Dall’emozione alla notizia

di Barbara Pianca
Il giornalismo che guarda ai temi sociali e il Terzo Settore che cerca l’attenzione dei mass media: dove si colloca un proficuo punto d’incontro? A questa domanda ha cercato di rispondere il seminario padovano "Dall’emozione alla notizia", organizzato dall’Unione Cattolica della Stampa Italiana

mano che prende appunti su quadernoAffollato e ripreso dalle reti televisive locali: un buon risultato quello ottenuto dalla giornata di formazione di venerdì 4 marzo, presso il Palazzo Comunale di Padova.
Docenti universitari, giornalisti professionisti sensibili alle tematiche sociali, esperti in comunicazione sociale si sono alternati al microfono della sala Paladin.

Chiaro il concetto fondamentale esposto: nell’epoca della mercatizzazione globale, anche la notizia è un prodotto del mercato. Il giornale è un’azienda commerciale il cui scopo è vendere e in cui l’inserzionista minaccia di togliere la propria pubblicità qualora esso affronti argomenti a lui scomodi. Enfasi, spettacolarizzazione, divertimento, scoop, allarme sociale, titolazioni a effetto sono alcuni degli espedienti di cui sembra non poter fare a meno la comunicazione di oggi.

Lo ha detto Mario Rodriguez, docente di Comunicazione Politica all’Università di Padova, lo ha avallato Giampietro Cavazza di Banca Etica e l’ha ribadito, con enfasi e amarezza, Sergio Frigo, giornalista del «Gazzettino» e di «Cittadini Dappertutto».
E’ stato proprio di Frigo  l’intervento probabilmente più interessante e complesso, tutto centrato sulle difficoltà del no profit ad approdare ai media, dove l’approfondimento dei temi non è più richiesto e il giornalista non si reca più sul territorio, limitandosi ad esplorare il mondo tra Internet, telefoni e fax.
Insomma, il sociale potrebbe essere interessante se solo fosse redditizio, ecco quello che hanno detto tutti i relatori. Ognuno dei quali ha aggiunto personali consigli.

Per Frigo la notizia sociale può essere camuffata, resa colorita e leggera e, con questo “travestimento”, proposta al mercato. È molto apprezzata, ad esempio, la capacità di legare un fatto impegnativo a un caso personale.
La cura del comunicatore sociale nella confezione del prodotto diventa quindi un aspetto fondamentale: pagano l’abilità di proporre un buon prodotto nei contenuti e nella forma e la capacità di rendere il tutto immediatamente fruibile (reperibilità immediata degli addetti stampa, chiarezza nell’esposizione, utilizzo di strumenti veloci come e-mail ecc.).
Alla fine del suo intervento, Frigo ha lanciato una proposta pratica per riuscire a influenzare la politica dei media: le associazioni potrebbero raggrupparsi e dare luogo a gruppi di lettura dei quotidiani i quali potrebbero chiedere conto a giornali e giornalisti dell’operato e delle scelte redazionali, rivendicando il proprio potere di lettori acquirenti e predisponendo scioperi ad hoc.

Dal canto suo, Cavazza si è soffermato invece sulla relazione diretta, con il suggerimento – in un tempo di comunicazione virtuale in cui le rielaborazioni della notizia avvengono senza rapporto diretto tra soggetti che comunicano – di riprendere in mano le redini, approfondendo di persona i termini della notizia che si sta sviluppando e responsabilizzandosi nei confronti della stessa.
La comunicazione, infatti, è un vettore di educazione e il comunicatore non può dimenticare tale responsabilità. Per questo «vanno assolutamente evitati – ha proseguito Cavazza – l’autoinganno e l’autoreferenzialità, due “malattie” di cui spesso soffre il sociale, indebolendosi».
La base da cui entrambe partono è la soggettività, quella per cui si ritiene se stessi il criterio primo e ultimo di ciò che succede.
Sempre Cavazza ha puntualizzato infine alcune considerazioni pratiche: una notizia è vendibile se sorprende, e cioè se contiene un elemento di novità, permettendo di capire meglio dei fenomeni sociali attraverso storie individuali.

Più radicale la posizione di don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e fondatore di «Redattore Sociale», l’unica agenzia giornalistica interamente dedicata al sociale in Italia.
Per Albanesi la notizia sociale ha un iteresse in sé perché parla di ciò che veramente interessa, delle persone e dei cambiamenti sociali: «D’estate i quotidiani e i telegiornali si riempiono di storie drammatiche di sbarchi di immigrati clandestini sulle coste del nostro estremo Meridione. La notizia sociale che “Redattore Sociale” offre, dopo aver indagato sui percorsi migratori effettivi e aver incontrato numerosi e diversi immigrati, è che oltre l’80% degli ingressi illegali avviene per terra, attraverso i confini del Nord Italia».
«Redattore Sociale» trae forza proprio da questa convinzione: un’équipe di trenta giornalisti distribuiti sul territorio cerca notizie e storie nuove, mai riciclate (anche Albanesi, come Cavazza, ritiene che la relazione diretta sia un valore aggiunto imprescindibile per la comunicazione sociale), che aiutino meglio a capire l’Italia e il mondo.

A chiusura della mattinata di Padova e prima degli appuntamenti pomeridiani suddivisi in tre workshop, da segnalare l’intervento di Renata Favero di «Ristretti Orizzonti», che si è sentita di moderare tanto entusiasmo e di ricordare che la comunicazione del sociale non deve ritenersi a priori migliore di ogni altra comunicazione e di per ciò stesso in diritto di essere pubblicata: anche il sociale, infatti, ha i propri angoli bui e quelli di non interesse.

Suddivisi in gruppi meno numerosi, i lavori del pomeriggio si sono svolti all’insegna delle domande e della praticità. Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid International per l’Italia e direttore dei programmi europei, ha portato l’esempio dell’attività di comunicazione dell’organizzazione internazionale in cui lavora, per insegnare a cogliere, in un evento puramente associativo, il taglio che ne evidenzi gli aspetti di interesse pubblico, per i quali quello stesso fatto può diventare una notizia spendibile sulle pagine dei giornali.

Il direttore della «Rivista del Volontariato» Paola Springhetti, ha proposto invece una lezione di giornalismo sociale, a partire dalla selezione delle fonti e alla trattazione dei temi assegnati.

Infine, il fotogiornalista Enrico Bossan ha sviluppato il tema del giornalismo per immagini, portando ad esempio due propri lavori, un servizio fotografico sull’Africa nascosta, quella quotidiana e non necessariamente tragica, e un video sull’attività del 118, dai viaggi in ambulanza alle prime azioni di soccorso.
Bassan è docente di Tecniche del giornalismo per immagini nel nuovo master di giornalismo attivato a Padova dal settembre del 004 e il cui direttore, Ivano Paccagnella, ha partecipato anch’egli – in mattinata – ai lavori del 4 marzo.

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