«Ha coinvolto un numero assai rilevante di persone impegnate sui temi dei diritti delle persone con disabilità, da differenti prospettive e con competenze diverse: governative, associative, tecniche, di cooperazione allo sviluppo»: lo scrive Giampiero Griffo, nostro “inviato speciale” al Global Disability Summit di Berlino, tracciando un primo bilancio del grande evento, in attesa di proporre un approfondimento sul documento finale presentato in Germania

Nel tentare di tracciare un primo bilancio del Global Disability Summit di Berlino, va detto innanzitutto che esso ha coinvolto un numero assai rilevante di persone impegnate sui temi dei diritti delle persone con disabilità, da differenti prospettive e con competenze diverse: governative, associative, tecniche, di cooperazione allo sviluppo. Questo ha prodotto uno scambio continuo tra persone che avevano concordato un incontro oppure che si erano incrociate per caso, avendo lavorato insieme o, ancora, per cogliere l’occasione di lavorare insieme ad un’iniziativa comune o a un possibile nuovo progetto. L’atmosfera, quindi, è stata quella di una continua girandola di sessioni tematiche in cui apprendere nuove prospettive di lavoro, in incontri ritagliati tra un workshop e l’altro… Insomma, un brulicare di attività per trasmettere una vitalità che ha colpito ed emozionato.
Durante la seconda e ultima giornata del 3 aprile vi è stata una serie di sessioni molto interessanti, ma in contemporanea, impedendo quindi di seguirle tutte. In questo resoconto cercherò dunque di fare emergere alcuni elementi significativi della due giorni di Berlino il primo dei quali è stato certamente la grande presenza di Paesi arabi, che nel giro di pochi anni hanno sviluppato una notevole consapevolezza sui temi della disabilità. Infatti, i tanti Paesi mediterranei, africani e asiatici presenti in Germania avevano linguaggi comuni, individuando i temi al centro del dibattito internazionale, ossia la vita indipendente, la piena cittadinanza, l’inclusione e la partecipazione.
In tal senso, dalla sessione dedicata allo sviluppo delle nuove tecnologie nei Paesi Arabi, alla quale è intervenuta anche la ministra per le Disabilità del nostro Paese Alessandra Locatelli, è emersa un’alta consapevolezza della natura strategica di questi strumenti, legati all’autonomia e all’empowerment (crescita dell’autoconsapevolezza) delle persone con disabilità.
Un secondo elemento evidente è stato la forte presenza femminile, sia tra i partecipanti che tra gli speaker, presenza femminile proveniente da tutti i continenti e competente su ogni tema in agenda nel dibattito internazionale, dall’emergenza agli aiuti umanitari, dalla raccolta di dati e statistiche all’accesso ai servizi di salute, dal diritto al lavoro a quello all’educazione, tutti coniugati nella maniera appropriata con i diritti di genere. Per cui la denuncia nel corso di un workshop di un abbassamento dell’attenzione internazionale per i diritti delle donne con disabilità è stata compensata dalla forte capacità di approcciare il mainstreaming di genere, ovvero l’inserimento di tale approccio in tutte le sessioni.
Stranamente si è notata l’assenza della Cina sia nella partecipazione che tra i pannelist. I vari dibattiti hanno affrontato il tema fondamentale dei finanziamenti necessari per conseguire una vera inclusione, rispetto al quale l’impegno di molti Paesi è stato di dichiarare un maggiore investimento di risorse economiche e umane sui temi della disabilità.
Sorprendente è stato scoprire il ruolo positivo delle banche sia nelle politiche di sviluppo regionale (Banca Latino Americana e Caribica di Sviluppo, Banca Europea di Sviluppo, Fondo Internazionale per lo Sviluppo in Agricoltura), sia nel sostegno alle attività economiche e alle imprese di persone con disabilità (Gruppo Banche Lloyd, Banche Etiche, International Finance Corporation).
Anche il tema della pace è emerso citando la Palestina, l’Ucraina, il Sudan, il Congo, l’Etiopia… e le terribili condizioni che milioni di persone – e ancor più le persone con disabilità – stanno vivendo.
Pressante è stata la denuncia che in situazioni di emergenza per guerre, disastri naturali che crescono con il cambiamento climatico (inondazioni, tifoni ecc.), eventi della terra (terremoti) che comportano lo spostamento forzato anche di milioni di persone (72 milioni a giugno 2024), i sistemi di protezione civile e di aiuti umanitari siano ancora impreparati a proteggere le persone con disabilità e le loro famiglie.
È stata inoltre segnalata la mancanza di attenzione nelle traduzioni dei Paesi di lingua latina (portoghese e francese), penalizzati dalle traduzioni in sole tre lingue (inglese, tedesco e arabo).
Anche la logistica, in particolare l’accesso al pranzo, pur gratuito, richiedeva lunghe file, per cui spesso vi si rinunciava, per limitarsi ad una bevanda calda o a una bibita (anch’esse gratuite).
In attesa della sessione finale del Summit, un gruppo musicale greco ha riscaldato i presenti con musiche allegre e coinvolgenti la platea.
Quindi, come ha affermato Nawaf Kabbara, presidente dell’IDA, l’Alleanza Internazionale sulla Disabilità, «la dichiarazione finale non è una dichiarazione di impegni, ma un documento operativo. Nel prossimo Global Disability Summit del 2028 verificheremo quanto gli impegni siano stati rispettati e quanto possano essere ampliati. Si tratta in sostanza di una piattaforma da usare come strumento di lotta».
Sempre dall’IDA è stata sottolineata la necessità di tutelare e promuovere i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità, aumentando i fondi necessari e facendo crescere la leadership femminile, trasformando in sostanza gli impegni in progetti.
Durante il panel finale, cui erano presenti il Governo tedesco, quello giordano e la stessa IDA, si è parlato del ruolo strategico giocato dall’educazione, ancora negata a milioni di persone con disabilità nel mondo e in particolare alle ragazze. «È un imperativo – è stato detto – considerare questo diritto strategico perché è lo strumento essenziale di emancipazione e di capacità di difesa dei diritti».
Un altro elemento evidenziato è stato quello della partecipazione diretta alle decisioni che riguardano i loro diritti da parte delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni, riconoscendo, una volta per tutte, che le persone con disabilità stesse hanno abilità, capacità e competenze che possono contribuire allo sviluppo dell’intera società. Abilità speciali, ad esempio, nell’affrontare in maniera resiliente e adattativa tutte le barriere, gli ostacoli e le discriminazioni che la società frappone alla loro partecipazione su base di eguaglianza con gli altri.
La due giorni si è poi avviata verso la conclusione, con l’esibizione sul megaschermo delle bandiere dei più di cento Stati e organizzazioni internazionali che hanno partecipato al Summit, in un crescendo di applausi e di entusiasmo della platea. Sono stati inoltre ringraziati gli oltre 200 volontari che hanno collaborato alla buona riuscita dell’evento.
L’ultimo intervento è stato del rappresentante delle persone con disabilità intellettive e relazionali dell’IDA che ha rilanciato i vari concetti chiave discussi a Berlino e le parole chiave del documento finale. Sugli impegni assunti in questa dichiarazione congiunta dei governi tedesco e giordano forniremo un approfondiremo in un prossimo articolo.
*Presidente della RIDS (Rete Italiana disabilità e Sviluppo).
Nei giorni scorsi, sempre di Giampiero Griffo da Berlino, abbiamo pubblicato anche Oltre 2.000 persone con disabilità al Forum della Società Civile di Berlino (a questo link) e L’inclusione è un investimento per tutti e i diritti delle persone con disabilità non sono negoziabili! (a questo link).
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