Ma siamo sicuri che non sia un danno alla mobilità?

di Franco Bomprezzi*
Se una persona con disabilità deve rinunciare al posto destinato ai titolari di contrassegno - che ha dimensioni ben precise e possibilità più ampie per la salita e la discesa dall’auto - ed è costretta invece a scegliere un posto ordinario, delimitato dalle linee blu, lo spazio a disposizione è assai minore, e la manovra risulta assai disagevole. Forse, dunque, c'è qualcosa che non funziona in quella recente Sentenza della Cassazione, secondo la quale per le persone con disabilità la gratuità dei posti con le strisce blu sarebbe solo «un vantaggio economico e non un miglioramento della mobilità personale»

Persona in carrozzina sale in auto dal posto del passeggeroParto da una piccola notizia, ovviamente non riportata dai giornali, ma solamente da Superando: la Cassazione ha sentenziato pochi giorni fa che parcheggiare, con il contrassegno disabili, in uno spazio delimitato dalle righe blu, perché i posti destinati alle persone con disabilità sono tutti occupati, non esime dal pagamento della tariffa oraria, ossia non c’è diritto alla gratuità, perché la gratuità sarebbe solo «un vantaggio economico e non un miglioramento della mobilità personale» [se ne legga nell’articolo intitolato: La Cassazione sentenzia. Con le linee blu tutti devono pagare, disponibile cliccando qui, N.d.R.].

Letta così la Sentenza non fa una grinza, io per primo sono quasi sempre contrario a scambiare la gratuità di servizi destinati al pubblico per un diritto delle persone con disabilità, perché questo atteggiamento ha unicamente un sapore “risarcitorio” di un danno esistenziale, ma comporta, assai spesso, l’accettazione di servizi o di soluzioni scadenti solo perché gratis. Faccio l’esempio più lampante: i posti riservati alle sedie a rotelle nelle sale cinematografiche. Quasi ovunque non si paga il biglietto (paga solo l’eventuale accompagnatore) ma i posti sono scomodissimi, in prima fila, del tutto discriminatori rispetto alla libertà di scelta degli altri spettatori. Analoga considerazione per i concerti, e spesso per gli stadi o i palazzetti dello sport.

La gratuità, come dice la Cassazione, migliora le tasche delle persone con disabilità, ma non la loro mobilità personale. Eppure c’è qualcosa che non funziona in questo caso. Ed è evidente a chiunque usi sistematicamente le aree di sosta pubbliche. Vado abbastanza spesso in Svizzera, e non so come mai ma trovo sempre liberi i posti riservati ai disabili e parcheggio tranquillamente in spazi ampi e ben disegnati. In Italia i posti per disabili sono spesso pochissimi e costantemente occupati da auto con il contrassegno, che sono diventate tantissime, come se la popolazione con disabilità italiana fosse assai più consistente che nel resto del mondo.
Non solo: se devo rinunciare al posto delimitato per i titolari di contrassegno – che ha dimensioni ben precise, e possibilità più ampia per la salita e la discesa dall’auto – e sono costretto invece a scegliere un posto ordinario, i famosi posti blu, lo spazio a disposizione è assai minore, e la manovra risulta assai disagevole, il rischio di non poter salire o scendere dall’auto è reale.
Dunque non è vero che non ci sia un danno alla mobilità dei “veri” disabili in sosta. Non si risolve questo problema, a mio giudizio, ripristinando la gratuità, ma semplicemente controllando meglio e ripensando seriamente, in tutta Italia, la questione della circolazione e della sosta delle auto guidate da persone con disabilità o che le trasportano. Così non va, e in tempi di crisi e di vacche magre per i Comuni (guarda caso la sentenza riguarda Palermo…), va a finire che l’unica soluzione è far pagare tutto, sempre e comunque. Mi pare che stiamo tornando indietro, e rapidamente.

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