuota per il diritto all’istruzione del bambino: i nostri operatori si fanno davvero in otto, ma il problema è a monte».
E fin qui niente di nuovo, né dal punto di vista delle gravissime difficoltà della scuola italiana – non certo solo a Trieste – nel garantire la reale inclusione degli studenti con disabilità, né di quel vago odore di scaricabarile tra gli enti, come testimonia anche un successivo articolo segnalatoci sempre da Mariano, nel quale l’Ufficio Scolastico avrebbe puntato il dito sull’ASL e sul Comune giuliano.
L’importante, al momento, è che la situazione per Marco sia migliorata e in tal senso continueremo a seguirla con attenzione. Difficile invece rimediare alla sofferenza, allo stress e al grave disagio del bimbo e di tutta la sua famiglia, difficile passar sopra a quell’etichetta di “alunno h”, vissuto semplicemente “come un problema”. Quella forma che offende e che diventa sostanza…

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