Nelle cellule c’è un sistema che – opportunamente stimolato – può ripulirle da molecole tossiche responsabili di gravi malattie, come la corea di Huntington, il morbo di Parkinson o quello di Alzheimer.
In un lavoro pubblicato dalla rivista scientifica «Science», Andrea Ballabio, direttore del TIGEM (Istituto Telethon di Genetica e Medicina) di Napoli e docente di Genetica Medica presso l’Università Federico II del capoluogo campano, ha dimostrato per la prima volta al mondo che dietro questo sistema di smaltimento di rifiuti cellulari esiste una “cabina di regia“, una scoperta, questa, che pone le basi per un nuovo approccio terapeutico a tutte quelle malattie dovute all’accumulo di sostanze tossiche all’interno delle cellule.
Lo smaltimento dei rifiuti cellulari avviene ad opera dei lisosomi, piccoli organelli presenti in ogni cellula che hanno il compito di trasformare in sostanze innocue tutti i prodotti tossici del metabolismo. Per farlo sono dotati di una vera e propria “squadra di enzimi”: basta che anche soltanto uno di essi sia difettoso per avere gravi malattie, dette appunto “da accumulo lisosomiale”, come le glicogenosi e le mucopolisaccaridosi. Di queste malattie se ne conoscono almeno cinquanta e il gruppo di Ballabio le studia da tempo.
La grande novità introdotta da questo studio è avere scoperto che la fabbricazione e l’attività dei lisosomi sono sotto il controllo di una fitta rete di geni, che a loro volta rispondono a un unico direttore d’orchestra, denominato TFEB, un gene capace di potenziare l’attività degradativa della cellula agendo come un “interruttore genetico”.
«Aumentando i livelli di TFEB – spiega Marco Sardiello, primo autore del lavoro – abbiamo dimostrato che aumenta non solo la produzione di lisosomi, ma anche la degradazione delle sostanze tossiche presenti nella cellula». Questa prova è stata fatta anche con cellule contenenti la proteina tossica responsabile della corea di Huntington, gravissima malattia neurodegenerativa di origine genetica, per la quale attualmente non esiste alcuna cura e in cui la proteina difettosa si accumula nei neuroni portandoli progressivamente alla morte. Ebbene, fornendo TFEB, Ballabio e il suo gruppo hanno osservato che la proteina tossica veniva eliminata.
Si tratta dunque di una scoperta che apre le porte a un nuovo approccio terapeutico il quale – potenzialmente – potrebbe essere applicato a tutte le malattie dovute a un accumulo di sostanze tossiche all’interno delle cellule, dalla corea di Huntington a quelle lisosomiali, fino a svariate forme di demenza, tra cui il morbo di Parkinson e quello di Alzheimer.
Come spiega lo stesso Ballabio, «siamo già al lavoro, su due fronti paralleli: da una parte la verifica di questi risultati anche nei modelli animali, dall’altra la ricerca su larga scala di farmaci in grado di stimolare l’attività di TFEB. La nostra speranza è che promuovendo l’attività degradativa della cellula si riesca a evitare l’accumulo di sostanze tossiche e a prevenire così la morte delle cellule, con un approccio terapeutico di tipo farmacologico e quindi non invasivo».
Questi studi sono stati effettuati, come detto, al TIGEM, la cui sede è presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli, in collaborazione con Elena Cattaneo dell’Università di Milano e Roman Polishchuk del Consorzio Mario Negri Sud. (Ufficio Stampa Telethon)
Sull’importanza di tale scoperta si è già pronunciata anche un’associazione di pazienti e familiari, vale a dire l’AIMPS (Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini), il cui presidente Flavio Bertoglio – che è anche referente provinciale per Milano di Telethon – ha commentato: «Non possiamo che essere contenti e grati allo staff di Ballabio e del TIGEM per questa brillante scoperta che potrebbe sfociare in una cura neurologica non invasiva presumibilmente fra i tre e i cinque anni. Spesso noi genitori, con il silenzio e il passare del tempo, rischiamo di perdere la speranza e l’entusiasmo, ma notizie come questa, invece, ci riaprono il cuore».
