Il 2009 ha coinciso con l’ottantesimo anniversario di costituzione del Comitato Sportivo Sordomuti Italiani (CSSI), precursore della gloriosa e assai più nota Federazione Sport Silenziosi d’Italia.
Tutto era partito qualche anno prima, esattamente nel 1924 a Parigi, con la nascita dei Giochi Sportivi Internazionali Silenziosi. Il 16 agosto 1924, infatti, in un locale del “Café de la Porte Dorée”, al 275 di Avenue Dumesnil, presso la Porte de Vincennes, si riunirono Eugène Rubens-Alçais e Alexandre Bascoul (Francia), Antoine Dresse e Walter Dedecker (Belgio), il reverendo Vernon Tones (Gran Bretagna), G.M. Koudys e Henk Nederlof (Paesi Bassi), A. de Szalay (Ungheria), K. Wlortowski e J. Chriniawski (Polonia), J. Mendersohn (Romania), J. Riha (Cecoslovacchia) e Roberto De Marchi (Italia), che elessero una commissione provvisoria, conferendo la presidenza della stessa a Rubens-Alçais e nominando segretario Dresse.
Il neopresidente sottolineò la necessità della formazione di una Federazione Sportiva Internazionale di Sordomuti, che dopo un fruttuoso scambio di vedute con gli altri membri della Commissione, si decise di chiamare Comité International des Sport Silencieux, avente per scopo di stabilire un’intesa fra tutte le Federazioni Sportive di Sordomuti esistenti a quell’epoca e nei tempi futuri. Fu poi Dresse ad esporre i princìpi che sarebbero serviti per redigere lo Statuto del nuovo organismo, per amministrarlo e per istituire i Giochi Quadriennali dei Sordomuti.
Nel Comitato Esecutivo entrarono Rubens-Alçais (presidente, come si è detto), Koudy e Riha (vicepresidenti), Dresse (segretario-tesoriere), Tones, Bascoul e Dedecker (consiglieri).
Quel primo evento internazionale fu seguito dal giovane Emidio Pacenza, milanese di adozione e napoletano di nascita, accompagnatore e primo tifoso di Roberto De Marchi. E fu proprio Pacenza a darsi poi da fare, a Milano, per costituire una società sportiva, allo scopo, come egli stesso sottolineò, di « uscire da questo doloroso marasma – la vita dei sordomuti del tempo, secondo Pacenza, era paragonabile a un grave “decadimento confusionale che generava caos” – e balzare alla luce del sole, per vivere una vita di moto, di lavoro e di perfezionamento morale, per poi venire a contatto con quelli che mal ci giudicano. Ma per avere una più giudiziosa considerazione da parte del consorzio umano è assolutamente necessario convertire i nostri stati d’animo rozzi e quasi selvatici in quelli della comprensione e del reciproco rispetto, con tanta fiducia e buona volontà».
E tuttavia l’Italia non aveva ancora una Federazione sportiva. Dagli atti storiografici e dal testo del libro FSSI 1924-1971, scritto da Francesco Rubino e stampato presso l’Istituto Professionale ENS (Ente Nazionale Sordomuti) di Trieste, risulta che «le prime società sportive di sordi si costituirono nel 1925: S.S. Silenziosa di Milano e C.S. Assarotti di Genova», ambedue sorte per iniziativa di sordi del tempo guidati da Emidio Pacenza, con lo scopo «di diffondere l’educazione fisico-morale e i sani esercizi sportivi fra i sordomuti».
Ma non bastavano le sole città di Milano e di Genova e dunque, avvertiva Pacenza, «per avere lo sport fra i sordomuti», occorreva diffonderlo anche in altre località, per essere in grado di formare una squadra nazionale, e poter competere contro i sordi dell’estero che nello sport, a quel tempo, erano già «nel massimo splendore».
