Sindrome di Down: cosa fare e cosa non fare, a scuola e non solo

Cinque consigli riguardanti i bimbi e le bimbe con sindrome di Down, a scuola e non solo, estratti dalla recente pubblicazione “Sindrome di Down. Cosa fare (e non). Scuola primaria. Guida rapida per insegnanti, di cui sono autrici Monica Induni-Pianezzi e Angelica Jäggli: è la proposta di Erickson, in vista dell’ormai imminente Giornata Mondiale della Sindrome di Down del 21 marzo

Bimbo con sindrome di Down con un orsacchiottoFa riferimento, Erickson, al libro recentemente pubblicato Sindrome di Down. Cosa fare (e non). Scuola primaria. Guida rapida per insegnanti, di cui sono autrici Monica Induni-Pianezzi e Angelica Jäggli (se ne legga anche la nostra presentazione), per proporre, in vista dell’ormai imminente Giornata Mondiale della Sindrome di Down del 21 marzo (World Down Syndrome Day), cinque consigli estratti proprio da tale pubblicazione. «E questo perché – sottolineano da Erickosn – nonostante la sindrome di Down sembri da tempo conosciuta, è ancora facile imbattersi in preconcetti che, anche se accompagnati da buone intenzioni, derivano da informazioni e visioni superate. Le più aggiornate ricerche confermano invece l’assunto di base che la trisomia 21 non comporti una compromissione omogenea dello sviluppo, bensì un profilo specifico con punti forti e punti di difficoltà. Ciò significa che, con il giusto supporto, molte persone con sindrome di Down possono sviluppare a pieno il loro potenziale, costruendo una vita autodeterminata e il più possibile autonoma. Tale prospettiva, però, deve tradursi in un’evoluzione della visione educativa e in un ambiente che consideri il loro diritto alla partecipazione e alla piena costruzione di tale vita».
Proprio di questo si occupa la guida di Monica Induni-Pianezzi, co-fondatrice e direttrice dell’Associazione della Svizzera Italiana Avventuno, e di Angelica Jäggli, che nella medesima organizzazione è responsabile dell’Educazione e dell’Inclusione.

«Perché fa così?», si legge dunque nel libro, elencando cinque comportamenti seguiti da «Cosa fare» e «Cosa non fare». Vediamoli di seguito.
° Imita gli altri: perché l’imitazione fa reagire i compagni o perché ha dimenticato la consegna verbale e sfrutta le potenzialità dell’apprendimento visivo: è consigliabile dunque creare e curare le occasioni di relazioni tra pari, mettendo in luce i modelli positivi.
° Fatica a gestire la frustrazione: perché non riesce ad esprimersi verbalmente e non ha strategie concrete per esprimere e superare la difficoltà: bisogna pertanto rassicurare e dare tempo, prevenendo la frustrazione con anticipazioni, domande dirette e possibilità di scelta.
° Disturba gli altri e le attività: perché ha bisogno di relazionarsi, e disturbare causa reazioni, oltreché per il fatto che la capacità di organizzare il proprio comportamento è ancora in maturazione: servono quindi strategie di interazione adeguate, da allenare con strumenti visivi, spiegando agli altri che, creando delle interazioni positive, diminuiranno le interazioni fastidiose.
° Ha difficoltà nel linguaggio: perché cerca di adattarsi al ritmo della conversazione, ma gli è difficile organizzare il linguaggio per esprimere i pensieri, e l’articolazione è resa difficoltosa dalle caratteristiche morfologiche: per questo, è importante dare strumenti concreti di appoggio alla comunicazione e mettere in condizione di poter comunicare indipendentemente dal livello verbale; dare tempo, inoltre, e verificare con una domanda chiusa se si è inteso bene.
° Si oppone alle richieste: perché non ha saputo esprimere verbalmente i propri dubbi o non si sente competente rispetto all’attività e ha bisogno di tempo per elaborare informazioni e cambiamenti; è necessario quindi adeguare le richieste e ripeterle, considerando sempre il tempo necessario al cambiamento, e costruire numerose opportunità di scelta e di comunicazione, trasmettendo al bambino fiducia e attese positive. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Lisa Oldani (Ufficio Stampa Erickson), lisa.oldani@erickson.it.
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