Avevamo avuto modo, nelle scorse settimane, di segnalare una Sentenza della Corte di Cassazione (la n. 21271 del 5 ottobre scorso), che esaminando il caso riguardante un cittadino di Palermo, aveva stabilito che anche le persone che espongono il contrassegno per disabili debbano pagare sui posti contrassegnati dalle strisce blu, indipendentemente dal fatto che siano occupati tutti i posti riservati ai disabili stessi. Avevamo altresì sottolineato che tale provvedimento forniva solo un orientamento giurisprudenziale, non potendo assolutamente modificare eventuale esenzioni stabilite dai Comuni, così come, ad esempio, si erano affrettate a ricordare le Municipalità di Parma e Ancona, nel ribadire la loro volontà di continuare a mantenere gratuito il parcheggio tra le strisce blu alle persone con disabilità (se ne legga cliccando qui).
Tramite altre opinioni, poi, avevamo dato voce ad alcune perplessità di merito su quella Sentenza, ad esempio con i testi di Franco Bomprezzi (disponibile cliccando qui) o di Raffaello Belli dell’AVI (Associazione Vita Indipendente) Toscana (disponibile cliccando qui). Messaggi come quello del nostro lettore Gianni Losacco, cui diamo spazio di seguito, non fanno altro che confermare quelle perplessità… (S.B.)
Vorrei proporre un piccolo esempio di una delle tante difficoltà che una persona con disabilità – nella fattispecie mio figlio – è costretta ad affrontare nella vita quotidiana. Nello scorso mese di agosto, infatti, mi sono recato con la mia famiglia a Ostuni (Brindisi), in concomitanza con i festeggiamenti in onore di Sant’Oronzo, patrono della città.
Giunti sul posto, comincia l’odissea della ricerca del posto riservato ai disabili, in quanto riscontro che due posti sono occupati da vetture prive di contrassegno, uno dai cassonetti della raccolta differenziata e uno dal box biglietteria delle giostre ivi presenti.
In un tale contesto di assenza di legalità, provo a cercare un vigile, ma anche questa “impresa” non si conclude positivamente, cosicché parcheggio l’auto sulle strisce blu, esponendo il contrassegno sul cruscotto.
Al rientro dalla passeggiata – senza avere incontrato nel frattempo alcun vigile – trovo l’avviso di accertamento di violazione al Codice della Strada per omesso pagamento del ticket. Riparte quindi la “caccia al vigile” e mia moglie è più fortunata di me perché riesce a intercettare una vigilessa cui viene raccontata l’intera vicenda, compresa la presenza dei cassonetti. La stessa vigilessa consiglia di presentare un ricorso per l’annullamento.
L’indomani ritorno sul “luogo del delitto” e incontro una pattuglia cui faccio notare la presenza del box biglietteria; anche loro mi consigliano di inoltrare un ricorso che puntualmente viene consegnato al locale Comando dei Vigili Urbani nella stessa giornata. Risultato? A distanza di due mesi ricevo la notifica del verbale…
Evidentemente non si è preso in considerazione lo stato di necessità in cui mi sono trovato e che non ho potuto rappresentare, stante la vana ricerca di un vigile; né si è tenuto conto della scarsa attenzione da parte delle Autorità che non hanno adeguatamente vigilato alle “invasioni di campo”, sia da parte di chi ha spostato impropriamente i cassonetti e sia di chi ha collocato il box biglietteria in una posizione così infelice, che ha sì assecondato le necessità ludiche dei normodotati, negando però un diritto alle persone con disabilità.
Appare quindi lecito parlare di inadeguato controllo e anche – per continuare a usare “metafore calcistiche” – di una sorta di “responsabilità oggettiva/morale”, atteso che il terzo e quarto posto erano abusivamente occupati, impedendo stabilmente l’esercizio di un diritto?
Certo, Signor Losacco che «appare lecito». Recita l’articolo 2, comma 3 della Legge 67/06: «Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone». Che dire di più?
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