Intelligenza artificiale e disabilità: né rifiuto ideologico né esaltazione passiva

di Maurizio Cocchi
Sono ancora pochi gli esempi di utilizzo concreto dell’intelligenza artificiale come ausilio informatico. Persona con disabilità, pedagogista e già presidente di cooperativa sociale, Maurizio Cocchi, riporta in questo approfondimento la sua esperienza di affiancamento a due giovani con disabilità, ove sta sperimentando la possibilità di utilizzare appunto l’intelligenza artificiale per migliorare le performance di scrittura e creative delle persone con disabilità

Persona con disabilità e intelligenza artificialeDisabilità e computer
Tutto quello che viene fatto di speciale in materia di computer e di mondo digitale, in favore delle persone con disabilità, è teso a favorire l’accessibilità ad un set di comandi pensato e strutturato per un presunto mondo di “normodotati”: tastiere alternative, screen readers, barre Braille, agli albori dell’informatica di massa quando il computer capiva solo il testo. Poi arriva la grafica, un’opportunità in più e un mare di guai per molte persone con disabilità, soprattutto con disabilità visiva. Lo schermo diventa una finestra bellissima, entro la quale ci può stare di tutto, ma la sua forma è piatta e non è intelligibile al tatto. Fa poi capolino il riconoscimento vocale, in mezzo a mille errori e confusioni, per individuare in quei puntini colorati un barlume di lettera e un insieme di parole con un senso. Il mouse, se è un oggetto incomprensibile per i non vedenti, dà del filo da torcere anche a chi non ha una perfetta manualità.
Tutto questo si aggrava, se mai ce ne fosse stato bisogno, con l’arrivo del web, con tutte quelle schede e finestre, parti delle pagine che vanno su e giù e altre che stanno ferme: che confusione per chi ha problemi, soprattutto per le persone con disabilità visiva!
A tutto questo si è cercato di porre rimedio con vari accorgimenti hardware e software, che hanno reso effettivamente più accessibili le procedure informatiche e la possibilità di lavorare in maniera simile ai “normodotati”. Infatti, la scena a cui abbiamo assistito e che tuttora non è più di tanto cambiata, è quella che vede me disabile di fronte al computer cercare di fare quello che fanno gli altri, con uno strumento non pensato per me, ma appena appena adattato. In altre parole, sempre un po’ tontolone, spesso con scarsa istruzione, mi devo sforzare come un matto per adattarmi ad uno strumento che non è fatto per me e che, per molti aspetti, mi è ostile.

Un uragano di nome intelligenza artificiale
Ora abbiamo questo salto di paradigma, l’introduzione delle intelligenze artificiali. Sono su Office 365 e il mio Copilot mi dice che l’intelligenza artificiale (d’ora in poi spesso indicata come IA), in materia di accessibilità e ausilio per le persone con disabilità, offre le seguenti opportunità:
° Assistenti virtuali: strumenti come Siri, Google Assistant e Alexa che rispondono ai comandi vocali e possono eseguire una vasta gamma di compiti.
° Riconoscimento immagini e OCR: tecnologia che permette di trasformare il contenuto visivo in testo leggibile, utile per chi ha problemi di vista.
° Software di traduzione in tempo reale: programmi che possono tradurre la Lingua dei Segni in testo o parlato e viceversa.
° Elaborazione del linguaggio naturale (NLP): IA che comprendono e generano linguaggio naturale, rendendo le interazioni con i computer più intuitive e naturali.
° Protesi intelligenti e dispositivi di controllo neurale: strumenti avanzati che permettono alle persone con disabilità motorie di controllare il computer attraverso il pensiero o dispositivi indossabili.
Beh, se proprio devo essere sincero, potendo scegliere un copilota preferirei Chewbecca, secondo pilota del Millennium Falcon e amico fraterno di Jan Solo (Harrison Ford) in Guerre Stellari, anche se con tutto quel pelo dovrebbe puzzare un bel po’: onesto, sincero, di poche parole e affidabile molto più delle attuali intelligenze artificiali.
Tutti i prodotti, testi e immagini che per il momento ho fatto fare all’intelligenza artificiale, mi hanno dato un senso di nausea. Attualmente, infatti, quei prodotti sono qualcosa di rifatto, che non ti appartiene, con un vago sapore di stantio per quelle parole fritte e rifritte, con quei disegni dai colori sempre e per forza intonati, visti e stravisti in tutti i fumetti e in tutte le riviste.
Eppure… Eppure, è innegabile la potenza produttiva e facilitatrice di questo strumento, capace di fare molto lavoro al posto tuo, di suggerire possibilità, di proporti conoscenze a cui non avevi mai neanche pensato, di scrivere, disegnare, comporre musica, realizzare algoritmi.
Possiamo forse rifiutarci di usarlo, perché ferisce il nostro orgoglio e strapazza il nostro amor proprio, sino a mettere in discussione la nostra stessa personalità? Ma soprattutto possiamo permettercelo? Possiamo nasconderci dietro a un dito e dire che è tutta una roba che non ci riguarda, che è tutto un pallone pieno di elio, che presto scoppierà?

