«Nostro figlio è disabile, è affetto da autismo. Ha ormai 29 anni e la vita non è semplice. Da cinque anni a questa parte, però, riusciamo ad assaporare in pieno ogni momento che passiamo con lui ogni fine settimana (e durante le ferie) e il nostro rapporto è diventato, se così si può dire, quello di genitori e figlio, dove magari i disabili siamo noi. Perché da cinque anni? Perché Cristiano da cinque anni vive e lavora a Cascina Rossago, prima farm community italiana per adulti autistici la cui sfida è stata quella di dare alle persone adulte affette da autismo una vita degna e significativa per persone appunto adulte. Si è riusciti a creare, grazie alla dottoressa Ucelli, al professor Barale e a tutti coloro che vi operano, le condizioni ecologiche specifiche per le caratteristiche dell’adulto autistico, offrendo dei contesti regolati di attività ritmate dalle stagioni, con la possibilità di riconoscere il significato delle proprie azioni».
Nella loro testimonianza Manlio ed Ester parlano di farm community, che in italiano significa letteralmente “comunità agricola”. Ma ciò che è sorto a Cascina Rossago, non lontano da Pavia, sull’esempio di analoghe esperienze straniere, è ben altro e ben di più, in questo strano Paese che qua e là, nel mare dei disservizi e degli abusi, presenta vere e proprie “isole” del tutto all’avanguardia, sia da un punto di vista pratico che culturale.
Tutto nasce, si può dire, dalla stessa scelta iniziale della Fondazione Genitori per l’Autismo, attiva in Lombardia dal 1998, di occuparsi sin dall’inizio di autismo in età adulta.
«Chissà perché – scrivono Francesco Barale e Stefania Ucelli, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione – ancora, quando si parla di autismo inevitabilmente il pensiero di tutti va “ai bambini”. Eppure da tempo è ben noto che l’autismo, in genere, resta autismo per tutta la vita. Non si trasforma, nel tempo, in un’altra cosa, come ancora si legge persino in certi trattati non aggiornati. Pur mantenendo l’evoluzione ampi margini di imprevedibilità e di variazione […], nella quasi totalità dei casi i bambini autistici diventano adulti autistici».
La citazione, è doveroso ricordarlo, è tratta da un libro uscito lo scorso anno (Autismo. L’umanità nascosta, a cura di Stefano Mistura. Con contributi di Arnaldo Ballerini, Francesco Barale, Stefania Ucelli e Vittorio Gallesi, Torino, Einaudi, 2006), che a parere di chi scrive costituisce senz’altro uno dei testi più interessanti recentementi pubblicati in questo settore, con il suo tentativo (riuscito) di tratteggiare la storia recente degli studi e degli atteggiamenti nei confronti dell’autismo e con il suo spirito sempre improntato alla lotta al pregiudizio.
L’autismo, dunque – vale la pena ripeterlo – dura tutta la vita e particolarmente nell’età adulta può aprirsi un grande vuoto di conoscenze, interventi e prospettive credibili.
«Le pressioni sociali crescono – si legge in una nota informativa prodotta dalla Fondazione Genitori per l’Autismo – la tolleranza diminuisce. Non più “bizzarri bambini”, ma “adulti difficili da comprendere” ai quali ci si avvicina con disagio, spesso con timore. Indipendenza, lavoro, matrimonio, nulla di tutto ciò è alla portata di un adulto autistico, per lui e per la sua famiglia, solo incertezza e preoccupazione per il futuro».
Da un’idea quindi della Fondazione – che non a caso è anche membro e promotore del NIFCAA (Network of International Farm Communities for Adults with Autism) – nasce nel 2002 il “Progetto Cascina Rossago”, elaborato dal Laboratorio Autismo del Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali dell’Università di Pavia, per avviare una vera e propria struttura pilota in Italia, una comunità agricola residenziale ad alta intensità abilitativa, specificamente studiata (sin dalla sua progettazione fisica) per adulti con autismo. Una rapida scheda con alcuni dati fondamentali può essere utile.
Accreditata dalla Regione Lombardia e convenzionata con l’Università di Pavia, che ne garantisce la direzione clinica e il supporto tecnico-scientifico, Cascina Rossago ospita ventiquattro persone con autismo e si avvale della collaborazione di più di quaranta addetti fra educatori professionali, infermieri, operatori socioassistenziali, tirocinanti universitari e personale di servizio.
La farm community è situata esattamente a Ponte Nizza, nell’Oltrepo Pavese, al centro di un appezzamento collinare di 18 ettari, con un’area coperta di oltre 2.000 metri quadrati che comprende tre unità residenziali, numerosi laboratori, uffici, aree di servizio, stalle e altri fabbricati agricoli.
