Il sogno di Oscar diventato realtà

a cura di Laura Sandruvi
Lo abbiamo incontrato durante gli allenamenti a Gemona del Friuli (Udine), prima della partenza per Londra, ove è stato il primo atleta disabile nella storia a partecipare alle Olimpiadi. Ora si prepara a difendere i suoi titoli alle Paralimpiadi. Oscar Pistorius sorride anche delle polemiche, è continua ad essere un vero simbolo di tenacia e determinazione
Oscar Pistorius e Laura Sandruvi
Oscar Pistorius con Laura Sandruvi, sul campo di allenamento di Gemona del Friuli (Udine) (Foto Soravito)

A Londra, dunque, Oscar Pistorius è diventato il primo disabile nella storia a partecipare alle Olimpiadi tra le fila dei normodotati. Un traguardo davvero difficile, ma che ha portato una gioia infinita all’atleta, impegnato per molti giorni in luglio con gli allenamenti a Gemona del Friuli (Udine), città divenuta la vera “seconda casa” per lo sportivo, testimonial del progetto Gemona Città dello sport e del benstare.
«Questa iniziativa – ci spiega il sindaco della città friulana Paolo Urbani è nata dalla necessità di voltare pagina dopo la ricostruzione della città in seguito al terremoto del ’76 e di dare fiato all’economia locale. La nostra scelta si è orientata su una figura come quella di Pistorius, sapendo che la sua persona avrebbe attirato sul progetto e sulla città non solo l’attenzione del mondo sportivo in senso stretto, ma anche un “mondo” che ogni giorno si batte per far valere i suoi diritti, cercando l’integrazione con tutte le forze».

Sempre molto disponibile, prima di partire per Londra, il campione sudafricano ha voluto salutare i sindaci di Gemona e di Montenars e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione per conoscerlo. «Ero in palestra ad allenarmi – ci ha raccontato – quando ho avuto la notizia della convocazione. Ho passato due giorni di vera euforia. Puntavo da anni a questo obiettivo, sono molto contento».
«Negli ultimi anni – ha poi aggiunto – grazie alle Paralimpiadi, la gente ha capito che la disabilità è una condizione che non deve preoccupare; sono le “abilità a renderci abili” e non le “disabilità a renderci disabili”. Nulla come lo sport ci unisce, spero di poter essere un riferimento».
E a proposito di Paralimpiadi, quelle di Londra sono ormai imminenti, essendo in programma a partire dal 29 agosto prossimo. Esse sono state definite come «il secondo evento sportivo dopo le Olimpiadi», davanti addirittura ai Mondiali di Calcio e a quelli di Nuoto. Vi parteciperanno infatti più di 4.000 atleti e ben 165 saranno i Paesi in lizza, con una notevole visibilità anche a livello mediatico. Si può quindi realmente parlare di un nuovo modo di pensare, grazie anche ad atleti straordinari come Pistorius, inserito tra le prime cento persone più influenti dalla rivista inglese «Time» e nel mese di luglio in copertina di «Men’s Health».

Tornando alla partecipazione alle Olimpiadi, Oscar ha ormai dimenticato le note polemiche sulle sue protesi, dopo che è stato scientificamente dimostrato che esse non provocano vantaggi: «Non posso più perdere tempo a convincere tutti – ci ha detto -, ad occuparmi delle malignità. Voglio solo pensare a correre, correre veloce. L’obiettivo per Londra? Ovviamente il mio sogno è arrivare in finale!». E alla finale dei 400 metri ci è andato vicino, raggiungendo invece, con la Nazionale del Sudafrica, quella della staffetta 4×400.
Ora è atteso alle Paralimpiadi, che «per me saranno – ha sottolineato – altrettanto importanti. Vi difenderò i titoli nei 100, nei 200 e nei 400 e correrò anche la staffetta 4×100, confrontandomi con avversari di grande valore, molto veloci».

Oscar è arrivato al traguardo delle Olimpiadi dopo cinque anni di duro lavoro, a Roma ha corso la sua prima gara, mentre nel 2011, a Lignano Sabbiadoro (Udine), ha raggiunto il suo record nei 400 metri, con il tempo di con 45”07. Ha vinto quattro medaglie d’oro e una di bronzo alle Paralimpiadi, imponendosi nel 2008 a Pechino nei 100, nei 200 e nei 400 metri.
Con le sue protesi in fibra di carbonio Cheetach, il “fenomeno Pistorius” è divenuto ormai il testimonial “della normalità”. Può correre, gareggiare alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi, insegnando a tutti che una disabilità equivale a molte altre abilità, basta solo metterle a frutto.
Il nostro Dream Runner – prendendo spunto dal titolo della sua ultima autobiografia, scritta con Gianni Merlo – è diventato insomma il simbolo della tenacia e della determinazione. Una meravigliosa lezione di vita.

