Leggo sul sito dell’ANSA: «Disabile allontanata da grande magazzino, intervengono Carabinieri. Imperia – Una disabile di 21 anni, Annarita Marino, abitante a Diano Marina, entrata, ieri pomeriggio, nel Supermercato Oviesse, di Via Repubblica, a Imperia, a bordo di una carrozzina motorizzata, è stata allontanata dal direttore. Il gesto ha suscitato la reazione dei clienti, che sono usciti dal grande magazzino in segno di solidarietà. Sul posto sono quindi intervenuti i Carabinieri, chiamati da un’amica della ragazza, e solo dopo l’arrivo dei militari il direttore ha fatto entrare la ragazza. Annarita, che si è dichiarata profondamente amareggiata e scioccata per l’accaduto, ha rinunciato a sporgere denuncia nei confronti del responsabile dell’Oviesse. In un primo tempo, quest’ultimo si è giustificato, dicendo che non voleva far entrare la carrozzella motorizzata per timore che impedisse agli altri clienti di muoversi liberamente. Poi ha detto che temeva che si trattasse di un veicolo non omologato. “Da Diano Marina mi ero recata a Imperia a incontrare due mie amiche – racconta Annarita -. Abbiamo deciso di entrare all’Oviesse: loro, con il passeggino alla mano, sono entrate. Hanno chiesto se potevo entrare anch’io e un addetto ha fatto cenno di sì. Poco dopo, però, è sopraggiunto il direttore che mi ha fatta uscire. Una mia amica gli ha risposto ‘vorrei che avesse anche lei una figlia disabile, per capire cosa significa’ e lui ha subito minacciato querele. Così la mia amica ha chiamato i Carabinieri. Io sono rimasta molto scioccata, ma non ho voluto sporgere alcuna denuncia, pensando che un rimprovero ben dato dai Carabinieri possa essere ugualmente sufficiente”. Annarita, che si è diplomata l’anno scorso all’ITC di Imperia, è ora impiegata alla Croce d’Oro di Cervo per una borsa-lavoro [grassetti nostri, N.d.R.]» [dell’episodio il nostro sito si è già occupato, nei giorni scorsi, all’interno dell’articolo intitolato Quella carrozzina vuota…, disponibile cliccando qui, N.d.R.]
Sono senza parole, indignato! Ricordo solo che in Italia la Legge 67 del 2006 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.] tutela le persone con disabilità dalle discriminazioni. Per tale norma, infatti, «Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità» (articolo 2, comma 1). E ancora: «Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga» (comma 2), mentre «si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone» (comma 3). Infine, «Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti» (comma 4).
In questi casi – e purtroppo quanto accaduto a Imperia rientra perfettamente nell’ipotesi di discriminazione diretta – il rimedio c’è! Il Giudice, che adotta il procedimento speciale previsto dal TU (Testo Unico) Stranieri, può ordinare il risarcimento del danno, anche non patrimoniale, adottare tutte le misure idonee a far cessare la discriminazione e la pubblicazione del provvedimento sulla stampa.
Il danno dev’essere risarcito integralmente: si tratta infatti di tenere indenne la persona disabile da ciò che incide negativamente sulle attività realizzatrici della normale vita di relazione.
Va detto poi che la funzione dei risarcimenti, nei casi di discriminazione, è (anche, se non addirittura soprattutto) conformativa, nel senso che il risarcimento stesso (più correttamente ancora, la minaccia del risarcimento) deve far si che la società si conformi ai principi di pari opportunità.
È da notare, infine, che per le prime due ipotesi di discriminazione anche le associazioni possono adire il Giudice per ottenere giustizia, non solo in nome del singolo soggetto leso, ma pure a tutela dell’interesse collettivo.
Personalmente, anche se Annarita Marino non ha sporto denuncia, mi auguro che un’associazione scelga di agire e lo faccia con durezza!
*Avvocato. Dottore di Ricerca in Diritto Civile all’Università Mediterranea di Reggio Calabria.
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