Fin qui la “carta d’identità” della struttura. Con legittimo orgoglio, ma anche con atteggiamento di totale apertura verso l’esterno, ne parlano Barale e Ucelli nel già citato Autismo. L’umanità nascosta: «Indicateci una qualunque altra situazione in cui 24 disabili autistici così gravi abbiano raggiunto livelli simili di “integrazione”, scambi, partecipazione e comunicazione in esperienze comuni (tra ospiti e operatori, ospiti tra loro, comunità della cascina e tessuto sociale e comunitario circostante, ecc.) e, soprattutto, di qualità di vita. Se non ci credete, se non credete alle nostre descrizioni e anche alle nostre misurazioni, venite a vedere. Le porte sono aperte».
E chi vorrà realmente “andare a vedere” troverà persone autistiche adulte nelle condizioni più idonee per esprimere la loro singolare umanità, per sviluppare le loro individualità, fatte di capacità e competenze particolari.
Troverà persone impegnate in tante attività – ognuno secondo i propri ritmi di crescita e di apprendimento – sulla base di programmi continuamente aggiornati, in un contesto stabile, affettuoso e tollerante e – ciò che non è poco – del tutto ricco di stimoli.
«A Cascina Rossago – raccontano dalla Fondazione Genitori per l’Autismo – non si fa “ergoterapia”, ma lavoro vero. Si lavora nei campi, si raccolgono i prodotti dell’orto e del frutteto. Si mantengono pulite le stalle e si accudiscono gli animali (le capre, un cavallo, gli alpaca). Si realizzano piccole produzioni di oggetti nei laboratori artigianali di ceramica, tessitura e falegnameria. E come non c’è “ergoterapia”, non vi è nemmeno “ludoterapia”: infatti, si gioca, si fa sport vero, ci si diverte. Si fa trekking nei boschi circostanti, attività fisica in palestra (basket) o utilizzando le attrezzature del “percorso vita” accanto alla cascina. Gli ospiti scoprono quotidianamente, divertendosi, nuove dimensioni di comunicazione nei laboratori di musica, attività cognitive e comunicative, pittura».
Insomma, a Cascina Rossago – lo si può ben dire – le persone vivono, lavorano, si divertono, hanno un ruolo.
Si tratta di un organismo vivo, ben inserito nel territorio che lo accoglie, una comunità di sperimentazione continua e anche – come sempre succede per le “esperienze modello” – un osservatorio privilegiato che fornisce con continuità dati e verifiche alla stessa ricerca scientifica, sempre attiva presso l’Università di Pavia, sia dal punto di visto delle metodologie abilitative che degli aspetti neuropsicologici e biologici dell’autismo.
Recentemente, poi, il “modello ha fatto scuola” anche nella realtà concreta, com’è successo in provincia di Gorizia, con il lancio del “Progetto Residence”, struttura abitativa per persone autistiche adulte, alla quale ben presto daremo pure spazio. Ogni territorio e ogni iniziativa, naturalmente, con le sue peculiarità, magari valorizzando i punti di forza e correggendo le eventuali criticità del modello, com’è giusto che sia, e tuttavia, per evidenziare ulteriormente la bontà di quest’ultimo, basti ricordare che in Friuli Venezia Giulia lavorerà lo stesso studio di architettura che ha curato il progetto di Cascina Rossago.
Apertura all’esterno, si era scritto prima, per andare a visitare ciò che è stato realizzato in questo angolo dell’Oltrepo Pavese. Ma apertura non soltanto per vedere la struttura, bensì anche per parlare con le famiglie.
«Venite a parlare – scrivono sempre Barale e Ucelli nel testo citato – con le famiglie che sono riuscite ad affrontare il travaglio della separazione. Provate a parlare con i genitori dei ragazzi di Cascina Rossago, famiglia per famiglia, una per una: sentirete non solo della loro gioia per l’evidente miglioramento della qualità di vita dei loro figli, per i loro progressi non solo “nelle autonomie” singole ma nel sentimento complessivo di autonomia, per la loro evidente maggiore felicità, per la riduzione dei sintomi e dei comportamenti-problema, ma anche di come il rapporto con i loro figli sia, spesso dopo una prima fase di ansie e tormenti (da parte dei famigliari, in quanto i ragazzi sono molto più veloci in questo passaggio), molto migliorato, in modi spesso inaspettati e insospettabili; come il tempo che ora passano con loro, fortemente valorizzato a Cascina Rossago, sia di qualità incomparabile a prima, sgravato com’è da pesi reciproci intollerabili».
E proviamo dunque a sentirle queste famiglie, cedendo la parola a Manlio ed Ester per tutti: «Possiamo solo dire grazie a Cascina Rossago per aver permesso a noi e a Cristiano di avere, adesso, un rapporto da adulti, in cui c’è solamente amore e felicità di esistere e magari, anche, fatica quotidiana, ma, per un domani, quello di saperlo vivere in un ambiente adatto a lui anche quando non ci saremo più».
Certo, «c’è ancora tanto da fare», dicono dalla Fondazione, ma un risultato dopo l’altro, sempre per piccoli passi, con la concretezza che ha distinto il lavoro di questi anni, la strada non può che essere quella giusta e forse presto altre “isole” come Cascina Rossago potrebbero rendere migliore il nostro Paese.
tel. 0383 59264, cascinarossago@tin.it.
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