Grazie dunque all’intensa propaganda di Pacenza, lo sport fra i sordi cominciò a prender vita e forma e nel 1926 si disputarono due incontri di calcio, uno fra i sordomuti di Milano e di Genova (1-2 per Genova), l’altro di una selezione mista di sordomuti delle due città, contro una società sportiva composta di udenti (1-0 per i sordomuti).
Era evidente come lo sport fra i sordi cominciasse a farsi strada anche nel nostro Paese e a dare segni di buona volontà e capacità, malgrado le diffidenze e il pessimismo di certuni che, scriveva Pacenza, «non avevano altro pregiudizio che quello di rendere meno colorata e gaia la vita dei sordomuti desiderosi di competere con gli udenti, ben sapendo che lo sport è l’unica arma e l’unica forza capace di risvegliare tutti gli assopiti valori morali portandoli alla viva luce del sole, della vita che già operava e guardava all’avvenire migliore».
Ma ormai lo sport in Italia aveva la sua ragione di essere e la “Silenziosa” di Milano era sulla strada dell’avvenire. Pacenza – che ne era il presidente -, aveva preso accordi con la Società Sportiva fra i Sordomuti di Genova, per arrivare a un incontro dimostrativo, che sarebbe stato il punto di partenza delle future manifestazioni nazionali e internazionali, avendo ormai l’Italia dei sordomuti la possibilità di formare una Squadra Nazionale, composta di elementi di Milano, Genova e Cremona.
La notizia di quell’ incontro – disputatosi il 30 agosto 1926 (e dove i genovesi vinsero per 6-0) – riscosse molto interesse fra i sordi del tempo, i quali si erano augurati di «poter vedere presto la gioventù silenziosa affermarsi e rivelarsi all’Italia intera». E fu esattamente così!
Nel 1928, tuttavia, nonostante il grande impegno profuso da Pacenza, l’Italia non fu ammessa alla seconda edizione dei Giochi Mondiali Internazionali di Amsterdam dei Sordi, perché ancora mancante di una propria organizzazione nazionale.
Rammaricato per l’esclusione, lo stesso Pacenza si propose di dar vita, con altri volenterosi sordi del tempo, al Comitato Sportivo Sordomuti Italiani, ma per attuare il progetto, dovette scontrarsi con l’ostinata incomprensione di non pochi elementi del suo tempo, i quali non credevano nel valore sociale e morale dello sport fra i sordi, di cui egli era, invece, un tenace assertore.
Fu quindi la stessa Società Sportiva Silenziosa di Milano – non esistendo ancora un organismo sportivo a carattere nazionale – a prendere con grande determinazione l’iniziativa di indire, l’anno successivo, il primo incontro internazionale di calcio, contro la Svizzera, che già aveva una propria Federazione, per costringere gli organismi sportivi competenti ad appoggiare l’idea della formazione di una struttura sportiva nazionale fra i sordomuti.
La responsabilità della formazione della squadra azzurra – con elementi provenienti da varie città e militanti in squadre della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) – fu affidata a un tecnico della Federazione stessa, Gaudenzi. In campo scesero per l’Italia Bertoni, Vecchiotti, Pontiggia, Birroni, De Marchi (capitano), Mazzarello, Lotteri, Magnetto, Nizzi, Toffano e Bajo.
Già al quinto minuto gli Azzurri ottennero il loro primo gol, per merito di Magnetto, su passaggio di Nizzi. Gli svizzeri, a differenza dei nostri, si rivelarono poco sicuri sul pallone, stentando a ritrovarsi. Al 9’ e all’11’ altri due gol, segnati da Toffano e Magnetto. Al 17’, veloce discesa svizzera sventata dal pronto intervento del portiere. Poi una continua superiorità italiana sino alla fine del primo tempo e altri due gol al 21’ di Lotteri e al 35’ di Nizzi, mentre gli svizzeri riuscirono a segnare il loro unico punto per merito di Degen. Nella ripresa, nonostante la miglior difesa da parte degli elvetici, altri quattro gol italiani, con Nizzi (8’), Toffano 2’ e 34’) e Magnetto (23’), per un risultato finale di 9-1.
