«Basta chiamarci “categorie protette”, con 254 euro al mese di pensione! Basta lasciarci morire lentamente nella solitudine! Chiedo un impegno scritto dal mondo della politica, altrimenti la mia protesta continuerà!». E l’iniziativa di sciopero della fame avviata il 25 maggio da Alessandra Incoronato (alessandraincoronatoinrame@yahoo.it), presidente di un’associazione in provincia di Roma, persona con grave disabilità, sta in effetti continuando, con ripercussioni sempre più gravi per la sua salute (se ne legga nel nostro sito al testo disponibile cliccando qui).
Oggi ci scrive la sua amica Giovanna Caratelli e la nostra maggiore speranza è che il suo sentito messaggio venga letto da più persone possibili – referenti istituzionali e semplici cittadini – che accolgano il suo accorato appello, sempre con l’auspicio che si possa giungere rapidamente a una soluzione che interrompa un’azione tanto estrema. (S.B.)
Scrivo da Santa Marinella, vicino a Roma e sono un’amica di Alessandra Incoronato che voi tutti conoscete. Quando Alessandra mi ha comunicato la sua intenzione di cominciare il suo sciopero della fame, mi sono molto preoccupata, come tutte le persone che la conoscono e che le vogliono bene.
Le condizioni fisiche di Alessandra sono molto gravi, aveva trascorso quasi tutto l’inverno in casa, era piena di dolori e molto debilitata. Ma la preoccupazione maggiore si basava su una fondamentale sfiducia nella riuscita di questa impresa, che giudicavo, francamente, impossibile.
Le ho prospettato tutti i tipi di problemi: dalla situazione congiunturale mondiale all’indifferenza dei nostri politici. Ovviamente non sono riuscita a dissuaderla. Tutti noi abbiamo assecondato, nostro malgrado, questa battaglia, ma sicuramente non l’abbiamo supportata come avremmo dovuto, nell’errata convinzione che comunque a un certo punto si sarebbe arresa.
E invece Alessandra – che sicuramente avvertiva il nostro pessimismo – non si è mai, mai arresa. Ci sta dimostrando qualcosa, qualcosa di importante che va al di là della sua battaglia. Che è un insegnamento per noi tutti. Che una volontà determinata e incrollabile come la sua, per una causa giusta e portata avanti con generosità e senza egoismi, può arrivare a realizzare quello che ritenevo impossibile.
Per questo voglio ringraziare tutti quelli che hanno dato spazio e risonanza a questa iniziativa, ma voglio anche invitare tutti coloro che leggeranno queste righe ad aderire in qualunque modo e nelle proprie possibilità a questa battaglia che è una battaglia di giustizia e di civiltà. È proprio questo il momento di spingere e di sostenere Alessandra.
Visto che ho la fortuna di frequentarla quasi quotidianamente, condivido con lei gioie e delusioni. Lacrime e risate. E vi assicuro che con Alessandra anche nei momenti peggiori si ride molto, ha la capacità di sdrammatizzare e vedere il lato buffo e ridicolo delle cose con acutezza e velocità di pensiero.
Ma ha anche la grande capacità di commuoversi anche solo per un sorriso o per una parola detta con sincerità, da cuore a cuore. La sua salute è molto molto peggiorata. Ha superato molte crisi in questi ultimi anni e il suo fisico è molto debilitato. Questo semi-sciopero della fame che sta conducendo ha messo in crisi un equilibrio molto delicato. Ha dolori forti e febbre alta. Nonostante questo, come recupera un minimo di energie, si rimette al lavoro.
Una volta ho letto nei suoi occhi la paura. È stato un attimo. Il prezzo che sta pagando per questa battaglia è molto alto. In termini di salute e in termini di dolore fisico. Lo dico perché lo vedo e ne sono testimone ogni giorno.
Alessandra ci tiene molto al suo aspetto fisico ed è sempre molto carina, ben vestita e ben truccata; si arrabbierà quando leggerà queste righe, ma io credo che in voi non susciteranno pietà, ma indignazione. Indignazione per il modo in cui è costretta a portare avanti una battaglia che è solo il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, quello di vivere con dignità una vita che già è molto provata. Aiutateci a sostenere Alessandra e a dare voce a tutte le persone che non ce l’hanno.
Giovanna Caratelli