Da più parti ci pervengono segnalazioni circa il divieto imposto ad alunni ultradiciottenni con disabilità di frequentare le scuole medie e quelle superiori. Di recente, poi, anche l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia – preoccupato per l’eccessivo numero di alunni con oltre 21 anni di età frequentanti le scuole superiori – ha adottato un’iniziativa singolare, con la quale ha chiesto a tutti i Dirigenti di scuola superiore di segnalare i casi di alunni ultraventunenni. Ricevute quindi le segnalazioni, è stato imposto ai Dirigenti stessi di revocare le iscrizioni di tali alunni, motivando tale posizione sia con la Sentenza 226/01 della Corte Costituzionale, che imporrebbe il divieto, sia con le Linee Guida Ministeriali del 4 agosto 2009 sull’Integrazione degli Alunni con Disabilità, che obbligherebbero a non accettare quelle iscrizioni. E tutto ciò sempre motivato fondamentalmente dai tagli alla spesa scolastica, che impongono economie, oltre che per evitare eccessivi divari di età fra compagni. A questo punto occorre fare un po’ di chiarezza e ci proviamo qui di seguito.
La citata Sentenza 226/01 della Corte Costituzionale contiene effettivamente il divieto e tuttavia chi l’ha letta frettolosamente non si è reso conto che essa è stata pronunciata esclusivamente con riguardo alla frequenza di alunni con disabilità ultradiciottenni nella scuola media.
Infatti, l’articolo 14, comma 1, lettera c della Legge quadro 104/92 – citato nelle conclusioni della Sentenza – consente, per tali alunni, sino a una terza ripetenza della terza media, al fine dell’adempimento dell’obbligo scolastico, che per essi si soddisfa sino al compimento dei 18 anni di età. Ciò significa che un tale alunno, se compie 18 anni prima dell’inizio dell’anno scolastico, non può frequentare la scuola media. Ma la stessa Sentenza precisa trattarsi della «scuola media del mattino», normalmente frequentata da alunni che non superano i 14 o 15 anni di età. Spiega infatti la Corte Costituzionale che tale divario, in età puberale, può provocare problemi legati a questioni affettive e sessuali, che vanificherebbero gli effetti dell’inclusione scolastica sino a comprometterli.
E tuttavia la Sentenza offre una soluzione per l’attuazione del diritto allo studio di tali alunni e cioè la possibilità, da parte loro, di frequentare corsi pomeridiani o serali per adulti, nei quali è assicurato ogni diritto all’inclusione scolastica (classi non troppo numerose; trasporto gratuito; assistenza per l’autonomia e la comunicazione ai sensi dell’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92; ore di sostegno con possibili deroghe, ai sensi del medesimo articolo 13 e della Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale; assistenza igienica da parte di collaboratori e collaboratrici preparate secondo quanto previsto dal Contratto Collettivo Nazion ale di Lavoro del 2007, agli articoli 47 e 48 e alla Tabella A). Tutto ciò in forza dell’Ordinanza Ministeriale 455/97, mai abrogata.
Ora, applicare la Sentenza 226/01 anche alla scuola superiore può avere senso solo se correlata con le altre Sentenze della Corte Costituzionale e con ulteriori princìpi di opportunità amministrativa. Infatti, sempre la Corte Costituzionale, con la Sentenza 215/87, ha stabilito il diritto pieno e incondizionato, neppure da limiti di età, degli alunni con disabilità anche grave, a frequentare le scuole superiori.
Inoltre, il Parere del Consiglio di Stato 3333/06 ha chiarito che un alunno con disabilità che voglia iscriversi a un nuovo ciclo di studi superiori, dopo averne frequentato un altro, può liberamente iscriversi al nuovo corso, se in possesso del diploma di licenza media, ma non ha diritto ad avere nuovamente ore di sostegno, dal momento che le scarse risorse disponibili non possono essere fruite ripetutamente da alcuni e scarsamente da altri.
Infine, l’articolo 14 della citata Legge quadro 104/92, se consente la frequenza della terza media sino al compimento del diciottesimo anno, non può impedire agli alunni che compiono 18 anni dopo l’inizio del nuovo anno scolastico di iscriversi alla scuola superiore e questo per non andare in rotta di collisione con la citata Sentenza 215/87 della Corte Costituzionale. Anzi – in modo coerente – l’articolo 11, comma 12 dell’Ordinanza Ministeriale 90/01 consente agli alunni con disabilità – che non conseguono il diploma di licenza media – di iscriversi alle scuole superiori, se non hanno superato l’età dell’obbligo scolastico (18 anni), con il semplice attestato comprovante i crediti formativi maturati.
E ancora, le citate Linee Guida Ministeriali dell’agosto 2009 non impongono affatto il rifiuto di frequenza della scuola superiore oltre i 21 anni di età, ma si limitano a suggerire ai Dirigenti Scolastici di ridurre le ripetenze, in modo che gli alunni possano normalmente completare un ciclo di studi sino al compimento del ventunesimo anno di età, cioè circa tre anni dopo i compagni senza disabilità.
Da questo breve excursus risulta chiaro che un alunno che compirà 18 anni dopo l’inizio del primo anno di frequenza della scuola superiore, potrà normalmente frequentare le scuole superiori sino ai 23 o 24 anni di età. Infatti, un’interruzione prima di questa data, manu militari, oltre che illegittima, sarebbe anche inopportuna, costringendo quell’alunno ad interrompere un regolare ciclo di studi superiori.
Per quelli invece che abbiano già compiuto i 18 anni e intendano iniziare la frequenza di una scuola superiore, occorre, a mio avviso, offrire l’opportunità di cui si è detto – che è anche un diritto ai sensi della citata Sentenza 215/87 della Corte Costituzionale – di frequentare i corsi serali, dove devono essere garantiti tutti i diritti previsti dall’Ordinanza Ministeriale 455/97. Però, di tale possibilità non vi è traccia nella lettera inviata ad alcuni Dirigenti Scolastici dall’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia.
In via generale è poi da osservare che un divieto di frequenza rivolto ai soli alunni con disabilità ultradiciottenni o ultraventunenni, e non esteso anche ai compagni non disabili, sarebbe incostituzionale ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione Italiana, oltre che in contrasto con la Legge 67/06, che vieta ogni forma di discriminazione diretta o indiretta, costituita anche da provvedimenti amministrativi, nei confronti delle persone con disabilità, imponendo ai trasgressori – cioè nella fattispecie le autorità scolastiche tutte – l’obbligo della cessazione della discriminazione, oltre che il risarcimento dei danni anche non patrimoniali.
Si spera dunque, con tutto ciò, di aver fatto sufficiente chiarezza perché non abbiano più a ripetersi situazioni incresciose come quelle denunciate, che turbano la serenità dei giovani con disabilità, delle loro famiglie e il rispetto della legalità.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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