Il 22 ottobre di quello stesso 1929, la Nazionale ricambiò la visita agli svizzeri, con un incontro disputato a Lugano e ancora una volta a dominare furono gli Azzurri, che vinsero per 4-0.
Dopo quei due incontri – che ebbero una grande influenza sull’opinione pubblica – Pacenza volle a tutti i costi rendere operativo il CSSI, già da tempo costituito, ma non ancora effettivamente operante. Chiese pertanto la collaborazione diretta delle società sportive di sordi che nel frattempo si erano costituite in Italia, oltre che a Genova, anche a Torino, Cremona e in altre città.
Questo il testo di un articolo apparso sulla «Gazzetta dello Sport» nel 1930, poco dopo la costituzione del CSSI, che ebbe la propria sede a Milano: «Così Milano ha dato l’esempio e da Milano, dove esisteva, in via Piave, la sede del Comitato Sportivo Sordomuti Italiani, è partito l’incitamento che doveva servire a dar presto numerosi ed entusiastici cultori in tutta Italia. Un modesto locale in via Panfilo Castaldi, con pochi tavolini e poche sedie e alle pareti le fotografie dei migliori atleti sordomuti, è la sede della Società Sportiva Silenziosa, dove ogni sera si radunano i soci, a parlare di allenamenti e di gare. Qui ci ha introdotto il sig. Pacenza, presidente del Comitato Sportivo Sordomuti Italiani e anima dello stesso Comitato. Miracolo sublime della scienza fisio-pedagogica! Pacenza, pure lui sordomuto, dopo un corso di più di dieci anni, sa farsi comprendere da tutti con sufficiente chiarezza e ci parla di sport “silenzioso”, con entusiasmo e fede e ci dice che “fino a pochi anni fa non si parlava di possibilità sportive dei sordomuti in Italia, e noi intristivamo così in una vita di inerzia ed esclusivamente contemplativa”. In altre nazioni europee, invece, lo sport veniva già praticato e con ottimi risultati, dai nostri confratelli. E fu così che, nel 1924, io ebbi occasione di parlare con un membro del Comitato Internazionale degli Sport Silenziosi, sorto proprio in quell’anno a Parigi, con l’intento primo di preparare e organizzare le Olimpiadi Silenziose. Fu quella la prima scintilla e subito tentai la propaganda fra i sordomuti raggruppati a Milano, dapprima fra la generale apatia, ma poi fra un sempre crescente interesse, tanto che un anno più tardi, 1925, potevo fondare la Società Sportiva Silenziosa, che ebbe sede per due anni in via Cappellari, poi fino a pochi giorni or sono in Corso Buenos Aires, e ora in questo locale, ma spero si potrà presto trovare una sede più ampia.
Incoraggiato da questo primo successo, ho tentato di diffondere la nuova idea fuori della Lombardia e così l’esempio di Milano poteva essere, a distanza di pochi mesi, seguito da Genova e poi da Torino, da Bologna, da Roma, oggi sono cinque sedi complessivamente dove i sordomuti possono praticare attivissimamente lo sport».
Gli anni della presidenza di Pacenza furono durissimi, per lui e per il suo staff di idealisti sportivi, e costellato di molte amarezze e poche gioie. Una grande soddisfazione fu data dal contributo che si riuscì ad avere da parte del Governo per permettere agli atleti azzurri – calciatori e ciclisti – di partecipare alla terza edizione dei Giochi Internazionali Silenziosi, a Norimberga, in Germania, nel 1931.
Per ottenere quel contributo, Pacenza dovette sudare le proverbiali sette camicie, cercando raccomandazioni a tutti i livelli e chiedendo l’intervento delle autorità politiche per sbloccare la situazione. Ebbe pure il sostegno da parte del direttore del «Popolo d’Italia», il maggiore quotidiano del tempo, dove egli stesso lavorava e al quale aveva esposto i propri timori e il desiderio vivissimo di dimostrare sul campo la grande forza degli sportivi sordi italiani.
