Le realtà virtuose diventino la regola e non l’eccezione nella gestione delle persone con disabilità più complesse

«Quello che spesso si predica a Melito di Porto Salvo è una realtà in continua evoluzione. Penso che sarebbe bene che i media ne parlassero, in modo che le realtà virtuose diventassero la regola e non l’eccezione anche nella gestione delle persone con disabilità più complesse»: lo scrive Daniela Mariani Cerati, reduce da una visita alla residenza e al centro riabilitativo della Fondazione Marino per l’autismo di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria). A seguire, diamo spazio al commento del fondatore di tale struttura Giovanni Marino

Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo le considerazioni di Daniela Mariani Cerati, dopo una visita alla residenza e al centro riabilitativo della Fondazione Marino per l’autismo di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), seguite dal commento del fondatore della stessa Giovanni Marino.

Fondazione Marino per l'autimo, logoSi devono leggere spesso notizie di maltrattamenti di persone con disabilità in strutture residenziali e semiresidenziali. Purtroppo solo le cose cattive fanno notizia. Sarebbe bene invece parlare anche delle cose buone od ottime, in modo che si creassero circoli virtuosi di imitazione.
Sono reduce da Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), dove ho visitato la residenza e il centro riabilitativo della Fondazione Marino per l’autismo. Gli ospiti della residenza sono dodici, alcuni dei quali molto problematici, ma evidentemente nessuno viene rifiutato. Per ognuno si cerca il modo di procurargli la migliore qualità di vita compatibile con la sua condizione. La casa è bella, pensata anche nella struttura, in modo che gli ospiti vi si possano muovere senza pericolo.
Le attività giornaliere sono lavori veri, utili e il fondatore, l’ingegner Giovanni Marino, sempre presente nella struttura, progetta costantemente nuove attività. Al momento vi è la Locanda Tre Chiavi, mensa per i poveri, dove i residenti della Fondazione servono a tavola e puliscono dopo il pasto, assistiti da un educatore. All’interno della struttura, inoltre, si fa ceramica e si progetta di aprire all’esterno un laboratorio di ceramica con annesso negozio per la vendita di quanto prodotto.
L’ingegner Marino ha appena comprato un pezzo di terra annesso alla residenza in cui si coltiveranno ulivi e, con un mini frantoio, si produrrà l’olio.
Tutto è pensato per tenere impegnati gli ospiti, come detto, in lavori veri, utili e inclusivi. E naturalmente la varietà delle opzioni lavorative fa sì che per ogni residente si possa trovare il lavoro che più lo appaga.
Nulla è stato improvvisato, ma prima dell’apertura della casa la progettazione strutturale e abilitativa è stata programmata con la consulenza del compianto Lucio Moderato, che dall’estremo Nord dell’Italia andava all’estremo Sud per portare la sua grande competenza in materia di abilitazione di persone con disabilità intellettive e relazionali senza limiti di gravità. La sua allieva numero 1 è stata la dottoressa Pasqualina Pace, che ora dirige il centro e mette costantemente in programma numerosi eventi di formazione, importantissimi per aumentare le competenze, ma anche per prevenire la demotivazione degli operatori.
Insomma: quello che spesso si predica a Melito di Porto Salvo è una realtà in continua evoluzione. Penso che sarebbe bene che i media ne parlassero, in modo che le realtà virtuose diventassero la regola e non l’eccezione anche nella gestione delle persone con disabilità più complesse.
Daniela Mariani Cerati – Componente dell’APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale) e della lista di discussione Autismo-Scuola (autismo-scuola@autismo33.it).

Di seguito diamo spazio al commento di Giovanni Marino, fondatore della Fondazione Marino per l’autismo e presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo).