Mario e il giocatore di hockey in carrozzella
Mario (si tratta di un nome di fantasia) è un giovane con disabilità inserito nel Centro Socio-Occupazionale (CSO) della Cooperativa Virtual Coop di Bologna, con l’obiettivo di valutarne le capacità lavorative nell’àmbito delle attività di ufficio. Concordo dunque con il personale educativo e tecnico di proporgli l’apprendimento delle principali funzioni di base di word.
Lui è un ragazzo con una disabilità motoria, che pure gli consente di camminare col suo carrello anche se in modo abbastanza precario, e inoltre presenta un lieve deficit intellettivo, che se gli permette di essere allegro e gioviale, gli rende più difficile memorizzare, avere un pensiero rapido e fluido. tale da poter svolgere attività minimamente complesse e poter agire in maniera autonoma nell’ambito di normali attività di ufficio.
Con un’ora di lezione al martedì e una al giovedì in pochi mesi riesco a fare tutto word di base fino ai grafici. Tuttavia, poiché vedo che fra un incontro e l’altro tende a dimenticare i comandi e soprattutto sembra far fatica a riprendere il filo del ragionamento che comporta ogni comando, gli dico che deve esercitarsi molto, fintanto che word non diventi per lui come una seconda pelle.
In occasione di una lunga pausa estiva gli chiedo di scrivere un racconto di fantasia. Finite le ferie mi presenta un testo di una paginetta con una storia un po’ sempliciotta, come per altro è nel suo stile. Il racconto si articola abbastanza bene, con qualche inciampo, qualche zona oscura e varie imprecisioni.
Preso da furore innovativo, decido di far correggere il testo da Chat GPT, ossia dall’intelligenza artificiale. Il software si attiva con un tono misurato e fondamentalmente rispettoso dell’elaborato originale, quasi fosse una maestrina, un po’ petulante, che oltre a fare la correzione ortografica e grammaticale, interviene sullo stile del racconto, facendone un testo da «Sorrisi e Canzoni TV» (per capire meglio si legga l’allegato a questo link).
Non ho più avuto occasione di fargli vedere la trasposizione che Chat GPT ha fatto del suo racconto e non so se Mario sarebbe stato contento del risultato o se magari sarebbe inorridito dall’invasione di campo che ha fatto una macchina nei suoi pensieri. Credo comunque che avrebbe avuto un atteggiamento abbastanza indifferente, con molto meno problemi di quelli che mi metto io.
Sì, perché io di problemi me ne metto. Forse esagero, ma in qualche modo mi sembra di fargli una qualche forma di violenza, trasformando il suo racconto originale in una bella copia, scritta bene con tutta la punteggiatura al suo posto e il discorso che scorre come un libro stampato.
Insomma, ho preso qualcosa fatto da lui e che come tale gli apparteneva, l’ho messo in una macchina, che l’ha triturato per normalizzarlo come un qualsiasi testo da rivista patinata.
Ma non è forse la nostra principale aspirazione di persone con disabilità: quella di fare ed essere considerati come persone normali?…