Semifinale dei 400 metri alle Olimpiadi di Londra 2012, con Oscar Pistorius
Oscar Pistorius al centro, durante la semifinale dei 400 metri alle recenti Olimpiadi di Londra

Di Oscar Pistorius e in particolare delle polemiche che hanno accompagnato anche la sua recente partecipazione olimpica a Londra, Franco Bomprezzi, direttore responsabile della nostra testata, si è occupato recentemente, con un testo intitolato Pistorius da Oscar, pubblicato in FrancaMente, suo blog di «Vita.it», di cui ben volentieri, per gentile concessione, riprendiamo qui di seguito le parti più significative.

«Nel nome forse un destino. Oscar Pistorius è arrivato a Londra dopo una vita incredibile, non per la sua disabilità, l’amputazione di entrambi i piedi quando era bambino, ma per la successiva scelta di cimentarsi alla pari nella corsa. Se Pistorius si fosse limitato a vivere bene, con le protesi, un’esistenza normale, facendo le cose che la società ritiene compatibili con il suo handicap fisico, non avremmo mai vissuto questo scricchiolio dei benpensanti, questa “crociata reazionaria” a difesa della purezza dello sport olimpico dei “normodotati” (orribile termine riesumato per l’occasione).
Pistorius in semifinale a Londra, non nelle Paralimpiadi, ma proprio nei giochi “di tutti” (sic!) è una bestemmia, un’“eresia inaccettabile”. E poco importa che le autorità olimpiche internazionali abbiano fatto di tutto per impedirglielo, sostenendo una battaglia tecnico-legale pazzesca pur di dimostrare l’indimostrabile, e cioè che le protesi al carbonio, al posto di piedi e caviglie naturali, sarebbero un “vantaggio” e non, com’è ovvio anche per un bambino, un difficile compromesso tecnologico, per riprodurre, nei limiti del possibile, il movimento naturale degli arti.
Nessuno oggi sembra ricordare che Pistorius gareggia perché ha vinto questa battaglia tecnico-legale ed è stato ammesso non perché l’opinione pubblica mondiale era con lui, ma perché sono stati fatti e superati tutti i test possibili di sollecitazione meccanica e di simulazione della prestazione. Il resto ce l’ha messo lui, con il suo carattere, la forza, la qualità atletica, gli sponsor, la famiglia, la rete delle amicizie, la semplicità, la grandezza umana.
Oscar Pistorius è un grande campione di sport e di umanità. Questo oggi si dovrebbe scrivere e pensare. E invece succede che il “razzismo inconscio” nei confronti della disabilità stia giocando un brutto scherzo anche a giornalisti famosi, come Aldo Cazzullo, in “Corriere della Sera.it”, mentre ad esempio Gianni Riotta, su “La Stampa.it” riesce a raccontare da grande inviato (dimostrando ancora una volta che la sua vera qualità è nella scrittura) la storia di Oscar con tanti dettagli autentici, che restituiscono alla vicenda sportiva anche una dimensione umana a tutto tondo.
E meno male che nel blog InVisibili, sempre del «Corriere della Sera.it», Claudio Arrigoni ripercorre con pazienza e determinazione la storia di Pistorius rimettendo le cose a posto: “Il massimo organismo decisionale dello sport mondiale, il Tas di Losanna – scrive Arrigoni – chiamato a dirimere la questione dopo che la Federazione Internazionale di atletica leggera aveva vietato a Pistorius di partecipare a proprie gare, ha deciso che Pistorius può correre. Lo deve fare con quelle protesi che sono state testate, nate nel secolo scorso (era il 1996) e che lui usa dal 2004. Francamente, a ben vedere, verrebbe da pensare che anche questa sia un’ingiustizia. Visto che quelle protesi danno ancora svantaggi, perché non può usarne di nuove, migliori, che finalmente avvicinino le sue prestazioni a quelle che di un piede e una gamba umana?”.
E allora anch’io mi permetto di avanzare alcune riflessioni che lascio volentieri al commento di chi leggerà queste righe.
Penso che nel mondo, in questo periodo di crisi e di tormenti, gli opinion-makers vincenti siano quelli che rassicurano le masse, proponendo il rispetto di regole antiche, e di ripartizioni in classi sociali non modificabili.
Penso che le persone con disabilità, di questi tempi, costituiscano un peso insostenibile per tutti coloro che aspirano a un mondo dominato dalla perfezione e dalla prestazione di eccellenza.
Penso che l’aspirazione a vivere alla pari, senza sconti e senza favori, sia davvero un’arma rivoluzionaria a disposizione del movimento delle persone con disabilità, che invece troppo spesso sembra accettare, subire in modo rassegnato, l’idea della separazione, della specializzazione, dell’intervento selettivo ed emarginante.
Penso che nel nostro futuro assisteremo ad ulteriori invasioni di campo, non solo nello sport, ma in tutte le attività umane, e che la disabilità potrebbe rappresentare una delle nuove cartine di tornasole per giudicare la qualità delle democrazie e dei livelli di welfare.
Penso che il razzismo oggi assuma sembianze ambigue, sfumate, impercettibili, e che spesso la disabilità sia un terreno di coltura delle peggiori intolleranze, ma anche un formidabile anticorpo contro la stupidità umana.
Penso che Pistorius sappia tutto questo, e che con il suo sorriso abbia già vinto il suo personale Oscar.

Franco Bomprezzi».

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