Senza Vita Indipendente nulla per me sarebbe possibile

Intervista a Elisabetta Gasparini*
Sono parole di Elisabetta Gasparini, una delle persone più attive all'interno del Movimento Italiano per la Vita Indipendente, che conobbe questa filosofia di vita nell'ambito di un progetto europeo nel 1998 e fu subito un "amore a prima vista"

Bionda, occhi che sorridono. A 18 anni si sposa, lascia la casa dei suoi genitori che è ancora molto giovane, viaggia per tutto l’Oriente, si laurea in lingue orientali, è una delle persone più attive all’interno del Movimento italiano per la Vita Indipendente delle persone con disabilità. L’entusiasmo che affiora ogni volta che Elisabetta Gasparini parla di autodeterminazione della persona disabile, la sua lucida capacità d’analisi e la lunga esperienza “sul campo” fanno di lei una delle maggiori esperte di Vita Indipendente (intesa come assistenza personale autogestita) nel nostro Paese. Intervistarla è interessante e piacevole. La ringraziamo molto per la disponibilità. (Simona Lancioni)

Elisabetta GaspariniUna volta hai detto: «Per me non è semplicemente una cosa che fa bene alla vita, è una cosa senza la quale la mia vita non sarebbe possibile». Come nasce il tuo “amore” per la Vita Indipendente delle persone con disabilita?
«Ho conosciuto Vita Indipendente nel 1998 nell’ambito di un progetto europeo con il Comune e la UILDM di Venezia (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), fortemente voluto del presidente nazionale di allora dell’Associazione Roberto Bressanello. Vi partecipai come corsista con altre trenta persone con disabilità ed fu un vero “colpo di fulmine”, un “amore a prima vista”, per le idee, la filosofia e l’operatività che ne poteva conseguire in tutti i campi. Un gruppo di persone con disabilità della cooperativa svedese STIL vennero a Venezia e successivamente alcuni di noi andarono a Stoccolma. Ci parlarono dell’Assistenza Personale e mi bastò un attimo per capire, quando una delle ospiti svedesi, una ragazza di 17 anni che si chiamava Emily, semisdraiata sulla sua carrozzina allungata, ci disse: “La vita dei bambini con disabilità grave è continuamente controllata. Ho sempre avuto bisogno di tutto, anche del respiratore e mia mamma era quasi sempre con me. Ho avuto la mia prima Assistente Personale a 14 anni, lei ne aveva 19. Con lei un giorno ho marinato la scuola. Naturalmente sono stata poi scoperta perché dalla scuola avevano telefonato a casa per sapere se stavo bene. Quando ha saputo cosa era successo mia mamma ha sgridato la mia Assistente Personale. Io mi sono arrabbiata e le ho detto che doveva prendersela con me perché la decisione era stata mia. Volevo farlo. Lo fanno tutti i ragazzi”. C’era tutto: autodeterminazione, scelta, assunzione di responsabilità, per un breve momento parità di opportunità».

Puoi descriverci brevemente com’è articolato il tuo progetto di Vita Indipendente?
«Negli anni è stato molto variabile, a seconda delle mie diverse esigenze che mutano con progressione. Oggi ho una ragazza che viene alle 7 e mezza la mattina, mi alza, vado in bagno, mi lavo, vesto ecc., faccio colazione, mi passa il computer e quello che mi serve per la mia attività, mi aiuta in casa, mi accompagna e aiuta in piscina ecc.
Nella tarda mattinata ho un altro assistente, un ragazzo con il quale vado a camminare con una terza persona (per camminare mi servono una persona a destra e una a sinistra per l’equilibrio) e che viene anche due o tre volte nella giornata, sino a sera, con un orario spezzettato. Lui mi accompagna anche nelle trasferte, che sono molte perché sono spesso in giro. Fino a poco tempo fa mi accompagnavano Assistenti Personali diversi. Poi c’è la domenica. Ho una discreta rete di assistenti o ex assistenti che posso chiamare in caso di necessità. La sera e la notte sono con il mio compagno. Il finanziamento che ricevo copre circa la metà delle spese che sostengo».

