Il 29 ottobre qualcuno si sarà sicuramente sintonizzato su Raitre, per assistere al programma Articolo 3, condotto da Maria Luisa Busi, con tanta attesa: si parlava infatti di scuola e i contenuti riguardavano anche la difficile situazione degli alunni con disabilità. Grande attesa, dunque!
Forse qualche soluzione in vista? Oppure una maggiore attenzione da parte della compagine governativa? O ancora, eventuali dietro-front su alcune scelte, dietro-front maturati alla luce di una riflessione veramente pedagogica? Ahinoi, niente di tutto questo.
Quello che è andato in onda, infatti, è stato uno spettacolo letteralmente “angosciante”: un mercato di urla e di confusione: confusione nella trattazione dei temi; confusione nell’informazione; confusione nelle repliche; urla e voci sovrastanti; frasi (pensieri) iniziate e non finite; domande depistanti e interventi fuori riga (in relazione ai contenuti).
E che dire del docente che è intervenuto? Meglio stendere un velo! Viene infatti da chiedersi: «Ma… è questa la scuola?». Domanda retorica, ovviamente. Il docente curricolare dimenticava infatti che l’inclusione è un suo preciso compito e che se il docente assegnato al posto di sostegno è precario e non formato non va crocefisso… non lui. Semmai il sistema che non consente la formazione di tutti i docenti. Nessuno dovrebbe entrare in classe se è privo di formazione per il sostegno!
La scuola italiana, insomma, ne è uscita bastonata. Una scuola che promuove l’inclusione e poi non si attiva per rimuovere gli ostacoli che possono impedirne la piena realizzazione di tutti gli alunni.
La presenza dell’onorevole Aprea [Valentina Aprea, presidente della VII Commissione alla Camera, Cultura-Scienza-Istruzione, N.d.R.] è stata inizialmente salutata come positiva, in quanto sicuramente lei avrebbe saputo fare riferimento ad argomenti propri, senza incorrere nel “fuori tema”. Infatti, chi meglio di lei conosce l’organizzazione del sistema scuola?
Ma se dovessimo dare una valutazione, in decimi – proprio come la Gelmini ama – il voto da attribuirle sarebbe molto al di sotto della sufficienza! Ci aspettavamo molto di più dall’onorevole Aprea. Ad esempio che evidenziasse aspetti organizzativi e didattici propri del sistema scolastico, ovvero che:
– l’orario scolastico non può e non deve essere ridotto, neppure in presenza di alunni definiti “gravi o gravissimi”;
– la riduzione dell’orario scolastico chiama in causa anche la responsabilità dei dirigenti scolastici, “innominati” durante il programma di Raitre;
– l’integrazione scolastica è compito che riguarda tutti gli insegnanti della classe: l’alunno con disabilità non appartiene al docente di sostegno: è un alunno della classe!
– tutti i docenti della classe sono corresponsabili e impegnati per l’integrazione e devono occuparsi dell’alunno con disabilità: nessuno si può nascondere dietro alibi, giustificazioni o attenuanti. Per cui l’alunno non si “manda” a casa, lasciando intendere alla famiglia che manca il “suo” insegnante…
– la formazione degli insegnanti, ovvero un tema cardine dell’inclusione scolastica. Ma su questo l’onorevole Aprea aveva forse pochi argomenti, in quanto dovrebbe essere ben consapevole del fatto che il nuovo percorso formativo risponde in minima parte ai bisogni della scuola inclusiva, poiché ricalca lo stereotipato modello della delega al solo insegnante di sostegno. E questo significa che situazioni come quelle del programma di Raitre torneranno ancora alla ribalta…
– il sostegno non può e non deve coprire tutto l’orario scolastico… perché altrimenti non è inclusione ma “custodia”… (questo l’onorevole Aprea lo ha fatto presente);
– i compiti degli insegnanti sono di ordine educativa e didattica e non sanitaria o “accuditiva”;
– le certificazioni sono di competenza dell’ASL non della scuola (se vengono certificati alunni con DSA [disturbi specifici di apprendimento, N.d.R.] come disabili… ebbene, intervenga chi di dovere nel luogo opportuno. Ma, per favore, basta scaricare la responsabilità sulla scuola…);
– la riduzione delle risorse non è attribuibile esclusivamente alle certificazioni: rientra nel quadro complessivo del contenimento della spesa e su questo sono correi tutti i governi che si sono succeduti in questi anni;
– la riduzione delle ore di sostegno rende difficile garantire una scuola inclusiva di qualità;
– la situazione nella scuola dell’inclusione è resa ancor più complicata da una serie di condizioni, tra cui:
° inadeguata formazione dei docenti, poco rispondente alle necessità di un’eterogeneità dei bisogni;
° inadeguata formazione dei dirigenti scolastici, più preoccupati del risparmio economico e della sicurezza, piuttosto che della necessità di assicurare un servizio di qualità, all’altezza della mission della scuola sulle problematiche dell’inclusione scolastica;
° utilizzo improprio dei docenti di sostegno per supplire i colleghi assenti, anche se a scuola è presente l’alunno con disabilità;
° mancata continuità educativo-didattica (nessuna regola assicura la possibilità di avere nella stessa classe per ogni percorso scolastico gli stessi insegnanti… e questo danneggia tutti gli alunni);
° aumento del numero degli alunni per classe, con conseguente sovraffollamento, difficoltà di garantire una didattica di qualità e rischi per la sicurezza;
° liberalizzazione del numero di alunni con disabilità nella stessa classe: per legge si potrebbe trovare, oggi in Italia, una classe con venti alunni disabili… (il DPR 81/09 definisce il numero degli alunni per classe e abroga la norma che stabiliva il tetto degli alunni disabili in ciascuna classe). La Sentenza della Corte Costituzionale 80/10 ha portato senz’altro una boccata d’ossigeno, ma il rischio è che non venga applicata correttamente: potrebbe verificarsi infatti che «si dia da una parte togliendo dall’altra» (riducendo le ore a una classe per aumentarle laddove vi è un riconoscimento di gravità!). La Sentenza, che ripristina le deroghe, dovrebbe essere applicata in senso estensivo, dando a ciascuno ciò di cui effettivamente ha bisogno, indipendentemente dalla condizione di “gravità” (di per sé non sempre semplice da definire). Ma su questo aspetto c’è ancora tanta strada da percorrere.
