In questa domenica invernale New York si è svegliata con il sole. Fa ancora freddo, ma in maniera accettabile, anche per un napoletano.
Questo è un sole che trasmette allegria e benessere, perché riempie la città di luce e dona quel tepore che riscalda le guance: proprio la stessa sensazione che prova un delegato come me – dopo la prima settimana di lavori al Comitato Ad Hoc – a rappresentare le persone con disabilità e le loro famiglie.
Allegria e benessere
Allegria perché il metodo di lavoro del presidente MacKay sta dando i suoi frutti: si lavora a ritmi sostenuti affrontando un articolo ogni due ore e questo costringe le delegazioni ad esprimersi su un testo concreto. Alla fine della settimana siamo arrivati ad esaminare ben diciotto articoli (dal quinto al ventiduesimo, più l’avvio della discussione sugli articoli che riguardano le donne e i bambini) e benché molte questioni rimangano aperte, risulta chiaro che finalmente adesso si può parlare di un primo testo realmente condiviso.
Benessere perché il ruolo che MacKay ha riconosciuto alle organizzazioni di persone con disabilità, e in particolare all’International Disability Caucus (IDC), è importante. All’inizio del dibattito su ogni articolo, infatti, il presidente illustra le posizioni in discussione e subito dopo quelle dei governi inserisce i commenti del Caucus. Questo non era mai accaduto prima nel corso dei lavori del Comitato Ad Hoc e mai durante la scrittura di altre convenzioni ONU.
Ciò significa che il movimento mondiale delle persone con disabilità e delle loro famiglie – uno dei pochi di emancipazione ancora attivo in un mondo che assorbe e diluisce tutte le proteste – sta dando un contributo importante non solo ai diritti dei 600 milioni di persone con disabilità, ma anche a quel processo di democratizzazione dell’ONU con cui si chiede a quest’ultimo di rappresentare non solo i governi, ma anche i popoli.
Discussioni aperte
Non c’è dubbio che molti temi legati agli articoli già affrontati richiederanno un’ulteriore discussione. Questi vanno dal trattamento obbligatorio per i cittadini che si trovano nella necessità di una cura psichiatrica (articolo 14) – non accettato dai “sopravvissuti” psichiatrici – alla questione legata ai bambini e alle donne (articoli 6 e 7), rispetto alla quale sembra si stia arrivando a condividere il doppio approccio richiesto dall’IDC, consistente nell’inserimento all’interno della Convenzione di un articolo specifico e nella presenza di riferimenti a questi temi anche in altri articoli, ove vi sia pertinenza.
Ancora aperta, inoltre, anche la discussione sul riconoscimento della libertà di scegliere di vivere indipendentemente dalla famiglia (articolo 19), in quanto alcuni Paesi come la Siria e lo Yemen hanno obiettato che nel loro codice di famiglia un figlio non può avere questo diritto senza l’assenso paterno; così come restano aperte anche le discussioni sull’opportunità di riconoscere il diritto alla libertà di movimento personale (articolo 20), quelle sul problema di considerare la violazione delle regole nazionali sull’accessibilità come un comportamento discriminatorio (articolo 9), quelle legate all’opportunità di includere nel preambolo uno specifico riferimento alla famiglia e – per concludere – quelle relative al divieto di ogni forma di sterilizzazione forzata di ragazze e donne con disabilità (articolo 17).
Discutere partendo ciascuno dal proprio, diverso punto di vista è estremamente complesso. Se si considerano le culture giuridiche, gli approcci religiosi e sociali e gli strumenti di protezione legale che i 191 Paesi aderenti all’ONU spesso non condividono, si arriva a capire come sia faticoso il lavoro del Comitato Ad Hoc. E quello che sta realizzando l’ambasciatore MacKay è proprio il tentativo di raggiungere una sintesi, di trovare degli accordi, producendo così un sostanziale passo avanti nella stesura del testo della Convenzione.
L’IDC e i suoi limiti
Spesso, d’altro canto, emergono anche i limiti che lo stesso movimento mondiale delle persone con disabilità non è ancora riuscito a superare.
C’è l’impressione, infatti, che la nuova fase di negoziazione su un testo concreto non trovi sempre le associazioni capaci di scrollarsi un’impostazione basata sulla difesa a oltranza di determinati princìpi la quale, fino alla precedente sessione del Comitato era opportuna, mentre ora invece sembra funesta. Un atteggiamento che, tra l’altro, ha portato alcuni governi a chiudere le discussioni quando le proposte dell’IDC erano solo ideologiche e quindi incomprensibili, come è accaduto nel caso della richiesta che a nessuna persona venga negata la vita a causa di una disabilità (articolo 10).
Anche la nuova strategia basata sui diritti umani, cioè su una visione universale dei diritti, si scontra spesso con l’incapacità di superare una visione dei problemi limitata a quei cittadini con disabilità che le singole associazioni rappresentano.
L’IDA (International Disability Alliance) e l’IDC, in fondo, sono attualmente solo alleanze di organizzazioni che lavorano per un nuovo scopo comune e cioè una concreta organizzazione mondiale unitaria delle persone con disabilità che abbia una visione comune dei problemi vissuti in tutto il mondo.
