«Ho ricevuto la cortese telefonata del sottosegretario Di Virgilio e questo mi ha fatto molto piacere. Al suo invito a collaborare ho dato la disponibilità degli Amici di Luca, come l’avevamo a suo tempo espressa per far parte della commissione ministeriale sugli stati vegetativi. Ma non come associazione, quanto attraverso i clinici dell’AUSL di Bologna che hanno tutte le competenze per dare il loro contributo nell’illustrare il modello sperimentale bolognese creato insieme a noi».
Esordisce così Fulvio De Nigris, dell’associazione Gli Amici di Luca, nel rispondere al sottosegretario alla Salute Domenico Di Virgilio che il 21 febbraio, chiudendo a Roma la presentazione del documento su Stato vegetativo e di minima coscienza, aveva dichiarato che «l’esclusione della Casa dei Risvegli “Luca De Nigris” dal documento è stata un malinteso. Da oggi coinvolgeremo le associazioni delle famiglie, alle quali il documento sarà inviato, perché possano esaminarlo e valutarlo, alla luce della loro esperienza».
Una vicenda, quella dell’esclusione dal documento ministeriale della Casa dei Risvegli “Luca De Nigris” di Bologna e di altre strutture che ad essa fanno capo -che aveva fatto parlare molto e che anche il nostro sito aveva ripreso nei giorni scorsi.
E in ogni caso, la posizione degli Amici di Luca si mantiene anche oggi all’insegna della delusione, «sia per il metodo che per la proposta».
«Gli stessi dati presentati il 21 febbraio – dichiara infatti De Nigris – mostrano la gravità del problema e la disomogeneità delle regioni nell’affrontarlo, ma ribadiscono anche l’importanza che tra la fase rianimativa e quella cronica ci sia l’aspetto intermedio rappresentato da strutture come la Casa dei Risvegli “Luca De Nigris”, centri dedicati alla fase postacuta, dove i pazienti e i familiari possano trovare la loro “normalità” in un percorso assistenziale e di ricerca che persegua il loro benessere».
Proprio questo – secondo Fulvio De Nigris – è il dato nuovo emerso dopo la morte del figlio quindicenne Luca, scomparso nel 1998 dopo un lungo coma e che dovette andare all’estero perché allora in Italia non c’era alcuna struttura che volesse curarlo. «Oggi una struttura come questa c’è, grazie alla determinazione, alla caparbietà e all’integrazione tra la progettualità sanitaria e la forza del volontariato e si è riusciti a crearla in Emilia Romagna».
Particolarmente decisa la conclusione della risposta di De Nigris al sottosegretario Di Virgilio: «Non c’è – e lo dico senza alcuna vena polemica, quanto guardando alla pura realtà dei fatti – un tempo per i clinici e un tempo per le famiglie, c’è solo un “tempo della vita” che vede contiguità di lavoro, di risposte, di confronti e di osmosi. Solo così i problemi annosi per molti, in questo difficile ambito, non dico potranno essere superati, ma certamente affrontati con maggiore serenità».
(S.B.)
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