Web accessibile: le persone al centro dei progetti*

a cura di Barbara Pianca
Accolta con soddisfazione, ma anche criticata da molti, la cosiddetta «Legge Stanca» del 2004 intendeva rendere accessibili i siti internet delle Pubbliche Amministrazioni. Ora però da più parti se ne propone una modifica e due parlamentari hanno già depositato una proposta in tal senso. Per tentare di arricchire il dibattito, cediamo la parola a tre "addetti ai lavori"

Quest’anno il 3 dicembre – Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità – è stato dedicato dall’ONU all’accesso alle nuove tecnologie dell’informazione.
Appare quindi quanto mai opportuno tentare di aggiornare i lettori sugli sviluppi derivati dall’applicazione della Legge 4/2004 – meglio nota come Legge Stanca, dal nome del suo relatore – che regolamenta l’accessibilità dei siti delle Pubbliche Amministrazioni.
Oggi, infatti, a più di un anno dall’effettiva operatività della legge, da più parti se ne chiedono interventi di modifica e c’è anche chi auspica che la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) o la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali dei Disabili) si rendano promotori di una richiesta specifica e completa in tal senso.
E del resto, nel frattempo è già stata depositata una proposta di legge firmata dagli stessi Cesare Campa e Antonio Palmieri che avevano presentato l’iniziale testo originale. Essi vorrebbero modificare in particolare due punti della Legge Stanca, imponendo alle Pubbliche Amministrazioni di redigere siti accessibili anche al di fuori di accordi contrattuali per la loro realizzazione e affidandone i controlli, per ora interni, ai vari Corecom locali (Comitati Regionali per le Comunicazioni).

Con le tre opinioni di Lorenzo Spallino, avvocato amministrativista dello Studio Legale Spallino di Como, Michele Diodati, consulente per l’accessibilità e gestore del sito www.diodati.org e Maurizio Boscarol, psicologo ed informatico, consulente di agenzie web nazionali, tentiamo di arricchire il dibattito sulla questione.

Lorenzo SpallinoSpallino: una legge scritta male
Legge Stanca: «È certamente innovativa e ha una forte valenza nei confronti dei soggetti pubblici, ben diversa dal ruolo di moral suasion che avevano i precedenti interventi dello Stato in materia. Ciò nonostante, pur essendo chiarissimo l’intento di affrontare l’accessibilità anche dal lato “sanzioni”, è proprio questo approccio culturale – mi si passi il termine – un po’ “rozzo” che desta diffidenza. L’esperienza giuridica ci dice infatti che solo norme correttamente configurate, ben scritte e ragionevolmente attuabili possono efficacemente accompagnarsi ad un regime sanzionatorio. Il problema della Legge Stanca è proprio questo: se la parte sanzionatoria è scritta male e di difficile applicazione, il rischio è quello di vanificare ciò che di buono c’è in essa, facendola percepire agli interessati come l’ennesima imposizione burocratica, costosa sia in termini economici che di risorse umane».

Proposta di modifica: «Il suo difetto sta nel fatto che si dà per scontato che la legge vada bene e si propone di ampliarne la portata senza prima aver ragionato sulla sua applicazione. Il che non significa negare il principio universale dell’accessibilità, ma riflettere sull’effettività della tutela che la Legge 4/2004 offre: un approccio, questo, assolutamente conforme alle linee guida in materia di analisi di impatto della regolamentazione sui cittadini, imprese e Pubbliche Amministrazioni, rilasciate nell’ottobre 2001».

Legge ideale: «La tecnica legislativa va sempre più verso normative di scopo e sempre meno verso la regolamentazione di ogni possibile aspetto della realtà. Per questo vedrei più favorevolmente una normativa di stampo anglosassone, che fissati i princìpi, lasci alla giustizia il compito di declinarli nella realtà. Quanto alla Legge Stanca, andrebbe anzitutto rivisitato l’intero impianto sanzionatorio, sia per quanto concerne la nullità dei contratti sia per quanto riguarda le sanzioni amministrative, ispirate da una percepibile diffidenza verso i dipendenti pubblici e la Pubblica Amministrazione in sé. In secondo luogo, ancor oggi la legge non ci dice chi fa da controllore verso i soggetti non istituzionali che l’articolo 3, primo comma, assoggetta al rispetto di essa. Infine, davvero non è più possibile, in una moderna tecnica legislativa, far ricorso al rinvio ad altra norma per definire i campi di applicazione di una legge. Questo è quello che invece fa la Legge Stanca quando rimanda alle norme generali sul pubblico impiego per definire una Pubblica Amministrazione. Insomma: capisco che il chi, il cosa e il come siano categorie concettuali difficili da definire, ma la legge, frutto dell’unione di proposte tra loro diversissime, pare su questo davvero deficitaria».