Nell’IDC, inoltre, è stato molto criticato – soprattutto da parte di alcune regioni che rivendicano un ruolo più forte – il peso eccessivo che i rappresentanti dei Paesi ricchi giocano al suo interno, come ha fatto per esempio la regione dell’America Latina, le cui delegazioni di associazioni questa volta sono giunte a New York ben organizzate e preparate.
Una vicenda finita bene
Per concludere, un’ultima bella notizia: Luis Fernando Astorga, il delegato del Costarica che la settimana scorsa si era visto negare l’accesso agli Stati Uniti e della cui vicenda ci eravamo già occupati, dovrebbe giungere a New York in tempo per partecipare alla seconda e alla terza settimana di lavori del Comitato Ad Hoc. Grazie infatti alle proteste e alla determinazione dell’IDC e delle altre associazioni di persone con disabilità, si è ottenuto di vedere riconosciuti dei diritti umani e garantita la possibilità di goderne in piena libertà.
In un mondo dove la violazione di questi ultimi è così vasta e impunita, è straordinario che il riconoscimento di questo errore sia stato strappato proprio agli Stati Uniti.
Sì, è proprio vero, il sole che splende oggi a New York trasmette allegria e benessere…
*Advisor (consigliere) della Delegazione del Governo Italiano a New York, in qualità di rappresentante del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
Lunedì 16 gennaio sono stati aperti i lavori della settima sessione del Comitato Ad Hoc e i primi articoli affrontati hanno riguardato rispettivamente la non discriminazione (articolo 5), la promozione di una presa di coscienza del modello di disabilità basato sui diritti umani (articolo 8) – tema che ha visto l’intervento di Venus Llagan, presidente di DPI (Disabled Peoples’ International) – e l’accessibilità (articolo 9).
La rapidità determinata dall’obiettivo di giungere a una lettura completa del testo e a una sua condivisione ha fatto in modo che già nel corso della seconda giornata di martedì 17, oltre che sulle conclusioni relative all’accessibilità, i rappresentanti di delegazioni e associazioni si siano confrontati anche sui temi del diritto alla vita (articolo 10) e delle situazioni a rischio (articolo 11).
Poiché il testo di cui si sta discutendo in questi giorni a New York è quello elaborato dal presidente del Comitato Ad Hoc, l’ambasciatore neozelandese Don MacKay, frutto di molti incontri e dibattiti precedenti, alle sessioni plenarie si cerca di non sollevare forti obiezioni, bensì di trovare un punto di accordo concreto, anche se naturalmente non mancano proposte per cercare definizioni o parole più adatte in riferimento a specifiche situazioni e condizioni.
Oltre alla chiusura del secondo giorno, l’articolo 12 (pari riconoscimento in quanto individuo di fronte alla legge) ha occupato anche buona parte dei lavori di mercoledì 18. Si tratta infatti di un testo estremamente complesso, che ha visto all’interno del Comitato nette divisioni tra governi, organizzazioni non governative e associazioni, a causa di posizioni molto diverse.
Su tale questione Giampiero Griffo ha elaborato per il nostro sito un’accurata analisi da noi pubblicata.
Oltre a questo tema, il terzo giorno sono stati trattati anche quello dell’accesso alla giustizia (articolo 13), fortemente sostenuto dalla maggior parte dei presenti, molti dei quali vorrebbero l’articolo (introdotto in un secondo momento) addirittura più preciso e dettagliato e l’argomento libertà e sicurezza (articolo 14).
Giovedì 19, invece, dopo la conclusione del confronto sull’articolo 14, con un intervento dei delegati dell’Unione Europea, l’assemblea presente alla seduta plenaria ne ha affrontati altri quattro in modo completo (e un quinto solo parzialmente).
Quello dedicato alla libertà dalla tortura e da trattamenti inumani o degradanti (articolo 15) e quello sulla libertà dallo sfruttamento, la violenza e l’abuso (16) hanno riscontrato diffusamente la soddisfazione e l’appoggio della maggioranza rispetto alle modalità con cui sono stati esposti nel testo del presidente MacKay. I due successivi, invece, sulla protezione dell’integrità della persona (17) e sulla libertà di movimento (18), hanno portato a molte divisioni. In modo particolare, l’ultimo di essi – che è stato introdotto successivamente – richiederà senz’altro una nuova stesura aggiornata da parte di MacKay.
Un primo confronto sui temi della Vita Indipendente e dell’inclusione nella comunità (articolo 19) ha concluso quindi la giornata di giovedì e ha aperto i lavori di venerdì 20, mantenendosi su toni sempre abbastanza vivi.
Sempre venerdì, infine, si è riusciti a discutere anche di mobilità personale (articolo 20), di libertà di opinione, di espressione e di accesso all’informazione (21), di rispetto della privacy (22) e, per concludere, anche se parzialmente, di rispetto per la casa e la famiglia (23).
Gli articoli 5 e 6, dedicati alle donne e ai bambini, verranno approfonditi verso la fine della sessione, a metà dell’ultima settimana, essendo tra i più controversi dell’intera Convenzione. In questi primi giorni della seconda settimana, invece, sono stati annunciati su questi temi degli incontri per i facilitatori.
Un lavoro, dunque, molto deciso, ben mirato e in anticipo di una giornata rispetto alla proposta di organizzazione delle attività elaborata prima dell’inizio della sessione e secondo la quale solo oggi, lunedì 23, si sarebbe dovuta iniziare la discussione del testo degli articoli dal 21 in poi.
(Crizia Narduzzo)