I libretti di Enrico
Anche Enrico (altro nome di fantasia) è inserito nel CSO di Virtual Coop e presenta una paralisi spastica, derivante da qualche casino genetico, che gli blocca l’apparato oro-faringeo e gli impedisce di parlare, anche se mangia come un ludro. Cammina a stento, traballando attaccato al carrello, usa una sola mano e un solo dito per digitare sulla tastiera e sul cellulare. Comunica indicando le lettere su un fogliaccio di carta tutto stropicciato, dove indica le lettere. Tuttavia, riesce ad usare una normale tastiera da computer e usa le funzioni touch screen del suo smartphone; come puntatore usa un joystick.
Il suo compito al CSO è quello di rilanciare sui social gli articoli pubblicati sul magazine della Cooperativa, con una presenza in sede di una mattina alla settimana, il resto dovrebbe farlo da remoto.
L’attività gli fa veramente schifo. Un po’ fa fatica a scrivere, sia pure quei testi brevi, ma soprattutto non gliene frega niente del giornale online, degli argomenti che tratta e un po’ di tutto quello che circola al Centro. Il personale mi chiede di portarlo verso le attività che vengono svolte e fare qualcosa che lo induca a socializzare di più con il gruppo ed evitare che passi tutte le giornate sui videogiochi. Vengo presentato come esperto in intelligenza artificiale (sic!), incarico che io accetto nella più totale ignoranza e arroganza. Per fortuna accetta il mio affiancamento come scrittore o quanto meno come uno che sa scrivere, e non come esperto in IA.
È difficile capire cosa frulli per la testa di Enrico, se sia uno stupido credulone, che cerca strategie per raggiungere facili obiettivi, senza fare troppa fatica e senza impegnarsi più di tanto, come sembrano credere quelli che hanno cercato di fargli fare qualcosa, oppure se siamo di fronte a un giovane disabile disorientato, con una formazione approssimativa, dovuta all’handicap e agli ambienti formativi frequentati, che cerca con grande difficoltà e un po’ di confusione mentale una propria strada verso l’autonomia e la vita.
Subito mi rendo conto che non è molto importante quello che è lui, a un disabile grave sui vent’anni bisogna concedere un po’ di disorientamento e dargli il tempo di recuperare, ma quello che veramente importa è cosa voglio fare io con lui.
Lavoriamo esclusivamente in videoconferenza, e questo è molto apprezzato da lui, perché si sente libero e capace di esprimersi al meglio. Siamo una coppia perfetta: lui con il suo dito scrive sulla tastiera, io detto con Dragon NaturallySpeaking e tutti e due i testi finiscono in chat. Fra una comunicazione e l’altra, passa un po’ di tempo, ma chi se ne frega, nessuno dei due ha mediazioni e necessità di confrontarsi con altri per comunicare.
Mi dice subito che ha un progetto: vuole fare dei libretti di istruzione tecnica su vari argomenti, da vendere su Amazon. Per farmi capire mi manda un link, dove un altro giovanotto, un imbonitore da strapazzo, spiega come si individua un argomento che fa vendere più libri su Amazon; è possibile fare libretti di quel tipo, metterli sugli scaffali virtuali e aspettare che i pirla abbocchino.
Anche trascurando il fatto che questo “sparare nel mucchio”, per un motivo puramente statistico, può dare effettivamente dei risultati, accetto di lavorare con Enrico, perché comunque l’elaborazione dei libretti porta sicuramente ad imparare un sacco di cose e ad utilizzare l’intelligenza artificiale per uno scopo preciso.
La prima cosa che chiede a Chat GPT è quali siano gli argomenti dei libri che vendono di più sul grande store on-line. L’IA fra un breve elenco delle categorie librarie e lui sceglie Riparazioni e upcycling. Poi chiede di dargli cinque titoli, con relativi sottotitoli per possibili pubblicazioni. La macchina risponde:
1. Titolo:
“L’Arte di Riparare: Trasforma i Tuoi Oggetti in Tesori”
Scopri come aggiustare e reinventare vecchi oggetti con tecniche di riparazione creative e sostenibili.
2. Titolo:
“Upcycling per Principianti Da Rifiuti a Capolavori”
Guida pratica per trasformare materiali comuni in progetti innovativi e originali.
3. Titolo:
“Fai da Te Sostenibile: Riparazioni e Upcycling Facili”
Trucchi e idee per ridare vita agli oggetti inutilizzati, risparmiando e rispettando l’ambiente.
4. Titolo:
“Riciclare con Stile: Progetti di Upcycling per la Casa”
Ispirazioni uniche per decorare e organizzare casa con oggetti riciclati e personalizzati.
5. Titolo:
“Riparare è Meglio che Buttare: Manuale per un Mondo Zero Sprechi”
Una guida per allungare la Vita dei tuoi oggetti.

