Nelle ultime settimane ho potuto assistere sia a grandi testimonianze fornite da persone con disabilità – ad esempio nel contesto delle Paralimpiadi – che ad esperienze negative, legate principalmente ai molti ostacoli fisici e di altra natura cui quotidianamente i disabili stessi debbono far fronte.
Roma, ad esempio, è stata al centro del racconto, pubblicato da «la Repubblica», di Stefano Asaro, tetraplegico atleta di rugby. È il racconto di un’odissea quotidiana fatta di soprusi, ignoranza, maleducazione, degrado, inciviltà. Tanta rabbia, tanta sofferenza, ma anche una grande forza per difendere i suoi diritti di persona, persona autonoma anche se disabile.
Stefano dice: «La verità è che non esiste un pensiero sulle persone disabili, c’è pietà o indifferenza. Invece ciò di cui abbiamo bisogno sono normalità ed eguaglianza». Penso abbia ragione. Ma desidero anche pensare positivo e portare la nostra esperienza, che spero possa dare un contributo utile a tutti, soprattutto alle Amministrazioni Pubbliche e a chi ha il potere per agire verso una vera inclusione.
Nel mese di settembre, l’Università La Sapienza di Roma è stata protagonista di giornate dedicate alle prove di accesso per gli studenti che desiderano iniziare la carriera universitaria. Ebbene, siamo riusciti a seguire circa 290 richieste di assistenza per studenti con disabilità o con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) e a quasi tutti abbiamo messo a disposizione un’aula dedicata e tutte le strumentazioni indispensabili consentite dalle leggi.
Ogni studente ha potuto alla pari degli altri eseguire i test senza disparità di trattamento: ad alcuni è stato affiancato uno studente tutor, ad altri abbiamo messo a disposizione videoingranditori digitali o calcolatrici non scientifiche. Tutti sono stati seguiti personalmente anche nelle pratiche amministrative e di orientamento. E per tre studenti ricoverati nel Reparto di Ematologia del Policlinico, abbiamo – grazie a una collaborazione delle varie strutture – predisposto una aula dedicata presso lo stesso Policlinico.
Abbiamo assistito studenti sordi, ciechi, con handicap motorio, con SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e con patologie oncologiche, cercando di dare loro tutti gli elementi per essere in condizioni paritarie con gli altri studenti. E tutti sono riusciti alla pari degli altri a concludere i test.
È vero, mentirei se affermassi che è stata una “passeggiata”, una cosa da poter definire “normale”, poiché forse, senza la grande disponibilità e il senso di responsabilità di tutti i soggetti dell’Amministrazione che hanno partecipato, tale operazione non si sarebbe realizzata in maniera piena e positiva.
Molto ancora nel nostro àmbito dobbiamo realizzare, a partire da una grande opera di eliminazione delle barriere architettoniche ancora esistenti, ma questo esempio di un’Aministrazione Pubblica che rende un servizio di utilità e di civiltà verso i nostri cittadini può forse rendere meno amara la sfida quotidiana di Stefano Asaro e di tutti quelli come lui che combattono questa battaglia contro l’indifferenza e la negligenza: in questo caso è vero quel che dice Stefano: «La rabbia non serve, fa male, Torniamo a casa, la battaglia per i diritti delle persone disabili è ancora lunga».
Ho anche notato con soddisfazione che Stefano, oltre che essere atleta, è formatore di professione: egli aiuta le persone verso l’autosufficienza. Lo invitiamo allora nella sua Università, quella in cui ha svolto i suoi studi e si è laureato, per un incontro che possa tirare fuori il meglio dai nostri studenti e aiutarli nel loro cammino universitario e – ancor prima – di vita. E magari invitiamo anche Jovanotti, che ha ripreso la sua lettera con parole molte significative!