Se oggi possiamo parlare di sport per disabili, di Paralimpiadi (sia estive che invernali) lo si deve alla geniale intuizione di Sir Ludwig Guttman, neurochirurgo inglese che nel 1948 decise di promuovere lo sport come metodo principale di terapia, utilizzandolo per spronare, foggiare, riabilitare i suoi pazienti che avevano riportato danni alla colonna vertebrale durante la seconda guerra mondiale [se ne legga in questo stesso sito cliccando qui, N.d.R.].
Dal 1952, dunque, fu proprio questo medico inglese a organizzare i Giochi di Stoke Mandeville per Disabili, ottenendo grandi successi e impressionando l’opinione pubblica mondiale. In seguito Guttman – seguendo i suggerimenti dell’italiano Antonio Maglio, direttore del Centro Paraplegici dell’INAIL – decise di portare i Giochi a Roma nel 1960, da allora riconosciuti come “Giochi Paralimpici”. Infatti, il 18 settembre di quell’anno nella Capitale si aprirono i IX Giochi Internazionali per Paraplegici, ovvero la nona edizione internazionale dei Giochi di Stoke Mandeville, la prima ad essere organizzata in concomitanza con le Olimpiadi e a godere del riconoscimento e del patrocinio di alte cariche istituzionali. Solo in seguito, però, vennero riconosciuti come Primi Giochi Paralimpici Estivi (esattamente dal 1984), quando il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) approvò appunto la denominazione ufficiale di Giochi Paralimpici.
Per quanto riguarda poi le prime Paralimpiadi Invernali, esse si svolsero in Svezia, nel 1976. In questo ambito, il curling in carrozzina (wheelchair curling) è stato una delle ultime discipline inserite in calendario: il suo battesimo, infatti, è avvenuto per la prima volta ai Giochi Paralimpici Invernali di Torino 2006.
Per comprendere meglio questa disciplina sportiva, abbiamo deciso di parlarne con Danilo Destro, Rappresentante Atleta in seno alla Commissione Nazionale Atleti del CIP (Comitato Italiano Paralimpico) per questa disciplina. (Dorotea Maria Guida)
Ci racconti qualcosa, Danilo, di te, della tua vita e di come sei approdato al curling?
«Comincerei dicendo che sono paraplegico dal 1983 e dopo il periodo di stordimento conseguente al trauma, mi sono avvicinato al basket in carrozzina, per poi cimentarmi in quasi tutte le discipline sportive praticabili».
In che cosa consiste il curling in carrozzina?
«Il wheelchair curling non si discosta molto dal curling “normale”. Infatti, la squadra è anche qui composta da quattro giocatori dei quali però almeno uno dev’essere di sesso diverso dagli altri. Il campo di gioco utilizzato, poi, è identico per dimensioni e caratteristiche. Infine, per lanciare la stone [“pietra”, N.d.R.], usiamo un “bastone” regolabile, in punta al quale incastriamo la stone di granito (circa 20 chili).
Naturalmente è per noi impensabile “scopettare” – ovvero esercitare la classica azione di “spazzolamento” davanti alla stone in movimento che attuano i giocatori normodotati e che serve, in pratica, a levigare e sciogliere leggermente la superficie di ghiaccio per accompagnare e velocizzare il tiro -, così come non usiamo i blocchi fissati al terreno che normalmente usano i “bipedi” per darsi lo slancio necessario al tiro».
Quale ruolo ricopri in ambito nazionale in merito a questa disciplina sportiva?
«Quest’anno sono stato nominato Atleta Rappresentante per il curling nella Commissione Nazionale Atleti del CIP».
Come si approcciano gli atleti a questa nuova disciplina che è tipicamente anglosassone, statunitense?
«Si tratta di un gioco molto divertente, sopratutto se si soffre poco il freddo. Posso affermare che la stragrande maggioranza delle persone che lo provano solitamente continuano l’attività sportiva».
Il curling è un gioco di squadra. Ma in che modo facilita l’integrazione e lo spirito competitivo degli atleti?
«Lo spirito di squadra è il requisito irrinunciabile, anzitutto per divertirsi e di conseguenza per raggiungere risultati appaganti. Infatti, i talenti e le individualità sono come sempre importanti, ma in questo sport l’accordo o meno tra compagni di squadra può fare la differenza».
Quali saranno i prossimi impegni delle squadre italiane?
«Attualmente è in pieno svolgimento il Campionato Italiano, suddiviso in due gironi. Un evento importante si è avuto il 17 e 18 dicembre scorsi, a Cembra (Trento), ovvero il Memorial “Laura Armanaschi”, un’amica e compagna di squadra che ci ha lasciati troppo presto. Durante l’inverno, poi, sono parecchi i tornei internazionali ai quali partecipano le nostre squadre di club e la Nazionale Italiana».
Vogliamo fare un po’ di promozione per avvicinare i ragazzi con disabilità a questa interessante disciplina sportiva?
«Beh, innanzitutto vanno bene ragazzi e ragazze di età compresa tra i 15 e i cent’anni! A parte tutto, si potrebbe magari pensare che gli impianti nei quali praticare il gioco siano dislocati per lo più nelle zone montane e fredde, così come immagino che a un telespettatore il gioco possa sembrare noioso. Eppure, posso assicurare che a giocarlo il curling è spassoso e impegnativo e che le piste di gioco si trovano ormai in parecchie città del Centro-Nord Italia. Questo è uno sport praticabile anche in squadre formate da disabili e non e alla fine della tenzone si finisce sempre con una stretta di mano».
*Servizio realizzato per conto dell’Associazione Prodigio di Trento (con il titolo Il gioco di squadra vince: Curling in carrozzina), qui ripreso, con alcuni riadattamenti, per gentile concessione.
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