Questo progetto è nato come spin-off [risultato secondario ottenuto nel contesto di una ricerca più ampia, N.d.R.] di quello finanziato da Telethon nel 2006, dal titolo Solfatasi e patologie umane: informazioni dalla deficienza multipla di solfatasi, che vedeva Andrea Ballabio come principal investigator, per un finanziamento totale di 319.858 euro (maggiori informazioni sono presenti nel sito di Telethon, cliccando qui).
Il lavoro è durato un anno e mezzo – dal novembre del 2007 all’aprile del 2009 – e ha coinvolto, oltre ad Andrea Ballabio, sei persone del suo laboratorio (in primis Marco Sardiello, Michela Palmieri e Alberto di Ronza, oltre a Diego Medina, Chiara Di Malta e Valerio Embrione). Hanno collaborato inoltre altri quattro ricercatori del TIGEM (Alessandro Gennarino, Francesca Donaudy, Sandro Banfi e Giancarlo Parenti) e anche ricercatori di altri istituti (Marta Valenza ed Elena Cattaneo dell’Università di Milano, Roman Polishchuk del Consorzio Mario Negri Sud), a loro volta titolari di finanziamenti Telethon.
Il costo totale del progetto è stato di circa 100.000 euro.
Il TIGEM (Istituto Telethon di Genetica e Medicina)
L’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM), diretto da Andrea Ballabio, è nato a Milano nel 1994 per creare un istituto di ricerca genetica d’eccellenza. Nel 2000 è stato trasferito a Napoli, ove occupa un intero edificio all’interno dell’Area della Ricerca Napoli 1 del CNR, per un totale di circa 2.000 metri quadri.
Grazie al sostegno della Regione Campania, il TIGEM ha potuto sviluppare importanti sinergie scientifiche con realtà come l’Istituto di Genetica e Biofisica del CNR, vari istituti dell’Università Federico II e della Seconda Università di Napoli e l’Azienda Ospedaliera Vincenzo Cardarelli.
Vi lavorano circa 170 persone tra ricercatori, borsisti, studenti, ospiti, personale tecnico e amministrativo. Attualmente il TIGEM ospita tredici gruppi di ricerca indipendenti, impegnati in cinque diversi filoni di studio: disturbi dello sviluppo, malattie oculari ereditarie, errori congeniti del metabolismo, genomica funzionale e biologia sistematica.
L’Istituto è anche attivamente impegnato nell’alta formazione, ospitando dottorandi afferenti ai Corsi di Genetica Medica della Seconda Università e di Genetica della Facoltà di Scienze Biologiche dell’Università di Napoli, oltre che a due corsi di Dottorato Internazionali (Scuola Europea di Medicina Molecolare e Dottorato in Genetica Umana in convenzione con la British Open University).
Ogni anno la gestione del TIGEM costa circa 7 milioni e 500 mila euro. Il finanziamento viene rinnovato ogni tre anni, dopo un rigoroso processo di revisione: ogni singolo ricercatore dell’Istituto presenta i suoi progetti e viene giudicato secondo i criteri del peer-review; inoltre, un comitato di esperti appartenenti alla Commissione Medico-Scientifica di Telethon visita di persona i laboratori e va a vedere da vicino il lavoro dei vari gruppi. Solo i progetti giudicati positivamente vengono finanziati.
Tra le scoperte più recenti del TIGEM:
– Aprile 2008: conclusa a Philadelphia la prima fase del primo trial clinico eseguito al mondo per la terapia genica di una malattia ereditaria dell’occhio: l’amaurosi congenita di Leber. La terapia, eseguita su tre pazienti italiani, non è risultata tossica e ha migliorato sensibilmente la loro capacità visiva.
