«Se l’odore dell’estate mette entusiasmo, non ci sono freni per la speranza»: questo pensavo l’anno scorso mentre cercavo – con l’arsura di agosto che immancabilmente bruciava i giorni e le pinete – di venire a capo di un dilemma: si può partire senza necessariamente “morire” o si deve “morire” per poter partire? O meglio, si può immaginare una partenza senza morire (di spavento) per le centomila insidie (treni non attrezzati, alberghi non accessibili, campeggi inadeguati, ristoranti non adattati ecc. ecc.) o si deve arrivare a dover morire per partire davvero liberi?… Barriere architettoniche e difficoltà pratiche di ogni genere possono infatti trasformare una normale partenza in un mezzo incubo. Oppure esiste un’altra strada?
Dopo avere riflettuto molto su tutto questo, con annessi e connessi di cui si riempiono le zavorre di chi va in giro senza che il suo viaggiare “sia previsto” e cercando una soluzione che potesse in qualche maniera alleggerire la situazione, mi venne l’idea del camper, un “gigante buono” – come mi piacque battezzarlo – con cui provare a trasformare un semplice soggiorno estivo in una specie di “scommessa esistenziale”.
Credo infatti che chi deve coniugare un certo desiderio di libertà non solo con i propri limiti, ma anche e soprattutto con le “catene sociali”, non può che sperimentarsi continuamente per provare a non piantarla lì e cercare magari di far nascere qualcosa di positivo. E così, guardandomi un po’ in giro e direzionando la mia ricerca nello specifico, trovai camper attrezzati per disabili, di diverse marche, diverse grandezze, per diverse esigenze, diversi adattamenti e anche diversi prezzi… Contattando poi chi proponeva il mezzo che meglio rispondeva alle mie necessità, approdai a chi – per conto della ditta – organizzava a Roma il noleggio del camper in questione. Con poche manovre di mouse e qualche telefonata, prendeva corpo dunque il progetto di un viaggio itinerante che mi avrebbe portata a gustare, senza grossi limiti, una piccola parte della Sicilia, con le sue ricchezze di storie e di magia.
Con il mare negli occhi e il gusto della cordialità nell’aria e sulla faccia della gente, scivolavamo sulle strade con la “potenza del leone” e la “vitalità della gazzella”. Disseminate lungo il percorso, le aree attrezzate si trovavano abbastanza frequentemente, anche se non sempre nelle soste era previsto l’uso dell’attacco elettrico, per poter ricaricare la carrozzina e riuscire ad usare di notte il respiratore. Questo poteva diventare un grosso problema, ma per fortuna, laddove non c’era il servizio, a risolvere erano quasi sempre la disponibilità e il buon senso.
Nel camper gli spazi interni ben organizzati non facevano rimpiangere molto le quotidiane comodità di una casa (letto comodo, doccia giornaliera, punto lettura, spazio pranzo ecc.), non so bene se per l’abitudine ai cinquanta (scarsi) metri quadri calpestabili e calpestati ogni giorno nel mio quasi monolocale o se per spirito di adattamento che può rendere una persona “un vero viaggiatore”. La possibilità, volendo, di sedermi a fianco del guidatore (con una semplice manovra di trasferimento dall’interno, grazie al sedile girevole) mi permetteva poi di seguire meglio il percorso, vivendo il gusto della partecipazione attiva e diretta.
E tuttavia, come ogni buona cosa che si rispetti, anche questa ha le sue note dolenti, oltre al costo giornaliero del noleggio non certo economicissimo, vale a dire la grandezza non indifferente del mezzo che non si parcheggia facilmente, non permette manovre disinvolte, non incoraggia passaggi spensierati, non passa sotto silenzio, sotto certi ponti, in certi centri, in certe stradine eccetera eccetera. In questi casi, quindi, l’ideale rimane – carrozzina permettendo – lasciare il “mostro” in periferia e godersi in libertà, laddove possibile, centri storici, viuzze caratteristiche, sentieri arroccati, castelli sul mare, mercatini speziali, case rupestri e giardini profumati.
La vacanza è libertà di muoversi, ma, credetemi, provare a muoversi in libertà è già di per sé una vacanza.
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