L’assistente per l’autonomia e la comunicazione dev’essere preparato

Lo ribadisce una recente Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Calabria, della quale però, pur giovando certamente alla tutela degli alunni con disabilità, vanno anche evidenziati un paio di aspetti non del tutto positivi, vale a dire una certa costante “deriva” di tipo sanitario e il fatto che si sia deciso di far pagare alla famiglia una parte delle spese di giudizio

Particolare di giovane con disabilità a scuolaCon la Sentenza 438/12 del 23 maggio scorso, depositata il 21 giugno successivo, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Calabria ha fornito alcuni importanti chiarimenti circa l’obbligo degli Enti Locali di fornire agli alunni con disabilità gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione di cui all’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92.
In sostanza, una famiglia aveva chiesto al proprio Comune di residenza (Marina di Gioiosa Ionica, in provincia di Reggio Calabria) l’assegnazione di dieci ore settimanali di un assistente per l’autonomia e la comunicazione, sulla base della Diagnosi Funzionale prodotta dall’ASL. Il Comune si era rifiutato, affermando che aveva già assegnato a quella scuola del primo ciclo di istruzione un certo numero indifferenziato di ore per alcuni alunni di quella scuola. Dal canto suo, la famiglia aveva lamentato che da tale assegnazione non risultava né il numero di ore concretamente assegnato al figlio, né una specifica formazione dell’assistente, per soddisfare i relativi bisogni educativi del ragazzo.
Vista dunque l’irresoluta volontà del Comune ad aderire alle puntuali richieste, la famiglia aveva proposto ricorso al TAR, che lo ha pienamente accolto.

Il Tribunale ha argomentato come segue:
1. L’alunno con disabilità ha diritto ad avere, oltre che un certo numero di ore di sostegno didattico, anche un certo numero di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione, essendo tale funzione differente da quella del sostegno didattico. Inoltre, l’assistente dev’essere formato a rispondere agli specifici bisogni assistenziali dell’alunno e non può essere un qualunque assistente generico. Infine, il Comune ha l’obbligo di fornire tale assistente, alla luce dell’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98, che assegna appunto tale compito ai Comuni per la scuola del primo ciclo e alle Province per quella del secondo ciclo.

2. A nulla vale l’obiezione del Comune che, a causa delle ristrettezze economiche, esso non è in grado di fornire assistenti formati. Infatti, come sempre affermato dalla Corte Costituzionale, in presenza di un diritto costituzionalmente garantito, come quello allo studio, non ci sono vincoli di bilancio che possano giustificare la violazione o il restringimento di tale diritto.

3. Il Comune aveva obiettato che, essendo ormai l’anno scolastico quasi alla fine (maggio), la nomina non aveva senso. E tuttavia il TAR ha precisato che comunque l’alunno – dovendo continuare nel prossimo anno nello stesso ciclo di studi (scuola media) – aveva diritto sin da subito ad ottenere la sentenza favorevole, in modo che già all’inizio del prossimo anno, egli potesse trovare la disponibilità di quella fondamentale risorsa.

4. La famiglia aveva chiesto anche il risarcimento del danno esistenziale, dovuto al ritardo nella nomina richiesta fin dall’inizio dell’anno scolastico, ritardo tanto più dannoso, trattandosi di un alunno con disabilità intellettiva e quindi maggiormente bisognoso di assistenza. Tale richiesta era stata formulata sulla base dell’obbligo di solidarietà sociale che l’articolo 2 della Costituzione impone a tutti e quindi pure agli Enti Locali. Essendosi però la famiglia – per la quantificazione di tale danno – rimessa all’equo apprezzamento del TAR, quest’ultimo ha rinviato a dicembre l’udienza per la trattazione specifica di tale argomento. E tuttavia, da come è stata impostata la richiesta e stando alla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, tutto lascia prevedere che anche questa richiesta dovrebbe essere accolta.

