Fino agli anni Ottanta i servizi per le persone con disabilità fisica e intellettiva in Grecia venivano erogati esclusivamente sotto forma di cure istituzionalizzanti e segreganti. Tale sistema includeva istituti, ospedali psichiatrici e case di ricovero di varie dimensioni, che operavano come “luoghi di confino” più che di cura, in condizioni di povertà e di personale insufficiente e non qualificato.
Le denunce delle condizioni inumane in queste strutture – specialmente quelle che hanno interessato l’Ospedale Psichiatrico dell’Isola di Leros – hanno sollevato reazioni sia a livello nazionale che internazionale, ottenendo come risultato un vasto e pluriennale programma di deistituzionalizzazione e la creazione di nuove unità all’interno della comunità, grazie anche al supporto dell’Unione Europea.
In questo quadro, e a partire dal 1990, due dei nove grandi ospedali psichiatrici pubblici sono stati chiusi, mentre i rimanenti sono andati a poco a poco riducendosi, cosicché su tutto il territorio nazionale sono state create trecento nuove unità psicosociali e di riabilitazione basate sulla comunità (ostelli, case famiglia, centri diurni ecc.).
Pochi dati, poche cure
E tuttavia questo progetto di riforma ha portato con successo a modificare il sistema dei servizi per la salute mentale, ma ha sostanzialmente fallito nell’influenzare significativamente la situazione riguardante le istituzioni per le persone con disabilità fisica e intellettiva. Tali centri, infatti, inclusi quelle per i bambini e gli adolescenti, continuano ad operare come strutture di cura chiuse, molte delle quali in condizioni di estrema povertà.
Nel Paese, dunque, c’è ancora un esteso sistema istituzionalizzante, che comprende grandi istituti pubblici e numerosi piccoli istituti privati, fondati da organizzazioni caritatevoli. Queste strutture operano sotto la supervisione del Dipartimento per il Welfare del Ministero della Salute e della Solidarietà Sociale il quale ha però fallito nello sviluppare un sistema effettivo che possa rendere possibili registrazioni, controllo e valutazioni delle loro attività.
Non c’è alcun dato ufficiale o attendibile riguardante il numero e il tipo degli istituti, men che mai informazioni sul numero, le caratteristiche socio-demografiche e le problematiche che presentano i bambini e i giovani all’interno di queste strutture. Sono dunque molti gli ostacoli che impediscono la valutazione dei bisogni dei giovani con disabilità all’interno degli istituti greci.
Ad oggi si stima che esistano circa trentaquattro istituti pubblici, con una capienza che va dai quaranta ai quattrocento ricoverati. Essi ospitano circa tremila persone di tutte le età (esclusi i cittadini anziani), con disabilità fisiche e intellettive. Tra questi sono inclusi cinque centri di cura per bambini (KEPEP), che si occupano di piccoli pazienti con malattie croniche (incurabili), disabilità fisiche e intellettive, con una capacità complessiva di circa trecento ricoverati.
Vanno poi aggiunte le decine di piccoli istituti privati (creati, come accennato, da organizzazioni caritatevoli o legate alla chiesa) che hanno al proprio interno altre tremila persone con disabilità.
In totale, quindi, circa seimila persone con disabilità rimangono in strutture istituzionalizzanti pubbliche o private e la maggior parte di loro per molti anni o per tutta la vita.
Approssimativamente il 30% di questi ricoverati sono bambini, adolescenti e giovani. Si tratta di centri che non hanno stabilito criteri di ammissione espliciti relativi all’età, al tipo di disabilità, o alla funzionalità residua, ammettendo invece, in modo indiscriminato, persone con tanti bisogni e spesso molto differenti tra di loro.
La maggior parte di queste strutture (il 65%) si occupa di persone che vanno dai 2 ai 36 anni, un fatto, questo, che combinato alle scarse risorse disponibili per le loro attività in termini di finanziamenti e risorse umane, significa che l’erogazione di cure specialistiche è limitata o inesistente, in particolare per i bambini, gli adolescenti e i giovani con disabilità.
Deistituzionalizzazione al PIKPA di Leros
La dimensione reale dei problemi nati dall’istituzionalizzazione è venuta alla luce solamente nei primi anni Novanta, quando è stato sviluppato in Grecia il primo progetto di deistituzionalizzazione per persone con disabilità fisica e intellettiva, riguardante un istituto di Leros (PIKPA), dedicato a bambini con bisogni speciali.
L’iniziativa è stata condotta da un gruppo di specialisti in ambito di salute mentale, sotto la direzione di chi scrive.
All’avvio del progetto, nella struttura erano presenti 165 ricoverati tra gli 8 e i 46 anni, dei quali 32 (il 20% del totale) bambini e adolescenti. Le condizioni di vita e sanitarie sono state considerate inaccettabili e quanto meno degradanti: cibo povero, ricoverati stipati in corsie da quaranta letti insufficientemente riscaldate, niente ascensori o ausili per la mobilità e la maggior parte dei pazienti costretti a letto senza supporti per la mobilità.
Evidente inoltre anche la carenza di personale specializzato e di cure mediche, infermieristiche e fisioterapeutiche, la totale assenza di apparecchiature specialistiche o di materiale didattico e l’uso estensivo di metodi violenti o di restrizioni fisiche da parte del personale.