– Aprile 2008: individuato un vettore AAV in grado di trasportare anche geni di grosse dimensioni. La scoperta permetterà di poter sperimentare la terapia genica anche per altre patologie prima non trattabili, come la sindrome di Stargardt e la fibrosi cistica.
– Settembre 2007: individuato un “gene-architetto” del cervello, che regola la suddivisione in aree della corteccia cerebrale. Il processo potrebbe fornire la base neurologica per lo sviluppo di attitudini e comportamenti individuali.
– Febbraio 2007: nuova terapia alle porte per la malattia di Pompe. Un farmaco già in commercio “cura” le cellule di alcuni pazienti.
– Febbraio 2006: la terapia genica blocca la paraplegia spastica in un modello animale e dimostra una via praticabile verso la cura dei pazienti che soffrono di questa malattia.
– Dicembre 2005: nel modello animale, la terapia genica ripara alcuni dei danni provocati dall’albinismo oculare.
– Dicembre 2002: pubblicato l’atlante del cromosoma 21, che “fotografa” l’attività di tutti i suoi geni e facilita la comprensione dei meccanismi alla base della sindrome di Down e di altre malattie genetiche.
Le principali malattie coinvolte da questa scoperta
Malattie da accumulo lisosomiale
Sono un gruppo di circa cinquanta malattie causate da un’alterazione di una qualunque delle funzioni dei lisosomi, gli organuli cellulari deputati alla degradazione e al riciclo dei materiali prodotti dal metabolismo. In particolare, sono dovute alla carenza o al malfunzionamento degli enzimi responsabili delle loro attività. Queste alterazioni comportano un accumulo all’interno dei lisosomi di materiali tossici, che causano danni alle cellule e ai tessuti.
In genere queste malattie interessano più organi, soprattutto fegato, milza, sistema nervoso centrale, cuore e muscoli. Per quanto riguarda le possibilità di cura, a seconda della malattia, si può intervenire in diversi modi (terapia enzimatica sostitutiva, trapianto di midollo), sebbene nessuno sia del tutto risolutivo.
Corea di Huntington
Si tratta di una grave patologia neurodegenerativa caratterizzata da disturbi del movimento e del comportamento e da deficit cognitivi che portano alla demenza. Insorge in genere intorno ai 30-45 anni e progredisce fino alla perdita completa di autonomia.
La malattia è causata da una particolare mutazione che si traduce nell’accumulo nei neuroni di una proteina anomala, detta huntingtina, che li porta progressivamente alla morte. Al momento non esiste una terapia risolutiva.
Morbo di Parkinson
Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla perdita progressiva delle cellule cerebrali che producono dopamina, una sostanza utilizzata dai neuroni per comunicare. I sintomi principali sono tremori, lentezza e impaccio nei movimenti, rigidità muscolare e instabilità posturale. A questi possono sommarsi sintomi neuropsichiatrici come ansia, psicosi e depressione; è inoltre comune la comparsa di demenza, la cui gravità può essere molto variabile.
La patologia colpisce in genere dopo i 50-60 anni, ma ne esistono anche forme più precoci (con insorgenza a 30-40 anni), di norma di tipo familiare. Attualmente non ci sono cure.
Morbo di Alzheimer
Il morbo di Alzheimer è una malattia degenerativa del cervello che provoca demenza. È caratterizzata dall’accumulo nelle cellule nervose di alcune sostanze, come la proteina amiloide, che formano delle vere e proprie placche, e dalla perdita di neuroni. Si manifesta con il declino progressivo delle capacità intellettive e con alterazioni del comportamento. A poco a poco, le persone malate perdono autonomia, diventando dipendenti dagli altri per necessità elementari come lavarsi, vestirsi, nutrirsi.
Nella maggior parte dei casi la malattia è di tipo sporadico, non ha cioè precedenti in famiglia e si manifesta dopo i 65 anni. In una quota inferiore (10-25%) presenta un certo grado di familiarità e può insorgere prima. Non esiste al momento una terapia risolutiva.
Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa Telethon, tel. 06 44015314, adebartolis@telethon.it.
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