Michele DiodatiDiodati: servono interpretazioni uniformi
Legge Stanca: «Non sono un esperto di giurisprudenza, ma un tecnico del web e dunque preferisco non addentrarmi in questioni propriamente giuridiche. Sinteticamente, mi limito a notare che questa legge, così com’è oggi, ha un grave difetto: lascia che siano le stesse Pubbliche Amministrazioni – nel caso decidano di rifare il sito seguendo i requisiti tecnici previsti dalla norma stessa – a valutare autonomamente se abbiano raggiunto oppure no la conformità: essere i giudici del proprio lavoro non è in generale una buona cosa. Inoltre è certamente insoddisfacente il fatto che ricadano sotto le fattispecie previste dalla legge solo i siti che vengono realizzati in virtù di un contratto».

Proposta di modifica: «Mi sembra positivo che la proposta di modifica chieda l’applicazione dei requisiti di accessibilità anche ai siti che vengono realizzati al di fuori di un contratto: in questo modo vengono garantiti gli stessi diritti a tutti i possibili beneficiari dell’accessibilità, fattore della massima importanza per una legge che nasce con l’intento di combattere le discriminazioni in ambito digitale».

Legge ideale: «Una legge sull’accessibilità, per essere utile allo scopo e realmente applicabile, dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: 1) requisiti per l’accessibilità di sperimentata validità, formulati in modo da non consentire interpretazioni difformi (devono essere inequivocabili); 2) obbligo di conformità per tutti i soggetti che svolgono un servizio di pubblica utilità: quindi non solo Pubbliche Amministrazioni in senso stretto, ma anche, ad esempio, quotidiani, motori di ricerca, grandi portali informativi e di commercio elettronico, servizi di mappe stradali, linee aeree private ecc.».

Ritratto di Maurizio BoscarolBoscarol: lavorare con i disabili
Legge Stanca: «Approvata da quasi tre anni e operativa da quindici mesi, va giudicata sul campo: quanti siti accessibili ha prodotto? Non mi risulta una stima ufficiale, ma mi sembrano inferiori alle aspettative. In attesa di una valutazione ufficiale, mi sembra che l’impianto della Legge 4/2004 abbia “partorito un topolino”. I punti più critici sono l’eccesso di ambiguità in troppe parti, inclusi i ventidue requisiti tecnici; la mancanza di chiarezza su chi deve controllare i siti regionali; la mancanza di percorsi formativi per gli esperti di accessibilità; l’assoluta estromissione dei disabili (e di qualunque utente, anche non disabile) dal processo di progettazione dei siti. Di fatto, la legge, anziché favorire un metodo progettuale centrato sugli utenti, e in particolare sugli utenti disabili, ha dato una lettura riduttiva, solo tecnica, dell’accessibilità. È un errore di impianto, non rimediabile con semplici emendamenti».

Proposta di modifica: «Le modifiche intervengono in superficie e potrebbero creare problemi. Ad esempio, i siti di piccoli enti, come scuole ed enti locali minori, non hanno un budget destinato e mettono online le informazioni con strumenti limitati e la buona volontà di qualche dipendente. Dopo la modifica non potrebbero farlo. Inoltre si impedirebbe la pubblicazione dei siti di prova (non accessibili) realizzati da studenti nelle scuole e negli enti di formazione pubblici. Un effetto perverso, questo, che non c’entra nulla con i diritti dei disabili: sono siti non rivolti al grande pubblico. Quanto al Corecom, non è presente in tutte le regioni, non ha personale e competenze per questo tipo di compiti e dovrebbe esso stesso essere soggetto ai propri controlli».

Legge ideale: «Un sito accessibile è semplice da usare per gli utenti disabili. Si realizza testando il linguaggio, la navigazione, l’organizzazione, le soluzioni tecniche. Per ottenere buoni risultati bisogna lavorare assieme agli utenti, anche disabili. Non per una valutazione finale, attenzione, ma con il loro coinvolgimento attivo durante il progetto. Bisogna, in altre parole, fare User Centred Design, ovvero mettere al centro le persone e non le cose, come già richiedono del resto i bandi di realizzazione di siti pubblici europei. In pratica, la legge dovrebbe prevedere dei vincoli sulla procedura, prima che sul prodotto. Inoltre, è determinante progettare dei percorsi formativi ufficiali – di livello universitario – per gli esperti di accessibilità, che dovrebbero essere sì esperti tecnici, ma anche di progettazione centrata sull’utente, con specifica formazione sui problemi degli utenti disabili. Questi due punti, eliminando anche gli elementi di ambiguità di alcuni passaggi e identificando meccanismi chiari di controllo, porterebbero ad una legge moderna ed efficace anche nel lungo periodo».

*Riadattamento di un testo pubblicato (con il titolo: Le persone al centro del progetto) dal n. 160 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Per gentile concessione di tale testata.

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