Potranno votare a domicilio le persone con gravi disabilità?

Non è ancora diventata legge la proposta che consentirebbe a migliaia di persone con gravi disabilità di votare a domicilio, pur non dipendendo in modo «vitale e continuativo da apparecchiature elettromedicali». Questo è infatti il dettato della norma attualmente in vigore, che si sta cercando di modificare in tempo utile per le prossime consultazioni elettorali di giugno. Alcuni esponenti radicali e dell'Associazione Luca Coscioni hanno avviato uno sciopero della fame per far sì che l'iter venga accelerato

Immagine sfuocata di mano che inserisce una scheda nell'urna elettoraleEravamo rimasti, dunque, alla Legge 22/06 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, recante disposizioni urgenti per l’esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l’ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche), che aveva convertito – come si evince dal titolo stesso – il precedente Decreto Legge n. 1 del 3 gennaio 2006, a firma dell’allora ministro degli Interni Giuseppe Pisanu.
«Si tratta di un provvedimento – avevamo scritto allora – che risponde finalmente ad una serie di istanze più volte lanciate in questi anni dal movimento delle persone con disabilità e seguite con attenzione anche dal nostro sito» (se ne legga nel testo disponibile cliccando qui).

Quel provvedimento, però, pur valutandolo comunque in modo positivo, lo avevamo considerato solamente come un “punto di partenza”, in quanto la possibilità di votare a domicilio riguardava esclusivamente le persone con disabilità «che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali», come si scriveva chiaramente all’articolo 1, escludendo cioè tutte le altre persone con gravi o gravissime disabilità, ritenute però “trasportabili”, non dipendendo in modo «continuativo e vitale» da un’apparecchiatura elettromedicale.
Ebbene, ad oggi, purtroppo, quel “punto di partenza” è rimasto tale, nonostante siano ormai imminenti – in giugno – una serie di consultazioni elettorali, vale a dire le europee, le amministrative e il refernedum. E non è ancora arrivata in porto la Proposta di Legge n. 907, presentata già l’8 maggio del 2008 dalla deputata radicale Rita Bernardini e sottoscritta da esponenti politici di tutte le forze presenti in Parlamento, con il titolo di Modifiche all’articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22, in materia di ammissione degli elettori disabili al voto domiciliare.

La sostanza di tale proposta è presto detta: si chiede di modificare il citato articolo della precedente norma, con il seguente testo: «Gli elettori che si trovano in una situazione di minorazione prevista dall’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ed impossibilitati a spostarsi autonomamente dalla propria dimora per qualsiasi motivo, sono ammessi al voto nella predetta dimora». Un’opportunità, quest’ultima, da far valere con una richiesta al proprio Comune – in tempi utili a predisporre il voto domiciliare – corredata naturalmente dalla relativa certificazione medica. La Proposta di Legge è stata approvata nei giorni scorsi dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera, ma resta concreto il rischio che essa non diventi legge in tempo per le prossime elezioni di giugno.
Per questo, già dal 20 aprile, la stessa Rita Bernardini, insieme a vari altri esponenti radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, hanno intrapreso uno sciopero della fame, per far sì che l’iter venga accelerato, dando anche seguito all’impegno pubblicamente espresso dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Severino Mingroni, persona abruzzese affetta da sindrome di locked-in*, consigliere generale dell’Associazione Coscioni.

«Vogliamo dunque – hanno dichiarato recentemente i protagonisti di tale azione di protesta – che finalmente il problema venga affrontato anche in Italia come in numerosi altri Paesi civili. In Australia, ad esempio, la commissione elettorale provvede a inviare al domicilio del disabile un seggio mobile nel giorno delle elezioni. Oppure in Francia è possibile votare per procura attraverso un incaricato che sia iscritto nello stesso seggio del suo assistito. In Canada chiunque può votare per posta, così come in Irlanda, se non si può raggiungere il seggio perché portatori di handicap. E sono tante altre le realtà del genere che a parer nostro non constituiscono certo “esempi fantascientifici” di progresso democratico, ma solo il minimo che si possa concedere, permettendo a chi ne ha bisogno di comunicare con una lettera e un certificato medico la propria situazione di disagio».
Correttamente si cita, a questo punto, il rispetto e l’integrale applicazione degli articoli 3 («…È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese») e 48 («…Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge») della Costituzione Italiana.
Ora, dal 2006, possiamo anche aggiungere l’articolo 29 (Partecipazione alla vita politica e pubblica) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal Parlamento Italiano il 24 febbraio scorso, ove si scrive: «Gli Stati Parti garantiscono alle persone con disabilità il godimento dei diritti politici e la possibilità di esercitarli su base di uguaglianza con gli altri, e si impegnano a: (a) garantire che le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla vita politica e pubblica su base di uguaglianza con gli altri…».

L’auspicio è quindi che rapidamente venga attuata questa modifica legislativa, consentendo a migliaia di persone con disabilità “intrasportabili” – pur non essendo «in condizioni di dipendenza vitale e continuativa da apparecchiature elettromedicali» – di essere cittadini a pieno titolo in tempo utile per le prossime votazioni di giugno. (Stefano Borgato)

*La sindrome locked-in o sindrome del chiavistello è una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure comunicare a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo.
È il risultato di un ictus al tronco-encefalo che vede danneggiata la parte ventrale troncoencefalica (corrispondente ai fasci piramidali). Esita come risultato in quadraplegia e inabilità a parlare in individui che per altri aspetti sono intatti dal punto di vista cognitivo.
I pazienti con la sindrome locked-in possono comunicare con altre persone, codificando la chiusura delle palpebre oppure muovendo i loro occhi, dato che i loro centri nervosi e le loro vie efferenti ai nervi ottici ed oculo-motori (nervi cranici II, III, IV) non sono danneggiati dal danno al fascio piramidale causa della paralisi al resto dei nervi cranici motori (nervi VI, VII, IX, XI, XII), nonché a tutti gli altri nervi che si originano da radici del midollo spinale.

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