Sin dalla riunione preparatoria presso la Missione Italiana all’ONU per informare sulle varie procedure, si era capito che le Nazioni Unite erano realmente in fibrillazione: la cerimonia della firma della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità si è tenuta infatti nella sala dell’Assemblea Generale, dove per la prima volta si ospitava un evento cui hanno partecipato 350 persone con disabilità.
E per la prima volta si è posto anche il tema dell’accessibilità: da dove si entra nell’emiciclo? E il numero di ascensori sarà sufficiente? E quante carrozzine vi saranno? E se siederanno nei sei posti riservati ad ogni delegazione governativa, quante sedie dovranno essere rimosse, per consentire alle carrozzine di accomodarsi comodamente, visto che le poltrone sono fissate al pavimento?
Questo era il tenore delle domande e spesso le risposte le conoscevano più le persone con disabilità che avevano già partecipato in questi anni ai lavori del Comitato Ad Hoc che non gli stessi funzionari delle ambasciate.
Una volta tanto, però, i termini della questione sono stati posti nel modo giusto: la sede della cerimonia è accessibile? Cosa dobbiamo fare per renderla tale? A testimoniare dunque che alle Nazioni Unite la Convenzione è già operativa.
Nella Delegazione del Governo Italiano, oltre al ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero e al sottosegretario Franca Donaggio, erano presenti per la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’handicap) e per il CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) – orfani di Pietro V. Barbieri, assente suo malgrado per malattia – chi scrive e Nicola Fazzi, un giovanotto di vent’anni che non può rappresentarsi da solo.
Quest’ultima scelta è stata fortemente simbolica: il movimento italiano delle persone con disabilità e le loro famiglie hanno voluto infatti sottolineare che la Convenzione tutela i diritti di tutti, anche dei tanti “Nicola” sparsi in ogni Paese.
Era la prima volta che in una delegazione del governo italiano alle Nazioni Unite era presente un delegato con queste caratteristiche (Nicola era advisor, cioè consulente del governo). E probabilmente (ma nessuno ce lo ha saputo dire) era la prima volta in assoluto che in una delegazione ufficiale alle Nazioni Unite partecipava una persona che non può rappresentarsi da sola. Ma come vedremo, è stato solo l’inizio di una giornata che ha visto conseguire molti record.
A completare la delegazione italiana vi erano anche Ida Collu, in rappresentanza dell’ENS (Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi) e Urbano Stenta, consulente per la disabilità del Ministero degli Affari Esteri.
All’inizio della seduta già circolava la notizia che avrebbero firmato la Convenzione più di 50 Paesi, un numero dunque assai cospicuo.
I lavori sono poi cominciati con i saluti del presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU Haya Rashed al-Khalifa (intervento registrato perché impegnata in Asia) e del vicepresidente, cui hanno fatto seguito gli interventi dei rappresentanti della Nuova Zelanda, del Messico e dell’Ecuador, che hanno presieduto il Comitato Ad Hoc durante l’iter di discussione della Convenzione.
Tutti gli oratori hanno sottolineato il ruolo fondamentale giocato dalle organizzazioni delle persone con disabilità durante i lavori di stesura del testo.
Da segnalare che sia il ministro messicano che il vicepresidente della Repubblica dell’Ecuador – che sono intervenuti – sono persone con disabilità.
Molto significativo, poi, l’intervento di Louise Arbour, alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, la quale ha esordito ricordando che «è venuto il momento di verificare se i princìpi della convenzione saranno applicati a livello nazionale».
La Convenzione rappresenta un cambio di paradigma, di cultura e di impostazione verso la condizione delle persone con disabilità. Essa assegna inoltre ai governi che la ratificheranno nuove responsabilità rispetto alla tutela dei loro diritti umani. La signora Arbour ha utilizzato per l’occasione una celebre frase: «Dove si rispettano i diritti umani? A cominciare dai posti più modesti e ordinari».
Particolarmente importante per l’applicazione a livello nazionale sarà il rispetto della capacità giuridica di tutte le persone con disabilità: questo rappresenta un cambiamento sostanziale per l’intero sistema della giustizia in ogni Paese.
«Anche il diritto all’educazione e all’educazione inclusiva – ha sottolineato l’alto commissario – rappresenta una rivoluzione: un sistema educativo aperto a tutti produrrà infatti un grande vantaggio per l’intera società».
Da più parti, ha evidenziato ancora Arbour, si è fatto notare che le risorse da impegnare per la piena inclusione delle persone con disabilità non sono sufficienti. «La Convenzione, però, oltre a garantire il massimo impegno dei governi ad investire le risorse disponibili, sottolinea al comma 2 dell’articolo 4, che i diritti e le libertà fondamentali sono in ogni caso tutelati da essa. In tal senso, l’accomodamento ragionevole previsto all’articolo 5, è uno strumento essenziale e la sua negazione rappresenta una discriminazione e una violazione dei diritti umani».
L’intervento di Gédeon Mandesi, rappresentante dell’IDA (International Disability Alliance), ha ribadito quindi l’importanza della partecipazione delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni ai processi di ratifica, monitoraggio e implementazione della Convenzione.
Successivamente è cominciata la vera e propria cerimonia di firma: il vicepresidente dell’Assemblea Generale ha chiamato le delegazioni governative sulla base del rango e della rappresentanza: dapprima i capi di governo, poi i ministri e così via.