° riduzione delle risorse umane e materiali alle singole scuole;
° …per non parlare, infine, dei mancati Accordi di Programma (quelli che sono stati indicati come “supporto esterno”);
– un richiamo informativo alle Linee Guida del Ministero, documento in cui vengono ribaditi chiaramente concetti e principi dell’inclusione;
– il tema del precariato, argomento che non doveva essere affrontato esclusivamente dal punto di vista del lavoratore, bensì da quello degli alunni. La questione del sovraffollamento delle classi – che impedisce la qualità dell’intervento didattico (oltre ai problemi di sicurezza) – è funzionale al contenimento della spesa pubblica, in quanto consente di ridurre le cattedre. Ma il danno è per gli alunni prima ancora che per i lavoratori della scuola!
Insomma… un’occasione persa… doppiamente persa. Il fatto è che a farne le spese sono e saranno ancora loro: gli alunni con disabilità. E intanto, le stelle stanno a guardare…
Così, se il timore del ritorno alle scuole speciali o alle classi differenziali aleggia e preoccupa, la sensazione che non siamo tanto lontani dal loro ripristino, ahinoi, prende sempre più forma.
È stata persa un’altra occasione e in questo caotico frangente della trasmissione, una voce – insieme a poche altre – ha alzato il tono della discussione, riportandolo a livelli degni della trattazione di un tema così delicato: la voce dei genitori e, in particolare, di Antonio Nocchetti, presidente dell’Associazione Tutti a Scuola.
Con parole chiare, precise, ben scandite, Nocchetti – facendo riferimenti documentati e puntuali – ha toccato i temi veri della questione, facendo emergere la situazione reale e mettendo in difficoltà l’onorevole Aprea, che non è stata in grado di replicare. Non poteva replicare, l’onoevole Aprea, in quanto le affermazioni di Nocchetti corrispondevano al vero. Erano e sono le parole dei “genitori degli alunni con disabilità”: con dignità e fermezza è stato ribadito questo aspetto. Perché a loro, e solo a loro, vanno date le risposte.
Esprimiamo dunque il nostro apprezzamento, la nostra stima e il nostro grazie ad Antonio Nocchetti, per la sua testimonianza e per il servizio reso a favore dell’inclusione scolastica, mentre disapproviamo e siamo spiaciuti per quelle trasmissioni che invece di chiarire e offrire un servizio “veramente pubblico”, chiamano al tavolo del confronto chi non è in grado di portare argomentazioni serie e reali, creando caos e confusione, impedendo ai telespettatori di cogliere gli aspetti peculiari del tema trattato. Tanta carne al fuoco e… un arrosto bruciato!
Prendiamo poi le distanze dalle politiche che non rispettano le regole del gioco e che stanno mettendo sempre più in difficoltà la scuola dell’inclusione. Non possiamo accettare che l’inclusione diventi strumento di rivendicazioni e ancor meno che alimenti il business.
E ancora, chiediamo ed esigiamo (sì, esigiamo) che venga restituita dignità agli alunni con disabilità, assicurando loro, realmente, non soltanto il successo formativo, ma anche la possibilità concreta di realizzare il Progetto di Vita, caratterizzato da una dimensione di qualità.
E infine, se vogliamo ancora parlare di scuola, facciamolo, ma con competenza. Un appello, questo, rivolto a tutti: dai conduttori delle trasmissioni televisive fino ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado. Docenti e basta, senza specificare che siano o meno in possesso di specializzazione per il sostegno, perché la scuola dell’inclusione ha quali coprotagonisti tutti gli insegnanti e i dirigenti scolastici, unitamente agli alunni e alle loro famiglie.
*Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno.
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