5. Al fine di rendere esigibile il diritto che è stato riconosciuto, il TAR ha nominato un commissario ad acta, con il compito di provvedere egli stesso alla nomina, qualora entro un determinato numero di giorni non lo facesse il Comune o se per lo meno quest’ultimo non provvedesse comunque alla fornitura – anche tramite convenzione con una cooperativa – di un assistente preparato, al fine di assicurare sin dall’inizio del prossimo anno scolastico, la presenza di tale assistente in classe.

6. Il TAR ha pure stabilito che, qualora il commissario ad acta sia costretto ad intervenire in modo sostitutivo all’inadempienza del Comune, egli presenti una denuncia alla Corte dei Conti, per il danno erariale che la nomina del commissario stesso e il suo eventuale intervento sostitutivo causeranno all’erario, per quelle spese che si sarebbero evitate, se il Comune avesse adempiuto spontaneamente alla nomina per tempo di un assistente preparato.

7. In conclusione il TAR, nell’accogliere il ricorso, compensa però le spese di giudizio tra le parti, sulla base della considerazione che il Comune non sia totalmente inadempiente, avendo fornito un assistente pur se non preparato e pur se per un numero di ore indefinito.

Osservazioni
La Sentenza non appare certo “rivoluzionaria”, ma fa chiarezza sul contenuto dell’obbligo degli Enti Locali che non possono fornire un qualunque assistente, ma uno preparato e per il numero di ore proposto dall’ASL.
Va qui tuttavia osservato che anche questa – come molte altre decisioni, dello stesso Consiglio di Stato – basa il proprio pronunciamento non sulla necessità di rispondere a bisogni educativi speciali, accertati prevalentemente dal mondo della scuola, ma su valutazioni e certificazioni mediche. Anche la quantificazione delle ore, infatti, si basa su valutazioni di questo tipo, mentre invece l’articolo 10, comma 5 della Legge 122/10 fonda il diritto a un certo numero di ore basandosi sul PEI (Piano Educativo Individualizzato) che, pur essendo anch’esso predisposto sulla base di valutazioni sanitarie (Diagnosi Funzionale), viene però elaborato in sede di GLHO (Gruppo di Lavoro Handicap Operativo) e quindi anche dai docenti della classe e dalla famiglia, come da Legge 104/92 (articolo 12, comma 5).
Purtroppo questa è una “deriva” di tipo sanitario che – se processualmente giova alla tutela giurisdizionale degli alunni con disabilità – contrasta con l’approccio bio-psico-sociale contenuto ad esempio nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata nel nostro Paese dalla Legge 18/09.

Su un altro versante, sembra poi contraddittoria la decisione di compensazione delle spese di giudizio tra le parti, dal momento che il TAR ha riconosciuto che la soluzione offerta dal Comune alla famiglia fosse del tutto inadeguata a soddisfare il diritto dell’alunno. Nella teoria generale delle obbligazioni e nel Codice Civile, infatti, anche un adempimento inadeguato corrisponde a inadempimento e quindi, a seguito di ciò, il Comune avrebbe dovuto essere dichiarato soccombente totalmente e le spese conseguenti avrebbero dovuto seguire la soccombenza, come per legge.
Purtroppo, continuano invece ad essere ancora assai frequenti le pronunce di compensazione delle spese in tutti quei casi in cui ci sia una pur minima giustificazione formale del comportamento dell’Amministrazione, ciò che danneggia ingiustificatamente le famiglie perché, oltre al tempo che esse debbono dedicare a causa delle inadempienze delle Amministrazioni, devono pure accollarsi le spese, per veder riconosciuto un sacrosanto diritto.
Si ritiene quindi – sommessamente – che, ove la famiglia impugnasse questo solo capo della Sentenza, si dovrebbe vedere riconosciuto dal Consiglio di Stato il diritto alla refusione totale delle spese.

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell’AIPD, per gentile concessione.

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