Le delegazioni governative avevano tre rappresentanti per ogni Paese. Molte quelle che si sono presentate alla firma con rappresentanti con disabilità (tra le altre Antigua e Barbuda, Argentina, Armenia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Costarica, Giamaica, Giordania, Nuova Zelanda, Spagna, Sudafrica e Tanzania).
Per i Paesi membri delle Comunità Europee segnaliamo il Belgio, la Grecia, l’Irlanda e la Slovenia. Anche l’Olanda ha incluso una persona con disabilità, Lydia la Rivière Zijdel, leader del Movimento delle Donne con Disabilità del Mondo, inserita però all’ultimo istante, anche se non faceva parte della delegazione ufficiale.
I Paesi che potevano contare sulla presenza di un ministro sono stati i primi, vale a dire: Austria, Cile, Corea del Sud, Croazia, Danimarca, Ecuador, El Salvador, Gabon, Indonesia, Italia, Giamaica, Giordania, Messico, Nuova Zelanda, Nigeria, Panama, Polonia, Portogallo, Slovenia, Sudafrica, Spagna, Sri Lanka, Svezia e Regno Unito). Di seguito tutti gli altri firmatari.
E via via che i Paesi si susseguivano ci si rendeva conto che il loro numero era straordinario. Gli esperti, infatti, ci hanno ricordato che in genere per le Convenzioni dell’ONU raramente si verifica un “evento speciale” come oggi; inoltre, ordinariamente, sono in media circa una ventina i Paesi che sottoscrivono una Convenzione al primo giorno di apertura delle firme.
E invece il loro numero continuava a crescere e le varie notizie raccolte lasciavano intendere che questo era il risultato di un fenomeno nuovo: molti Paesi, infatti, come ad esempio l’Olanda, hanno deciso di firmare solo la mattina stessa del 30 marzo, e in questi ha certamente pesato la paura di una “brutta figura” di fronte ad altri firmatari. Un fenomeno, questo, mai registrato in precedenza.
Com’è ben noto a chi ha seguito in questi anni i nostri reportage dalle Nazioni Unite, questa Convenzione non solo ha visto una partecipazione della società civile mai registrata prima per altri documenti del genere, ma ha anche contribuito a mostrare che l’ONU non è solo quello dei governi, ma può e dev’essere anche l’ONU dei Popoli.
Inoltre, grazie alla straordinaria mobilitazione prodotta dall’International Disability Caucus (IDC), in molti Paesi il movimento delle persone con disabilità si è attivato a favore della rapida ratifica della Convenzione.
In altre parole questo importante documento ha già un’opinione pubblica che lo sostiene della quale i governi dovranno tenere conto e anche questo è un record che le persone con disabilità sono riuscite a conseguire.
Alla fine, però, il record più importante è stato senz’altro il numero dei Paesi firmatari: ben 81, saliti poi a 82 nel pomeriggio, una cifra straordinaria, quattro volte il numero di firme conseguito ordinariamente da una Convenzione delle Nazioni Unite.
E anche le firme raccolte dal Protocollo Facoltativo – che regolamenta come il Comitato Internazionale per i Diritti delle Persone con Disabilità dell’ONU riceverà ed esaminerà le comunicazioni da o in rappresentanza di individui o gruppi di individui che presenteranno denunce di violazioni – sono risultate ben 44, al di là di ogni previsione, facendo sperare anche qui in un comportamento “emulativo” da parte dei governi.
Un ultima curiosità: la Giamaica, oltre ad aver firmato la Convenzione, è il primo Paese ad averla già ratificata.
È dunque un gran giorno per le persone con disabilità e anche per le Nazioni Unite. La popolazione più povera tra i poveri, più discriminata tra i discriminati, più esclusa fra gli esclusi contribuisce a far sventolare alta la bandiera delle Nazioni Unite. Anche questo è un record.
E nello stesso tempo è una nuova responsabilità per il movimento di liberazione delle persone con disabilità nel mondo: la lotta per il rispetto dei diritti umani ha 650 milioni di nuovi protagonisti!
*Componente della Delegazione Italiana alle Nazioni Unite, per la firma della Convenzione.
sui Diritti delle Persone con Disabilità il 30 marzo 2007 Algeria – Antigua e Barbuda – Argentina – Armenia – Australia – Austria – Belgio – Brasile – Canada – Capo Verde – Cile – Cina – Colombia – Corea del Sud – Costarica – Croazia – Cipro – Danimarca – Dominica – Ecuador – El Salvador – Etiopia – Finlandia – Francia – Gabon – Germania – Ghana – Giamaica – Giordania – Grecia – Guatemala – Honduras – India – Indonesia – Irlanda – Islanda – Israele – Italia – Kenya – Liberia – Lituania – Lussemburgo – Malta – Marocco – Messico – Moldova – Mozambico – Nicaragua – Niger – Nigeria – Norvegia – Nuova Zelanda – Olanda – Panama – Paraguay – Peru – Polonia – Portogallo – Regno Unito – Repubblica Ceca – Repubblica Democratica del Congo – Repubblica di Macedonia (ex Jugoslavia) – Repubblica Dominicana – Repubblica di San Marino – Seychelles – Sierra Leone – Siria – Slovenia – Spagna – Sri Lanka – Sudafrica – Sudan – Suriname – Svezia – Tanzania – Thailandia – Tunisia – Turchia – Uganda – Ungheria -Yemen – Unione Europea.
Paesi che hanno già ratificato la Convenzione:
30 marzo 2007: Giamaica.