Com’è cambiata la tua vita da quando fai Vita Indipendente?
«Fortunatamente non è cambiata molto. Riesco a fare quasi tutto quello che voglio, come prima. Solo che il prima a cui mi riferisco risale a quando ero ancora autosufficiente. Con questa chiave di lettura è un successo».

Quali sono – a tuo giudizio – i punti critici e gli errori più comuni nella gestione dell’assistenza personale autogestita?
«Nella mia esperienza l’unica cosa che considero un errore è stata l’assunzione, per un breve periodo, di un’amica. Non favorisce la divisione dei ruoli. In generale mi sembra che i punti critici derivino spesso da una mancata chiarezza negli accordi sulle mansioni e sugli orari».

Vuoi esprimere qualche considerazione in merito al rapporto con gli/le assistenti personali?
0«Mi sono sempre trovata benissimo con i miei Assistenti Personali e spero anche loro con me. Abbiamo ottimi rapporti, anche al di fuori dell’orario di lavoro. Tuttavia mi sento di fare delle considerazioni che ritengo molto importanti e che riguardano il mantenimento della privacy. A volte si rischia l’intromissione reciproca. Per questo è necessario chiarire sin da subito che niente che riguardi la mia o la sua sfera personale è raccontabile, io faccio richieste per quel che riguarda tempi, mansioni e modalità di esecuzione e il mio Assistente Personale può decidere se dirmi di sì o di no senza giustificarsi o raccontarmi cos’altro deve fare se non è disponibile.
I miei amici hanno naturalmente rapporti amichevoli con i miei Assistenti Personali e viceversa, ma questo non è un obbligo reciproco; è un rapporto tra datore di lavoro e dipendente e ognuno di noi ha la sua vita; passare molto tempo insieme non comporta necessariamente coinvolgimento nelle attività o condivisione delle amicizie».

In base alla tua esperienza, hai riscontrato significative differenze tra uomini e donne nel modo di gestire l’assistenza personale?
«Sinceramente no».

L’assistenza personale autogestita può aiutare una donna con disabilità ad esprimere la propria femminilità? E se sì, in che modo?
«L’Assistente Personale può aiutarmi nella cura della mia persona e del mio aspetto, ma questo secondo le mie disposizioni. L’espressione della mia femminilità non ha nessuna relazione con l’Assistente Personale».

Hai qualche aneddoto divertente legato al “fare Vita Indipendente”?
«La mia prima splendida Assistente Personale per le trasferte era una studentessa universitaria di lingue orientali. Per il suo reperimento avevo messo un’inserzione nella bacheca della Casa dello Studente. Quando si è laureata e doveva partire per la Cina per un periodo molto lungo, le chiesi se conosceva qualche altra studentessa interessata a questo lavoro. Lei mi presentò la mia seconda Assistente Personale. Mi invitarono in Svizzera, a Bellinzona, per parlare di Assistenza Personale per la Vita Indipendente in un convegno molto ben organizzato.
Dopo un pomeriggio in cui si parlava di persone con disabilità non più “oggetti di cura”, ma “soggetti protagonisti” della propria vita, di scelte, di autogestione, autodeterminazione e così via, fummo entrambe intervistate in diretta da una TV locale. Le chiesero come ci eravamo conosciute e lei rispose candidamente con il suo spiccato accento fiorentino, rivolta a me: “Me l’ha passata una mia amihha!”».

*Intervista realizzata da Simona Lancioni e pubblicata dal Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il titolo Senza Vita Indipendente la mia vita non sarebbe possibile, nel proprio spazio presente all’interno del sito di tale Associazione. Il testo viene qui ripreso – con minimi adattamenti non sostanziali – per gentile concessione.

Il Gruppo Donne UILDM
La curatrice della presente intervista – Simona Lancioni – fa parte del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili. Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto, oltre che da Simona Lancioni, da Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Oriana Fioccone, Francesca Penno, Anna Petrone, Gaia Valmarin e Marina Voudouri) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la recente creazione di un repertorio (VRD Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità (il nostro sito se n’è occupato con l’articolo disponibile cliccando qui). 

L’indirizzo del Gruppo Donne UILDM è www.uildm.org/gruppodonne. Al repertorio di cui si è detto, si accede esattamente cliccando qui.

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