«Maltrattare non significa solo strattonare, urlare o punire. È calpestare in primis il diritto inalienabile alla dignità. Facciamo in modo che nella vita dei nostri figli non manchi mai il rispetto»: lo scrive Maria Spallino, presidente dell’Associazione Coordinamento Familiari Centri Diurni Disabili Milanesi, a proposito della notizia che otto educatori di un Centro Diurno Disabili di Milano sono indagati per maltrattamenti ai danni delle persone con disabilità di cui avrebbero dovuto prendersi cura
Otto educatori di un Centro Diurno Disabili (CDD) di Milano sono indagati per maltrattamenti ai danni delle persone con disabilità di cui avrebbero dovuto prendersi cura. La notizia [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.] sconcerta e preoccupa non solo le famiglie direttamente interessate, ma tutte quelle i cui familiari con disabilità sono accompagnati nel loro percorso di vita da operatori ed educatori il cui compito non è solo assistere, ma anche sostenere, promuovere, motivare.
I nostri figli sono spesso persone “senza voce” e, proprio per questo non devono mai mancare attenzione e rispetto nei loro confronti. Sin dalla loro nascita, noi genitori e familiari percorriamo con loro e per loro un lungo cammino lastricato di sfide. Sfide che possiamo vincere solo quando le relazioni che intessiamo con chi (in ruoli diversi) li accompagna sono improntate su valori di lealtà e fiducia. Ogni figura che svolge un ruolo del progetto di vita dei nostri figli ha una grande responsabilità: la serietà, l’affidabilità e l’efficacia del suo intervento sono fondamentali per rendere solido quel progetto.
Le notizie circolate nei giorni scorsi rievocano fantasmi con cui molti di noi convivono. La sottile, pervasiva e costante angoscia riguardo al destino dei nostri figli e fratelli quando noi non ci saremo più. Non solo il futuro occupa i nostri pensieri. Nel presente, anche il timore che non siano accolti nelle loro aspirazioni, compresi nei loro bisogni, sostenuti nella loro conquista di autonomie in nostra assenza, quando “affidati” ad altri. Timori e angosce che tentiamo di tenere sotto controllo convincendoci che, impostando rapporti di fiducia, collaborazione e alleanza, sia loro garantito, oggi e per sempre, rispetto.
Negli articoli che riportano questa preoccupante vicenda – su cui auspichiamo venga fatta luce il prima possibile – viene usato il termine “maltrattamenti”. Maltrattare non significa solo strattonare, urlare o punire. È calpestare in primis il diritto inalienabile alla dignità. I nostri figli e fratelli, la cui autodeterminazione è spesso fragile, non sono in grado di difendersi da atteggiamenti prevaricatori. Abituati sin dalla nascita ad essere “gestiti” da altri, posseggono in moltissimi casi un’elevata adattabilità e resilienza e, proprio per questo, la loro percezione di eventuali vessazioni e angherie è stemperata.
In un momento storico in cui la promozione del diritto alla piena cittadinanza è al centro di politiche innovative, una notizia come questa incrina le certezze di genitori e familiari che si adoperano incessantemente per garantire ai propri figli o fratelli con disabilità un futuro degno, dovendosi fidare e affidare a chi ha un indispensabile compito di cura e sostegno.
Le responsabilità sono, saranno accertate, fino ai livelli più alti. Ma l’ambiente, il contesto deve essere ripensato e rinnovato. Le persone con disabilità e le loro famiglie vanno aiutate a recuperare, per quanto possibile, la fiducia. In casi simili non si riparte da zero, ma da molto più indietro.
È indispensabile reimpostare il servizio con impegno e serietà, scegliendo con la massima attenzione chi svolge un lavoro di cura e tessere una rete di aiuto e supporto che permetta a tutti di riconquistare una consapevole serenità.
Facciamo tutti in modo che nella vita dei nostri figli non manchi mai il rispetto.
*Presidente dell’Associazione Coordinamento Familiari CDD (Centri Diurni Disabili) Milanesi. Il presente contributo è già apparso in «Persone con disabilità.it» e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
Al medesimo tema trattato nel presente contributo, Superando ha già dedicato i testi Maltrattamenti nelle strutture su persone con disabilità: non basta più l’indignazione del momento! e Quel patto di fiducia che è stato incrinato di Enrico Mantegazza (disponibili rispettivamente a questo e a questo link).
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