Quei numeri sull’inclusione che devono far riflettere

«Nei giorni scorsi – scrive Gianluca Rapisarda – l’ISTAT ha pubblicato il consueto report annuale sugli alunni/alunne con disabilità e sui docenti per il sostegno dai cui dati si possono ricavare informazioni preziose e molto utili per scattare una “fotografia” dell’attuale stato di  salute del modello italiano d’inclusione scolastica che, da quanto emerge da quel rapporto, a 47 anni dall’avvio di essa, con la Legge 517/77, presenta indubbiamente dei punti di debolezza e criticità sui quali riflettere e da cui bisogna partire per individuare strumenti e modalità per migliorarli»

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Inclusione scolastica: un gelido clima e un clamoroso caso di discriminazione

«In questi ultimi mesi – scrive Salvatore Nocera – si sta diffondendo un gelido clima culturale e sociale contrario all’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità e una vicenda paradigmatica è quella accaduta in Umbria, a Foligno, dove un’alunna con disabilità certificata “non grave”, frequentante la scuola media, è stata esclusa dalla partecipazione alla visita di istruzione in Spagna. Un caso veramente grave, questo, per il reiterato diniego della scuola ad ogni “accomodamento ragionevole” proposto»

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Come ovviare agli attuali “mali” del nostro modello inclusivo

«Ho seguito con interesse – scrive Gianluca Rapisarda – la proposta presentata recentemente sulla cosiddetta “cattedra inclusiva” o “mista”, in riferimento all’inclusione degli alunni e alunne con disabilità. Nello spiegare perché non la ritengo né utile né praticabile, colgo anche l’occasione per un’analisi a trecentosessanta gradi dell’attuale sistema di inclusione scolastica del nostro Paese, ad ormai quarantasette anni dall’avvio di essa, con l’emanazione della Legge 517/77»

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A proposito della “cattedra inclusiva” (o meglio “cattedra mista”)

«Dopo la presentazione al tradizionale convegno Erickson di Rimini – scrive Salvatore Nocera – e la recente presentazione a Roma della “cattedra inclusiva”, o più correttamente “cattedra mista”, si è aperto – come è giusto che sia – un ampio dibattito su questa ipotesi didattica. Stimo molto i proponenti della novità, con i quali collaboro da decine d’anni, ma devo pubblicamente dissentire da questa proposta, poiché, a mio sommesso avviso (e non solo), essa non è concretamente realizzabile per una serie di ragioni che provo ad elencare»

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Serve la bussola, per non fare… “pessime saldature” sull’inclusione scolastica

A partire dall’ingegneria navale e dalle “saldature che non vengono eseguite a regola d’arte”, un’attenta disamina e una riflessione sulle recenti “esternazioni” di Ernesto Galli della Loggia riguardanti la scuola e l’inclusione scolastica di alunni e alunne con bisogni educativi speciali, che tanto hanno fatto discutere anche sulle nostre pagine. «Se il criterio di cancellazione di un principio – scrivono tra l’altro dalla Famiglia Quaglierini – fosse quello della sua mancata o della sua carente realizzazione, l’elenco delle cose da abolire sarebbe molto lungo…»

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Perché è impossibile specializzare sul sostegno tutti gli insegnanti curricolari

«Il progetto di legge sulla cosiddetta “cattedra inclusiva” – scrive tra l’altro Flavio Fogarolo – è impossibile da realizzare, prima di tutto perché avrebbe un costo enorme, assurdo e improponibile, ma anche perché, ammesso che si trovassero i soldi per realizzarlo, le Università dovrebbero accogliere 80.000 corsisti (quasi tre volte in più di adesso) che, essendo il corso biennale, diventerebbero 160.000 dal secondo anno. Si pensa davvero che lo farebbero?»

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L’inclusione non è un personaggio in cerca d’autore

«La normativa in materia di integrazione e inclusione scolastica c’è – scrive Marco Condidorio – e certo, è necessario applicarla, diminuire gli alunni-studenti per classe, diffondere la cultura del successo formativo, sociale e umano per tutti gli allievi, nessuno escluso, con il supporto di personale educativo scolastico debitamente formato, ma non può essere una proposta come quella della “cattedra inclusiva” o “mista” a risolvere i problemi della continuità didattico-educativa, dell’impreparazione del personale educativo e per l’istruzione, dell’assenza degli insegnanti per il sostegno»

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Ma non bastava chiedere scusa?

«Il professor Galli della Loggia – scrive Federico Girelli – è stato da più parti giustamente criticato (anche da chi scrive) per quanto scritto con riferimento all’inclusione scolastica. Successivamente ha replicato alle critiche ricevute con un secondo intervento. Mi chiedo: come mai a volte nelle persone intellettualmente avvertite la vanagloria supera le indiscusse doti intellettuali? Non bastava chiedere anche in questo caso semplicemente scusa? Ammettere di aver sbagliato?»

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Proposte sull’inclusione scolastica contrarie alla pedagogia e alla Costituzione

«Gli articoli di queste settimane del professor Galli della Loggia – scrive Salvatore Nocera – hanno scatenato un dibattito culturale che mi ha rimandato indietro di oltre 50 anni, quando si cominciò a parlare di inserimento e di integrazione scolastica. Ma se egli avesse tenuto conto del valore costituzionale del diritto all’inclusione degli alunni e delle alunne con disabilità, non avrebbe avanzato le sue proposte anacronistiche, almeno per l’Italia, ma avrebbe potuto e dovuto formulare delle proposte coerenti col dettato costituzionale e con le più avanzate conquiste della pedagogia»

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Quella replica non è una “toppa” e non è “peggio del buco”: è il buco stesso!

«Le tante critiche suscitate dal primo intervento di Ernesto Galli della Loggia sulla scuola e l’inclusione scolastica – scrive Fabio Bocci – lo hanno spinto a pubblicare, sempre sul «Corriere della Sera», un nuovo articolo, questa volta più lungo e articolato, ma ci viene da dire che la sua risposta a chi lo ha criticato non sia una “toppa” e che non sia “peggio del buco”, in quanto rappresenta ciò che è: il buco stesso»

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