In Europa, solo il 29% dei cittadini con disabilità ha un lavoro e solo il 9% va all’università. E il 95% dei siti internet pubblici sono inaccessibili. Una situazione che spinge il FID (Forum Italiano sulla Disabilità) – l’organizzazione che rappresenta il nostro Paese all’interno dell’EDF (European Disability Forum) – a chiedere al governo italiano, in vista dell’imminente vertice europeo, di spingere affinché sia ottenuto un chiaro riferimento alla disabilità nella strategia dell’Unione Europea per il prossimo decennio [Europa 2020, il programma strategico per le future politiche economiche e sociali dell’Unione, N.d.R.].
Dal FID si ricorda dunque che «uomini e donne con disabilità in Europa hanno meno della metà delle probabilità di trovare un lavoro e meno della metà delle opportunità di studiare» e che i non vedenti, le persone con problemi di manualità e le persone con disabilità intellettiva «possono accedere solamente al 5 % dei siti internet della pubblica amministrazione e ai relativi servizi». Statistiche definite come “dolorose”, considerando che l’Unione Europea è in procinto di ratificare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Certo, la situazione dell’Italia è meno grave di quella di altri Paesi, ma non mancano carenze sostanziali.
L’inclusione della disabilità nella strategia dell’Unione Europea per il prossimo decennio può, a parere del Forum, «produrre cambiamenti fondamentali» e l’Italia «può svolgere un ruolo determinante in tal senso nel corso della riunione dell’imminente riunione del Consiglio Europeo, nel momento in cui i capi di Governo dell’Unione saranno chiamati a decidere la strategia economica e sociale del prossimo decennio». «Ciò – spiega il FID – è particolarmente importante poiché l’esistenza delle persone con disabilità dipende ormai in gran parte dall’insieme delle politiche comunitarie: ci chiediamo come sarà possibile raggiungere il 75% dell’occupazione entro il 2020 e ridurre a 20 milioni il numero delle persone in condizione di povertà entro il 2020, se non si terrà conto delle persone con disabilità che costituiscono il 13% della popolazione europea e se non si offrirà loro un lavoro e un’adeguata istruzione alla pari dei loro concittadini. Come si potrà parlare di inclusione delle persone con disabilità, se esse non avranno il diritto di muoversi senza barriere e di partecipare pienamente alle attività più comuni come viaggiare, andare in vacanza o fruire dei beni culturali?».
La richiesta allora è quella che nell’ambito della Strategia Europa 2020 sia inserito un Patto Europeo sulla Disabilità che «favorisca iniziative concrete a livello europeo e nazionale tali da migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie». Il nostro Governo, è l’auspicio, «dovrà sostenere questa proposta se vorrà contribuire alla realizzazione di una società per tutti». Si tratta, nel concreto, di «rendere più inclusivo il contesto educativo, migliorare l’accessibilità di tutti gli edifici, rendere più efficace l’accessibilità degli strumenti dell’informazione e della comunicazione, assicurare il pari diritto ad accedere alla sicurezza sociale» e così via.
Il movimento europeo delle persone con disabilità immagina una situazione in cui «i datori di lavoro dovrebbero realizzare e mantenere posti di lavoro inclusivi e flessibili, le famiglie e gli educatori dovrebbero impegnarsi a instillare nei bambini con disabilità la consapevolezza che possono e devono ambire al successo nella vita». Presupposto di tutto ciò, però, è che «vi siano le necessarie condizioni politiche, economiche e sociali». «Dal governo italiano – dichiara in tal senso Tommaso Daniele, presidente del FID – ci attendiamo un forte sostegno alla nostra iniziativa che può segnare una svolta decisiva nell’agenda politica sulla disabilità nell’Unione Europea».
*Testo pubblicato da «Redattore Sociale», con il titolo di FID: “L’Italia spinga per una svolta europea sulla disabilità, qui ripreso, con lievi adattamenti, per gentile concessione.
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