Ringrazio Daniela Mariani Cerati per gli apprezzamenti che ha voluto indirizzare ai servizi della Fondazione Marino per l’autismo. Spero che servano a provocare una discussione competente sul tema delle residenze nel nostro Paese.
La nostra è governata da un regolamento di accreditamento che garantisce interventi educativi e abilitativi in modo permanente. Nel 2005 era quello il valore aggiunto che ho saputo e potuto inserire per qualificare una residenza che andava oltre la mera assistenza. Con il tempo abbiamo sperimentato il valore del lavoro come mezzo di autonomia e di inclusione sociale che non deve mai finire o ridursi ad abitudini stereotipate. Le persone evolvono ed è necessario progettare per loro sempre nuovi stimoli.
Abbiamo pensato di coinvolgere nella gestione, con pari dignità, sia le famiglie che gli operatori che fanno parte, con un loro rappresentante, del Consiglio di Amministrazione, aggiornando lo Statuto e trasformando la Fondazione in un Ente partecipato e allargato a tutti i portatori di interesse. Il fine ultimo non è il profitto, ma il migliore benessere possibile dei nostri ragazzi.
Mi piace pensare che la nostra dottoressa Pasqualina Pace abbia fatto valere queste esperienze quando, componente del Panel dell’Istituto Superiore di Sanità, ha contribuito a scrivere la Linea Guida Adulti per l’autismo che tratta in modo assolutamente innovativo ed efficace il tema dei modelli abitativi.
Daniela Mariani Cerati conosce anche bene l’impegno associativo dell’ANGSA che si batte da anni (da troppi anni…) affinché il Ministero della Salute si assuma la responsabilità di aggiornare i regolamenti di accreditamento dei servizi residenziali attraverso l’emanazione di una Linea di Indirizzo da trasmettere alle Regioni. C’è bisogno infatti di una flessibilità nei modelli abitativi, tenendo conto dei processi evolutivi che consigliano di differenziare il carico assistenziale e di autonomia. C’è bisogno di svecchiare la parte strutturale che ancora prevede che sia disponibile la “camera visita parenti”, solo per fare un esempio. C’è bisogno che le verifiche non si limitino alla ricerca del granello di polvere sul pavimento, ma valutino il complesso della qualità di vita e la tipologia degli interventi e la valutazione degli esiti. C’è bisogno infine che ogni struttura rilasci un report periodico sulle attività documentate e che siano previste sanzioni in capo al gestore dell’ente, specialmente nel caso di abusi che devono prevedere la revoca del Decreto di Accreditamento.
Successivamente alla recente notizia sui maltrattamenti nella residenza del Torinese, il giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti si chiedeva se esistesse un metodo per eliminare quegli abusi. Esiste, caro Gianluca, e si chiamano requisiti organizzativi dei regolamenti di accreditamento dei servizi residenziali. La differenza è come li fai, con quali controlli e quali sono le sanzioni da applicare. Non succederebbe più che il legale rappresentante di un servizio residenziale si svegli la mattina dichiarando che lui, “poverino”, non sapeva nulla di cosa stava accadendo nella sua struttura! Quando sai che rischi la revoca del Decreto di Accreditamento, appena ti svegli la mattina, alzi il telefono per chiedere com’è andata la notte in struttura e se va tutto bene.
L’ANGSA è impegnata da tempo su questo tema delicatissimo ma purtroppo non trova interlocutori presso il Ministero della Salute. Il sottosegretario Gemmato, che ha la delega sull’autismo, di fatto non la esercita e la governance di questa area critica, che in Australia, solo per fare un esempio, ha portato a un apposito Ministero per l’Autismo, è lasciata a se stessa.
Infine, mi consenta Daniela Mariani Cerati, di fare un cenno alle notizie di reato che circondano questi episodi e che mi lasciamo esterrefatto e indignato. Si legge che «dopo indagini che hanno impiegato molti mesi», la Magistratura avvia i procedimenti previsti. I risultati saranno sempre risolti con una sospensione temporanea dal servizio del dipendente. Ma come, ricevi una denuncia per maltrattamenti e aspetti sei mesi per concludere una indagine? Mi chiedo se sia possibile configurare il reato di favoreggiamento a carico del Magistrato che lascia perpetuare quei maltrattamenti per così tanto tempo, Mi chiedo se in casi di questo genere sia il “maltrattamento” l’unico reato ascrivibile. Temo che la realtà sia che la legislazione consideri ancora una persona con disabilità mentale una “non persona”. Apriti cielo, se quella persona fosse invece portatore di altre disabilità!
Giovanni Marino – Fondatore della Fondazione Marino per l’autismo e presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo).

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