Assegni sociali: marcia indietro del Governo

Non era certo fuori luogo la dura presa di posizione della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) rispetto alla questione degli assegni sociali, se è vero che alcuni esponenti del Governo sembrano avere già fatto marcia indietro, parlando di «necessaria correzione» e dell'«esigenza di mantenere una prestazione che si configura come un reddito di ultima istanza per persone che per varie ragioni non hanno potuto accumulare adeguati versamenti contributivi». Seguiremo naturalmente l'evoluzione di tale provvedimento

Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche SocialiIn tempo quasi “reale” rispetto alla tempestiva e netta denuncia da parte della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), da noi ripresa poco fa (si legga il testo Una manovra ancora contro i disabili, disponibile cliccando qui), arriva già una risposta da parte di alcuni esponenti del Governo sulla questione degli assegni sociali e sul rischio che essi vengano tolti a migliaia di cittadini disabili con più di 65 anni di età. E si tratta di una risposta che sembra far registrare una chiara marcia indietro su quanto stabilito in precedenza.

Infatti – come leggiamo sul portale del quotidiano «la Repubblica» – il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito ha fatto sapere che il Governo intende presentare una modifica alla norma sull’assegno sociale, nel corso dell’esame della manovra economica al Senato, trasmettendo un emendamento nelle prossime ore alla Commissione Bilancio del Senato, che sta esaminando il provvedimento.
«La necessaria correzione – sono le parole del ministro del Lavoro, della Salute e delle Poltiche Sociali Maurizio Sacconi – della norma relativa ai criteri di erogazione dell’assegno sociale dovrà ora conciliare la doverosa esigenza di impedire gli eventuali abusi da parte di cittadini extracomunitari con quella di mantenere una prestazione che si configura come un reddito di ultima istanza per persone anziane che per varie ragioni non hanno potuto accumulare adeguati versamenti contributivi».

La contestata norma sull’assegno sociale era nata da una richiesta della Lega Nord, che aveva presentato un emendamento per limitare l’accesso agli assegni sociali da parte dei cittadini extracomunitari.
La scrittura del testo, però – prevedendo la corresponsione dell’assegno sociale solo a chi avesse soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale – rischiava sostanzialmente di colpire tutte le persone che non hanno mai effettuato versamenti contributivi, come le casalinghe o gli invalidi che, a causa della loro disabilità, non hanno mai svolto attività lavorativa. Un provvedimento, quindi, che avrebbe colpito soprattutto le fasce più deboli, privandole anche di quel sostentamento già minimo fino ad oggi erogato.

Dal canto suo, anche il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta ha sottolineato che il Governo farà in modo che le persone che hanno diritto agli assegni sociali continuino a riceverli.
Una vicenda, in ogni caso, che naturalmente seguiremo ancora e che lascia comunque perplessi, da qualunque parte la si valuti, non foss’altro nel dover registrare – anche restando fermi alle più recenti dichiarazioni degli esponenti governativi – una certa “leggerezza” da parte di chi elabora testi tanto delicati, come quelli di ambito economico-finanziario, senza valutarne le varie possibili conseguenze. (S.B.)

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