Enrico sceglie il Titolo 5 e subito chiede di proporre i titoli dei capitoli, eccoli qua di seguito:
1. Introduzione al Mondo Zero Sprechi
2. La Cultura del Riuso: Perché Riparare è un Atto Rivoluzionario
3. Strumenti e Materiali Essenziali per le Riparazioni Domestiche
4. Come Riparare Elettrodomestici e Gadget Tecnologici
5. Vestiti e Tessuti: Dare Nuova Vita al Tuo Guardaroba
6. Mobili e Arredamento: Soluzioni Creative per Piccoli e Grandi Problemi
7. Giocattoli e Oggetti dei Bambini: Un Tesoro da Recuperare
8. Automobili, Biciclette e Trasporto Sostenibile
9. La Magia del Kintsugi: Riparare con Bellezza e Significato
10. Sostenibilità e Creatività: Upcycling e Nuove Idee dal Vecchio
11. Riparazioni di Emergenza: Come Gestire gli Imprevisti
12. Costruire una Comunità del Riparo: Condivisione di Abilità e Risorse
13. Il Risparmio Economico di Riparare: Calcolo dei Benefici sul Lungo Termine
14. Zero Sprechi per le Generazioni Future: Educare e Sensibilizzare
15. Conclusione: Riparare per Vivere Meglio

Lui vorrebbe chiudere la partita in un colpo solo, lanciare un prompt per sviluppare il contenuto di tutti i capitoli in un colpo solo. Su mio suggerimento, chiede a Chat GPT di buttare giù un testo per ogni capitolo, per far sì che l’algoritmo possa lavorare con più precisione e avere una maggiore possibilità di controllo. Ma anche in questo caso, in men che non si dica, ottiene la bellezza di 47 pagine scritte in un italiano fluido e ben orchestrato, più che sufficienti per una “pubblicazione spazzatura”.
Rileggendo il malloppo ci accorgiamo che cita attrezzi e materiali, che per un principiante del fai-da-te possono risultare di difficile comprensione e così decidiamo di illustrare il testo con immagini che rappresentino gli strumenti citati, come indispensabile per affrontare le attività descritte.
Ed è qui che scatta il colpo di genio, l’intervento umano non previsto dall’IA, ma capace di dare un senso compiuto e originale all’opera in via di costruzione. L’individuazione, la ricerca, la creazione e l’inserimento delle immagini nel testo rappresentano tutti elementi di forte personalizzazione del testo prodotto semi-automaticamente.
A ciò occorre aggiungere la minuziosa correzione dello scritto, la verifica che non siano stati utilizzati brani di opere fatte da altri autori, il confezionamento del libretto (impaginazione, creazione della copertina ecc.), le scelte relative alle modalità di vendita e di sviluppo del marketing, ovvero tutte personalizzazioni e interventi che richiedono conoscenze approfondite e brillantezza di idee da parte dell’autore, che vanno molto oltre l’accettazione passiva del testo commissionato a Chat GPT.
Quanto tempo ci avrebbe messo il nostro amico a scrivere un testo di quella lunghezza? Un’infinità. E quanto questo tempo avrebbe influito sulla sua autostima e sulla sua possibilità di fornire una performance sufficiente per realizzare un prodotto di quel tipo?
Ricordo di un amico, un caro amico, ora non più fra noi, che utilizzava per scrivere al computer un unico tasto che doveva premere al momento giusto per scegliere una lettera, mentre l’alfabeto scorreva in una striscia grafica. Un editore compiacente gli diede il testo di un libro da correggere, non so quanti mesi impiegò per quelle 2-3 ore che riusciva a lavorare al giorno, né ho mai saputo quanti errori gli fossero sfuggiti, vista la difficoltà di usare quel particolare strumento di input. Di sicuro so che in seguito non gli furono più proposti lavori simili.

