Coma: siamo tutti direttamente coinvolti

Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo la risposta di Piero Crisafulli - in rappresentanza di quelle famiglie di persone cerebrolese e postcoma recentemente protagoniste di uno sciopero della fame - a quanto dichiarato nel nostro sito da Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma di Bologna, il quale risponde a sua volta

Volto sfuocato con luce e colori: immagine che rappresenta il coma e lo stato vegetativo«Bene l’intervento del ministro della Salute Livia Turco, per porre fine a questo gesto drammatico, ma anche inopportuno. Infatti, le 20 famiglie che se ne sono rese protagoniste non rappresentano le oltre 1.500 in Italia che stanno aspettando linee guida certe e interventi strutturali per assistere le numerose persone in stato vegetativo».
Questa la dichiarazione di Fulvio De Nigris, direttore del
Centro Studi per la Ricerca sul Coma della Casa dei Risvegli “Luca De Nigris” di Bologna, a proposito dell’iniziativa di protesta estrema (uno sciopero della fame) attuata da una serie di genitori e parenti di persone cerebrolese e postcoma, per chiedere di avere cure adeguate e un efficace sistema di assistenza domiciliare. Una dichiarazione che insieme ad altre avevamo ripreso nel nostro sito, all’interno del testo intitolato Coma: non siamo più all’anno zero! (disponibile cliccando qui).
A quelle dichiarazioni risponde oggi Pietro Crisafulli, in rappresentanza delle famiglie chiamate in causa e ben volentieri ne riprendiamo il messaggio inviatoci in redazione, dando poi spazio all’ulteriore replica di De Nigris
[i grassetti in entrambi i testi sono di mano redazionale, N.d.R.].

Carissimo Signor De Nigris, comprendo il suo lavoro fatto da anni e le siamo tutti grati. Lei dice che le nostre famiglie non rappresentano le «oltre 1.500 in Italia che stanno aspettando linee guida certe e interventi strutturali». Dice inoltre che il nostro gesto è stato inopportuno e ci consiglia di fare capo ad associazioni.
Signor De Nigris, le vorrei ricordare che, a parte la lettera del ministro Livia Turco da lei citata, anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scritto una lettera al nostro adorato Salvatore, che le consiglio di leggere [la si può trovare nel web, all’indirizzo www.salvatorecrisafulli.it, N.d.R.].
Allora, cominciamo con il dire che insieme a noi scioperavano anche associazioni. Non è la prima volta che lei osa intervenire. Veda, Signor De Nigris, capisco la sua capacità di lottare con più calma e senza l’ausilio di gesti disperati, mi creda ha tutta la mia comprensione. So che lei lotta per i diritti dei comatosi, pur avendo perduto suo figlio Luca e tutto questo è altamente lodevole, ma deve comprendere anche noi.
Noi i parenti li abbiamo vicini, in uno stato di salute quale quello vegetativo, con succhi gastrici che talvolta a qualcuno fuoriescono dalla PEG [gastrostomia endoscopica percutanea, N.d.R.], insomma a rischio di vita, per cui la sua calma non possiamo accettarla e permettercela.
Non abbiamo fatto lo sciopero della fame per puro divertimento, non stiamo gridando aiuto per esibizionismo, ma per evitare che succeda anche a noi quel che è successo a lei. Quando si è nelle nostre condizioni, si è in prima linea, come “soldati senza sonno”. Non possiamo permetterci il lusso delle trattative, noi siamo in emergenza, noi abbiamo un “codice rosso” in casa, non un “verde” che ci può far dedicare anche anni ad una trattativa.
Qui è questione di vita o di morte, e in questo, mi creda, non si offenda, non può comprenderci. Lei dice che siamo solo 30 famiglie [20 nella dichiarazione originale di Fulvio De Nigris da noi ripresa, N.d.R.] e che le altre 1.500 sono diverse! Chi glielo dice questo? Siamo arrivati sino ad oggi quasi a 90 famiglie. Sono sicuro che se hanno un parente in casa come me, la loro situazione è identica.
Mi creda, la situazione è diversa per lei. Per cui, la prego, non giudichi più se un gesto disperato è opportuno o meno, se non si trova nella stessa tragica situazione. Anzi non giudichi affatto, che è sempre la miglior strada democratica di un buon vivere civile.
Le ricordo anche di evitare di farsi pubblicità sulle nostre spalle. Infatti, quando chi più, chi meno esce dal coma, prontamente apparite voi sui giornali e in TV ed è proprio qui che voi dovreste pubblicamente dire che non prendete nessun paziente in coma al di fuori della residenza di Bologna.
Leggo nel vostro sito che per essere aiutati si può chiamare un numero verde al quale i “disperati” come noi lasciano i dati anagrafici, l’indirizzo ecc. Ma voi cosa fate? Niente! Anzi, inviate loro il vostro periodico con allegato bollettino per la donazione.
Grazie De Nigris per la comprensione che sono certo avrà riguardo al nostro dolore e per il silenzio che in seguito vorrà osservare.

Pietro Crisafulli

Gentilissimo Crisafulli. Lungi da me alimentare polemiche. Mi rendo perfettamente conto della situazione delle famiglie che vivono in Italia il problema del coma e dello stato vegetativo, sono in diretto contatto con molte di loro e ho pieno rispetto del loro vissuto e dei loro bisogni.
Il mio voleva solo essere un contributo costruttivo ad un gesto di disperazione, per dire che ci sono tavoli di lavoro, proposte, idee, associazioni federate e non che in Italia lavorano su questi temi e che sarebbe forse utile parteciparvi per essere informati, alimentare il confronto e potenziare le giuste rivendicazioni. Solo questo. Un suggerimento forse male interpretato e di questo me ne dispiaccio.
Mi permetta però anche di dirle che su questi temi, che ci coinvolgono tutti direttamente, non ci può essere qualcuno “che osa” o qualcun altro “che pretende silenzio”. Siamo in uno stato di diritto dove per fortuna ognuno può dire la sua e fare azioni di cui si assume la piena responsabilità.
Sul dolore, poi, non posso pensare ci possa essere ricerca di pubblicità e credo che questo sia anche il vostro intento.

Fulvio De Nigris

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