La burocrazia, madre di tutte le barriere culturali

di Ettore Trizzino e Salvatore Di Giglia*
Nell’esprimere piena solidarietà alla pacifica protesta del presidente dell’AICE Pesce – scrivono Ettore Trizzino e Salvatore Di Giglia – per far sì che si sblocchi una Legge volta a sancire la piena cittadinanza delle persone con epilessia, auspichiamo che l’applicazione delle norme in materia di disabilità operi finalmente secondo la “fisiologia del diritto”, senza costringere le persone a percorrere la via giudiziale (“patologia del diritto”), ponendo in essere una permanente situazione conflittuale
Giovanni Battista Pesce, sciopero della fame davanti al Ministero della Salute
Il presidente dell’AICE Pesce è giunto al decimo giorno di sciopero della fame davanti al Ministero della Salute

Giunto al decimo giorno, lo sciopero della fame di Giovanni Battista Pesce, presidente dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), certamente da condividere e supportare, ha condotto ad affermare, nel corpo di un articolo pubblicato da Superando, a firma di Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), che «non possiamo tollerare che la burocrazia diventi una barriera più insidiosa delle stesse condizioni di salute».
Ferma restando la volontà del nostro Ente [Ente Nazionale Tutela Disabilità APS] di esprimere piena solidarietà al presidente dell’AICE circa i contenuti della sua pacifica protesta, l’affermazione del Presidente della FISH viene da noi valutata come oltremodo condivisibile e da essa potrebbe partire un importante momento dal quale si possa ragionevolmente attribuire a tale “insidiosa barriera” (ovviamente di tipo culturale) il valore pregnante che le è proprio e, conseguentemente, richiedere la necessaria consapevolezza da parte dell’Apparato della Pubblica Amministrazione.

Invero, per troppi anni (lustri), non abbiamo mai pensato dal mettere in discussione ciò che abbiamo da sempre considerato ovvio e intangibile. Ci riferiamo al fatto che la condizione di disabilità è stata – anche da noi persone con disabilità – normalmente accostata o strettamente collegata a concetti riferibili all’altrui sensibilità d’animo, alla caritatevolezza, all’altruismo, al buonismo, e chi più ne ha, più ne metta. Questa visione, che per decenni nelle diverse dinamiche sociali abbiamo in qualche modo inconsciamente tollerato, ha finito per creare granitici pregiudizi o stereotipi, affondando profonde radici nel campo del riconoscimento dei nostri diritti e favorendo spesso il loro mancato rispetto.
Si ritiene oggi fondamentale fare una riflessione in merito a tale assunto. Si è infatti convinti che il generalizzato riconoscimento del carattere ovvio di tale ultima affermazione, in passato ci abbia fatto desistere dal richiedere interventi diretti e mirati ad eliminare in radice, seppure gradualmente, questa forma di dogma con il quale, benché suffragata da ragioni di vario tipo e natura, abbiamo convissuto da sempre.
Oggi dobbiamo analizzare criticamente anche ciò che nel tempo ci è sembrato scontato. Sarà il modo più efficace che potrà spingerci e aiutarci a discernere e scoprire i reali motivi posti a base delle ingiustizie e iniquità sofferte a causa di una burocrazia non perfettamente attenta ai contenuti e ai tempi prefissati dalle norme in tema di disabilità.
Nel contempo sarà fondamentale sollecitare anche interventi formali nei riguardi della stessa Pubblica Amministrazione, mediante la produzione di specifica prassi (Circolari e Direttive applicative della normativa di settore), diretta a superare al proprio interno il “pregiudizio secondo cui la materia della disabilità può essere trattata con indifferenza” fino a rendere discrezionale l’applicazione di norme cogenti e disattendere spesso persino i perentori termini entro i quali numerose attività devono essere svolte. Tutto ciò confidando sulla possibilità che i destinatari-beneficiari del provvedimento omesso o ritardato possano astenersi dal porre in essere la corrispondente tutela giudiziale.

Ci riserviamo di ritornare sull’argomento per introdurre ed esporre in concreto situazioni analoghe che sono state affrontate in modo efficace dalla stessa Pubblica Amministrazione, allorché essa abbia acquisito consapevolezza che i danni conseguenti alle proprie disattenzioni, ritardi e omissioni si discostano non solo dal principio di legalità al quale la Pubblica Amministrazione stessa deve sempre e comunque orientarsi, ma riescono – da un lato – a creare situazioni disagevoli e inique per i destinatari e – dall’altro – non convenienti su piani diversificati neanche per il suo apparato burocratico (riduzione del grado di affidamento nella Pubblica Amministrazione; condanne alle spese giudiziali, se non addirittura per lite temeraria; sfiducia nelle Istituzioni in generale; altre).
Se non sarà, infatti, la stessa burocrazia, mediante il superamento di questa erronea visione, a riconoscere e a privilegiare che anche l’applicazione delle norme in materia di disabilità deve operare secondo la fisiologia del diritto, saremo ancora per molto tempo costretti ad esigere prevalentemente i nostri diritti attraverso la via giudiziale (patologica), finendo per porre in essere una situazione conflittuale che non avrebbe assolutamente motivo di venire ad esistenza.

*Rispettivamente operatore del diritto e coordinatore del Centro di Ascolto Telefono D dell’Ente Nazionale Tutela Disabilità APS.

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