Cavalcare le tecnologie
L’intelligenza artificiale può lavorare per noi persone con disabilità, ma noi dobbiamo insegnarle a lavorare e soprattutto a fare quello che vogliamo e abbiamo in mente.
Ci sono due atteggiamenti sbagliati che possiamo avere di fronte a questa potente tecnologia che non ci aiutano per niente: il rifiuto ideologico e la sua esaltazione passiva. Francesco Guccini cantava: «Bisogna saper scegliere il tempo, non arrivarci per contrarietà». Questo non significa seguire stupidamente ogni moda che passa, significa guardare, capire, discernere e fare nostro quello che ci aiuta a perseguire i nostri obiettivi.
Certo, la tentazione è forte: ho qualcuno che scrive per me, lasciamolo scrivere. Proviamo a guardarci attorno, quante parole inutili ci circondano e ci stanno soffocando in un mare di niente. Un mondo scriteriato nella produzione di testi e di altri ammennicoli (immagini, musica, sensazioni ecc.) non può che soffocarci e rendere inutile la comunicazione. Occorre bucare questa cortina di inutilità con pensieri originali, frutto di un lavoro, di esperienza elaborata in maniera caotica, fuori dall’ordinamento degli algoritmi, filtrata dalla storia, dall’etica, dal sentimento e dall’empatia.
Ma come facciamo a fare tutto questo? Tiriamo fuori dalla storia penna e calamaio, la vecchia lettera 36 o andiamo nelle grotte scavate nelle ere industriali armati di gessetto a scimmiottare le pitture rupestri? No, siamo fuori strada. Per disegnare il nostro futuro dobbiamo utilizzare quello che c’è e quello che c’è sono le intelligenze artificiali.
Quello che ci aspetta nei prossimi anni, se non addirittura nei prossimi mesi, è un grande lavoro, volto ad impossessarci di questi strumenti e, alla fine di tutte le fiere, poco importa come sono fatti, quello che veramente conta sono i risultati che danno e come noi impariamo ad usarli.
Il lavoro da fare è soprattutto educativo e formativo, solo una persona ben formata e con una personalità strutturata può affrontare i problemi che pone la personalizzazione di queste tecnologie.
I giovani con disabilità fisica e sensoriale hanno davanti a loro intere autostrade da percorrere, ma anche per le persone con disabilità intellettiva e psicologica si aprono nuove vie, sicuramente più strette ed impervie, ma che con l’aiuto di educatori e figure adulte è possibile percorrere.

Maurizio Cocchi è interessato ad aprire un dialogo permanente con tutti coloro che abbiano fatto o intendono fare esperienze di utilizzo di intelligenze artificiali a fini educativi e di empowerment con persone con disabilità, per creare una community capace di sperimentare un uso creativo di queste tecnologie. Gli si può scrivere direttamente a info@mauriziococchi.net.
Riteniamo importante anche segnalare, su linee analoghe a quelle tratteggiate da Maurizio Cocchi, il progetto denominato Empowered by AI, esposto dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, volto a rafforzare le capacità (empowerment) delle persone con disabilità. Se ne legga ampiamente a questo link e per informazioni, scrivere (in inglese) a: roberta.lulli@edf-feph.org.

Maurizio Cocchi
Nato a Sala Bolognese (Bologna) nel 1952, è da sempre una persona con disabilità motoria che si muove in carrozzina. Laureato in Pedagogia nel 1979, nello stesso anno ha fondato assieme ad altri la Spep Coop, una Cooperativa di servizi alla persona, divenendone il primo presidente. A cavallo tra gli Anni Ottanta e Novanta è stato vicepresidente del Quartiere San Vitale a Bologna. Nel 1991 ha curato la pubblicazione del libro collettivo Protagonisti dell’Handicap, edito da Il Pensiero Scientifico (Roma), con prefazione di Giovanni Berlinguer. Nel 1996 è stato tra i fondatori della Virtual Coop, divenendone il presidente, fino al pensionamento nel 2023. Attualmente, seguendo la propria passione per l’informatica, sta approfondendo le potenzialità dell’intelligenza artificiale, come strumento di accessibilità digitale e potente occasione di empowerment per le persone con disabilità.
Share the Post: