“Pensiero Imprudente”: giocare di squadra

di Claudio Imprudente*
«A proposito di gioco di squadra – scrive Claudio Imprudente nella sua rubrica “Pensiero Imprudente” – si tratta di un concetto importante non solo nello sport, ma anche per chi lavora nel campo dell’educazione, dove lo scopo è quello di far passare certi concetti, cioè vincere sul pregiudizio. Un educatore ha la missione di condurre sulla strada dell’autonomia la persona che gli è affidata e questo dovrebbe creare uno spirito di squadra, il che non è sempre scontato»

Tante mani uniteSapete cosa mi ha intrigato in questo periodo? Specialmente in questo periodo nel quale il campionato di calcio è finito e i giocatori sono in vacanza, mi sono chiesto “ma cosa ci vuole per fare squadra?”.
Sono andato su Google e mi sono imbattuto in un video di Julio Velasco. Vi chiederete: ma chi è? Velasco è un allenatore di pallavolo e dirigente sportivo argentino naturalizzato italiano, commissario tecnico della Nazionale Femminile Italiana.
Detto questo, ho approfondito il suo “pensiero filosofico” e sono rimasto molto affascinato dalle sue considerazioni, anche perché l’ho subito collegato al mondo dell’educazione e dell’inclusione dove è necessario fare squadra. Bene, da dove iniziamo? Quali sono gli elementi che caratterizzano una squadra?

Il primo punto è la differenza tra “gruppo” e “squadra”, perché nell’immaginario comune queste due parole esprimono la stessa idea. Invece sono due cose diverse, perché nel gruppo ci sono dei legami personali molto forti, ma questi non sono sempre sufficienti a far vincere una squadra, perché è proprio questo lo scopo di una squadra sportiva: vincere!
Anche per chi lavora nel campo dell’educazione lo scopo è far passare certi concetti, cioè vincere sul pregiudizio. Un educatore ha la missione di condurre sulla strada dell’autonomia la persona che gli è affidata e questo dovrebbe creare uno spirito di squadra, il che non è sempre scontato.

Claudio Imprudente
Claudio Imprudente, che cura per Superando la rubrica “Pensiero Imprudente”

In genere si pensa che sia il cosiddetto “spirito di squadra” che rende vincenti, invece questa è una conclusione, qualcosa che si crea più facilmente quando si vince. Velasco afferma che «se il gruppo è unito, ma gioca male non vince. […] Bisogna giocare meglio dell’altra squadra: lo spirito di squadra si crea vincendo, cioè funzionando».
I presupposti per creare lo spirito di squadra sono dunque: un obiettivo, una strategia di gioco e ruoli differenti.

L’ultimo punto è che i giocatori hanno abilità diverse che si integrano, si può essere più bravi/e di altri/e in un ruolo specifico, ma è basilare riconoscere e accettare sia il proprio ruolo che il ruolo altrui.
La responsabilità di ogni azione è condivisa, per cui se un giocatore sbaglia e non segna, la responsabilità non è del singolo, non è “colpa sua”: l’importante è focalizzarsi sulla soluzione complessiva del problema non sulla responsabilità individuale.
Velasco ci fa riflettere su due questioni che sono il fondamento dell’educazione: la necessità di mettere insieme i punti forti di tutti i giocatori, considerandone i punti di debolezza e il concetto di aiuto. I giocatori infatti si aiutano, si supportano perché altrimenti tutto il gioco non funziona, questo non è quindi un surplus, ma è parte integrante del gioco di squadra.
E questo è il punto focale, l’espressione «per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio» è un proverbio africano che sottolinea come la crescita e l’educazione di un bambino siano un impegno collettivo, non solo responsabilità dei genitori: è un gioco di squadra.

E voi sapete giocare di squadra?
Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

*Il presente contributo è già apparso nel sito del CDH-Cooperativa Accaparlante di Bologna, con il titolo “Giocare di squadra, ma cosa ci vuole per fare squadra?” e viene qui proposto, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiduciaDa geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson e il recente Scritti imprudenti. Idee e riflessioni intorno alla disabilità (La Meridiana).
Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.
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