In generale si è riscontrato che le persone ricoverate a Leros, fin dall’infanzia, avevano sofferto di terribili forme di istituzionalizzazione, di privazioni estreme, di un trattamento trascurato e carente, con tragiche conseguenze sul loro sviluppo fisico e sociale.
Una volta concluso il progetto, i miglioramenti nel sistema delle cure e la qualità di vita sono stati quasi logici, così come, in parallelo, è aumentata significativamente la capacità dei pazienti di comunicare e di prendersi cura di sé, insieme ai contatti con i familiari.
Dopo una serie di percorsi di formazione, lo staff dell’istituto ha via via modificato i propri metodi inaccettabili e anche l’attitudine negativa verso le persone con disabilità. E ancora, i livelli delle condizioni di vita e quelli sanitari sono stati innalzati, i locali rinnovati e modernizzati.
Infine, il progetto ha previsto la creazione di un ostello per otto persone a Leros e uno per undici ad Atene, mentre altri ricoverati sono stati accolti in famiglie adottive.
Leros non ha fatto scuola
Il risultato del progetto aplicato al PIKPA di Leros ha dimostrato che la deistituzionalizzazione e le procedure di reintegrazione possono essere applicate con successo anche in istituti dove le attitudini di “ricovero estremo” sono fortemente radicate.
Sfortunatamente lo sforzo di questo intervento non ha trovato seguito, dal momento che nessun altro progetto di deistituzionalizzazione è stato sviluppato, con il risultato che sono ancora assai diffuse condizioni di estremo degrado della qualità della vita dei ricoverati.
Nel 2001 un gruppo di esperti indipendenti ha visitato tre centri per bambini (KEPEP), riscontrando che le loro condizioni non erano dissimili da quelle dell’Istituto di Leros. In particolare, la natura degli interventi era caratterizzata da condizioni di istituzionalizzazione estrema: alcuni ricoverati erano isolati, nessuno di loro possedeva oggetti personali né si poteva contare su qualsivoglia materiale didattico. Il personale, inoltre, era troppo esiguo e quello presente ben poco formato, a comporre un quadro generale di istituti del tutto isolati dalle comunità locali.
Vale la pena ricordare che uno studio del 2004 sui diritti delle persone con disabilità intellettiva e sul loro accesso all’istruzione e al lavoro in Grecia – scaturito nell’ambito del programma transnazionale EUMAP (EU Monitoring and Advocacy Program) – ha rivelato che i bambini, gli adolescenti e i giovani con disabilità che rimangono negli istituti hanno un accesso limitatissimo all’educazione, alla formazione e al lavoro di ogni tipo (supportato, protetto ecc.). In particolare si registra una completa assenza di istruzione e lavoro per i ragazzi con disabilità gravissime, che sono quindi completamente abbandonati dalla società.
C’è molto da lavorare
Solo di recente è stata riconosciuta in Grecia la necessità di chiudere gli istituti per persone con disabilità intellettiva o fisica. Nel 2003, ad esempio, sono stati lanciati sei progetti di deistituzionalizzazione che consistono nella formazione di personale specializzato e nella creazione di strutture basate sulla comunità.
Tali iniziative sono state realizzate nell’ambito di un più ampio programma, cofinanziato dall’Unione Europea e denominato Salute e Welfare – Graduale reintegrazione delle persone con bisogni speciali nella vita socio-economica, e promozione della vita indipendente.
Come primo risultato, 129 persone con disabilità sono state deistituzionalizzate, con la creazione di cinque ostelli basati sulla comunità per la riabilitazione psicosociale. In più il Dipartimento Centrale del Ministero della Salute ha cominciato a raccogliere tutti i dati operativi relativi agli istituti in Grecia.
Inoltre, sono state create, in varie regioni, diciassette strutture aperte per l’assistenza sociale alle persone con disabilità, in grado di fornire counselling, aiuto per l’accesso ai servizi, training, riabilitazione funzionale e integrazione sociale.
Si tratta tuttavia di interventi ancora modesti poiché riguardano solo una piccola parte del numero totale degli istituti operativi nel Paese e coinvolgono quindi un ristretto numero di soggetti, se confrontato alle migliaia di persone con disabilità che continuano ad essere confinate in istituti e segregate dalla società.
Tra questi, poi, ci sono ancora decine di bambini e adolescenti che vivono in condizioni degradanti, in aperta violazione dei loro diritti umani, senza cure di buon livello, istruzione, riabilitazione psicosociale e integrazione nella vita della comunità.
In tal senso i resoconti provenienti dagli istituti colpiscono ancora molto l’opinione pubblica greca e finiscono spesso sulle prime pagine degli organi di stampa.
Nell’ottobre del 2006, ad esempio, un programma televisivo ha mostrato alcune immagini choccanti che documentavano la situazione dell’Ospedale Infantile Psichiatrico di Attica, dove sono ricoverati bambini e adolescenti con disabilità intellettive. Ma nonostante ciò, pur essendone stata annunciata la chiusura ormai sei anni fa, tale struttura continua a restare aperta.
*Docente di psichiatria infantile, direttore scientifico dell’APHCA – Associazione per la Salute Psicosociale dei Bambini e degli Adolescenti di Atene.
Traduzione e adattamento del testo a cura di Giuliano Giovinazzo.
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