Il Comitato continuò poi a funzionare, anche nel dopoguerra, fino al 1953, quando l’istituzione dell’ENS (l’allora Ente Nazionale Sordomuti, oggi Ente Nazionale dei Sordi) ne assorbì la competenza, assicurandone il finanziamento e riformandolo poi con la costituzione dell’FSSI (Federazione Sport Silenziosi d’Italia), che coincideva propriamente con il Centro Nazionale dell’Educazione Fisica e Sportiva dell’ENS.
Tale rimase poi fino al 1990, quando fu sciolto per aderire alla nuova Federazione unificata con altre categorie sportive di disabili, la FISD (oggi CIP – Comitato Italiano Paralimpico), una storia che si concluse nel giro di un paio d’anni, poiché le esigenze dei sordi risultarono troppo dissimili da quelle degli altri atleti con disabilità in genere. E infatti, l’attuale FSSI (Federazione Sport Sordi Italia), pur essendo affiliata al CIP, deve assuefarsi – in campo internazionale – alle normative del Comité International des Sport des Sourds (CISS) che presiede ai Giochi denominati Deaflympics (denominazione assunta dal 2001, al posto dei precedenti World Games for the Deaf), i quali si svolgono l’anno successivo a quello delle Paralimpiadi.
Nemmeno per uno storiografo sordo e “sportivo di vecchio stampo” – come chi scrive – è semplice spiegare e far capire agli organi d’informazioni “estranei” a tali questioni, il motivo per cui gli atleti sordi azzurri che fanno parte dell’FSSI, pur essendo quest’ultima affiliata al CIP, non siano ammessi ai Giochi Paralimpici e debbano optare ai Deaflympics e tuttavia è proprio così. Concludo, quindi, elencando qui di seguito le varie date e località dove si sono svolti i Giochi Estivi per Sordi (dal 1924) e quelli Invernali (dal 1949) che, come detto, dal 2001 sono stati denominati Deaflympics.
Giochi estivi: 1924: Parigi (Francia); 1928: Amsterdam (Paesi Bassi); 1931: Norimberga (Germania); 1935: Londra (Gran Bretagna); 1939: Stoccolma (Svezia); 1949: Copenhagen (Danimarca); 1953: Bruxelles (Belgio); 1957: Milano (Italia); 1961: Helsinki (Finlandia); 1965: Washington (Stati Uniti); 1969: Belgrado (Jugoslavia); 1973: Malmö (Svezia); 1977: Bucarest Romania); 1981: Colonia (Germania); 1985: Los Angeles (Stati Uniti); 1989: Christchurch (Nuova Zelanda); 1993: Sofia (Bulgaria); 1997: Copenhagen (Danimarca); 2001: Roma (Italia); 2005: Melbourne (Australia); 2009: Taipei (Taiwan). Prossima edizione: 2013, Sofia (Bulgaria).
Giochi invernali: 1949: Seefeld (Austria); 1953: Oslo (Norvegia); 1955: Oberammergau (Germania); 1959: Montana-Vermala (Svizzera); 1963: Åre (Svezia); 1967: Berchtesgaden (Germania); 1971: Adelboden (Svizzera); 1975: Lake Placid (Stati Uniti); 1979: Méribel (Francia); 1983: Madonna di Campiglio (Italia); 1987: Oslo (Norvegia); 1991: Banff (Canada); 1995: Kolari (Finlandia); 1999: Davos (Svizzera); 2003: Sundsvall (Svezia); 2007: Salt Lake City (Stati Uniti); 2011: Vysoké Tatry (Slovacchia) (assegnati, ma non disputati). Prossima edizione: 2015, Vancouver (Canada).