«Perché dunque far finire questa illusione fatta solo di fantasia
e di poesia? Perché la vita non è solo immaginazione? Aria?
Leggerezza? Parole che volano?
Solo ciò ha valore perché va oltre la concretezza del mondo.
Permane.
La materia, al contrario, è carne è peso è dolore è morte.
Finisce.
Per fortuna»
(Grazia Frisina, A passi incerti,
Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2009, p. 61)
È un legame tenero e forte allo stesso tempo quello che lega Emilia e Stella, le due sorelle protagoniste del romanzo A passi incerti, scritto da Grazia Frisina (Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2009).
Emilia è una giovane donna con disabilità colpita da amiotrofia spinale (SMA), malattia altamente invalidante che comporta il graduale indebolimento dei muscoli volontari. Stella invece è una studentessa di scienze geologiche che passa da una storia sentimentale all’altra senza mai riuscire a sentirsi del tutto coinvolta.
È difficile stabilire quale delle due sia più fragile, se Emilia, che rifiuta la sua disabilità e il mondo esterno dal quale si sente respinta, o Stella, che si ritrova spesso – assieme alla loro madre – in balia dei malumori della sorella.
Al di là della trama, sulla quale non indugiamo, A passi incerti è un romanzo caratterizzato da un’attenzione molto scrupolosa alla lingua e alla semantica. Un’attenzione che suggerisce quasi l’idea di una “prosa poetica”, una narrazione in cui la lingua naturale è usata come materiale e la forma ha una rilevanza pari al messaggio veicolato, proprio come accade nel testo poetico. Non è casuale che sia proprio la poesia il “vascello” che traghetterà Emilia nel suo percorso di cambiamento e di riscatto. Né si può ritenere accidentale che l’intreccio narrativo si sviluppi proprio intorno al percorso di cambiamento, piuttosto che sulla meta (la conoscenza e l’accettazione di sé).
Quella di Grazia Frisina è una scrittura femminile allenata all’introspezione, ma poco incline al sentimentalismo. Uno stile capace di forgiare personaggi molto realistici, che si prestano ad essere guardati e scoperti, di certo non ad essere giudicati. Anche nella finzione letteraria esiste un modo onesto per parlare di disabilità: raccontare il dolore senza precludere la gioia. Come per tutte le persone del mondo, perché – anche se il concetto è meno condiviso di quanto si pensi – le persone disabili fanno parte del nostro mondo.
Grazia Frisina ha origini siciliane, ma attualmente vive in provincia di Pistoia, dove insegna lettere presso un istituto di scuola secondaria. Si è sempre dedicata alla poesia e proprio quest’anno ha vinto il primo premio al concorso di poesia Io esisto, indetto dalla Sezione UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Ottaviano (Napoli). A passi incerti è la sua prima opera in prosa.
*Componente del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), nel cui sito il presente testo è già apparso – con il titolo «A passi incerti» di Grazia Frisina (recensione) – e viene qui ripreso per gentile concessione.
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