Nel cercare di fare chiarezza e di sottolineare le criticità di un emendamento approvato nei giorni scorsi al Senato, in see di discussione del Disegno di Legge su “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”, l’ULCES conclude chiedendo al Parlamento «una revisione della norma approvata, il rispetto dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e dei diritti vigenti in àmbito sanitario e socio-sanitario»
In questi giorni, dopo l’approvazione al Senato dell’emendamento n. 13.0.400 al Disegno di Legge su Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria, abbiamo assistito sui media ad una serie di articoli con titoli fortemente allarmistici e altresì contenuti poco chiari, con il rischio di generare confusione e paure ingiustificate tra le famiglie, anziché aiutare a comprendere davvero le implicazioni della norma.
Occorre rispetto per le persone non autosufficienti e soprattutto comprensione dei loro bisogni e di quelli delle loro famiglie, già in forte affanno, senza cedere a narrazioni strumentali, ma anche senza sottovalutare i problemi concreti che questa modifica normativa solleva. Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto l’emendamento approvato – presentato dalla senatrice Cantù, su pressioni delle organizzazioni di rappresentanza delle strutture RSA (Residenze Sanitarie Assistite) – nasce con l’obiettivo, miope, di contrastare quei casi in cui la magistratura – a seguito di specifici ricorsi – ha più volte riconosciuto ai malati di Alzheimer in condizioni gravissime il diritto alla copertura sanitaria integrale (100%) per il ricovero in RSA, in luogo della quota “ordinaria” del 50% solitamente prevista a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Si tratta per altro di casi limitati, in cui le prestazioni sociosanitarie (ad esempio ricovero in RSA) erano già riconosciute dall’ASL, ma in cui la componente sanitaria, rispetto a quella assistenziale, era nettamente prevalente. Per questo motivo, i giudici hanno correttamente riconosciuto tutto il peso a carico della Sanità, equiparando l’intensità di cura a livello di quella ospedaliera. Nulla da eccepire, pertanto, viste le gravi condizioni sanitarie. Per quanto sopra, dunque, l’emendamento presentato appare fuori luogo e miope.
E tuttavia, è bene puntualizzare che, contrariamente a quanto affermato su varie testate, l’emendamento approvato non abolisce l’attuale diritto alla copertura sanitaria pari al 50% delle rette RSA, come previsto dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), definiti dal Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 12 gennaio 2017. Non è vero, insomma, che, da domani, le famiglie dovranno pagare tutto in RSA ovvero che «il Governo ha tagliato il 50%»: questa è una rappresentazione non corrispondente al testo della norma.
Detto questo, però, l’emendamento di cui si parla, così come approvato, solleva comunque gravi criticità. Esso, infatti, nega la possibilità di riconoscere il 100% di copertura da parte del Servizio Sanitario Nazionale nei casi più gravi, quando la componente sanitaria è assolutamente prevalente. Inoltre, introduce una separazione rigida negli interventi di cura tra spesa sanitaria e spesa sociale, anche quando nella realtà dei fatti questi bisogni sono inscindibili per le persone non autosufficienti. Pone altresì le basi affinché il principio introdotto in àmbito socio-sanitario – per cui il Servizio Sanitario Nazionale si accolla solo i costi strettamente legati alle attività di rilievo sanitario, separando rigidamente i costi assistenziali/alberghieri – venga esteso impropriamente anche ai ricoveri per acuzie e post-acuzie, ovvero ai ricoveri ospedalieri e alle lungodegenze in casa di cura.
Ci chiediamo, per altro, se non sia proprio questo il vero obiettivo “nascosto” dell’emendamento: aprire cioè la strada all’introduzione di una “quota alberghiera” a carico dei pazienti anche per i ricoveri ospedalieri e nelle case di cura, oggi garantiti gratuitamente a tutti.
E tuttavia, va riconosciuto un elemento positivo: l’emendamento approvato al Senato qualche giorno fa, diversamente dalla prima versione proposta, prevede la possibilità di elevare la quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale fino al 70% nei casi di alta complessità assistenziale. Questa misura, se applicata correttamente, può rappresentare una maggiore tutela per i malati più gravi, perché comunque eleverebbe l’intensità dell’intervento sanitario dall’attuale 50% al 70%. Trattandosi però di una modifica al quadro dei LEA, occorrerà probabilmente rivedere e adeguare formalmente il citato DPCM del 12 gennaio 2017, per recepire tale previsione e garantire applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
Alla luce di tutto quanto sopra, a nostro avviso, occorrerebbe modificare l’emendamento approvato, affinché sia sempre prevista la possibilità di una presa in carico sanitaria totale (100%) nei casi di grave non autosufficienza e alta intensità sanitaria, sulla base di valutazioni cliniche ben documentate e nel rispetto delle leggi vigenti.
Infine, è necessario e urgente garantire, in caso di non autosufficienza, la piena applicazione del diritto alla copertura del 50% della retta RSA a carico del Servizio Sanitario Nazionale, come previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza, senza ulteriori ritardi o inadempienze. Ad oggi, infatti, migliaia di persone anziane, malate e non autosufficienti sono parcheggiate in lunghe e illegittime liste d’attesa – ben più gravi di quelle per esami diagnostici o visite specialistiche. Vedendosi negare dalle ASL la copertura della quota sanitaria, a causa di un’impropria valutazione di tipo “sociale”, nonostante la loro evidente condizione di non autosufficienza, e non potendo attendere, sono ricoverate dai familiari privatamente in RSA, con un carico economico insostenibile che grava interamente sul malato e sulla sua famiglia, arrivando a cifre che oscillano tra i 3.000 e i 4.000 euro al mese.
È per queste ragioni che chiediamo al Parlamento una revisione della norma approvata, il rispetto dei LEA e dei diritti vigenti in àmbito sanitario e socio-sanitario, invitando tutte le forze politiche, le associazioni di settore ecc. ad intervenire con forza e a far sentire la propria voce.
*L’ULCES di Torino è l’Unione per la Lotta Contro l’Emarginazione Sociale (info@fondazionepromozionesociale.it).
Sul tema trattato nel presente contributo di riflessione, segnaliamo anche, sempre sulle nostre pagine, il testo Per una riforma organica e coerente del sistema sociosanitario (a questo link).
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