Italia-Germania, oggi alle ore 14.30: si aprirà così la sfida della nostra nazionale di wheelchair hockey (hockey in carrozzina), in lizza per meritarsi il titolo di campione del mondo.
Dopo l’inaugurazione animata dalle danze della FIDS (Federazione Italiana Danza Sportiva) e con la partecipazione della coppia fiorentina campione del mondo di show dance, composta da Edoardo Ciolli e Silvia Romei, inizia dunque il secondo Campionato Mondiale di questa disciplina sportiva, ospitato nel Palazzetto dello Sport Ge.Tur. di Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine.
L’Italia dovrà battersi con la Germania, che non è una squadra qualsiasi per la nostra nazionale. Luca Maino, l’allenatore degli Azzurri, la definisce infatti la “nostra bestia nera”. «Ci ha sempre battuti finora – racconta – e agli Europei del 2008 in Belgio l’avevamo incontrata per prima, proprio come questa volta, perdendo. A causa di quella sconfitta, avevamo potuto conquistare solo il terzo posto. E altre volte abbiamo perso contro la Germania. Questa volta vogliamo vincere, abbiamo ottime possibilità di arrivare primi».
È positivo Maino, ha fiducia nelle potenzialità dei propri giocatori. Che però da ieri sera sono molto nervosi, emozionati. Qualcuno si è sentito male. Giocare in casa aumenta il senso di responsabilità, carica i giocatori quasi del “dovere” di vincere. A parlare con loro si sente l’adrenalina, la voglia di giocare, di essere, finalmente, nel momento fatidico dell’incontro.
«I ragazzi che ho scelto sono molto bravi – continua Maino – ed è sempre più difficile sceglierli nella lista dei papabili, perché di anno in anno aumenta il livello tecnico delle loro prestazioni e perché entrano continuamente nuovi giocatori, giovani, con energie fresche».
Con quale criterio li ha scelti?
«Ho privilegiato chi ha esperienza. Partecipare a un evento come questo richiede preparazione e chi ha esperienza è avvantaggiato. Però nella scelta continuo una specie di processo di turnazione, per cui man mano inserisco nuove leve, le preparo, do loro spazio e le affianco a giocatori con più esperienza».
Quali sono le caratteristiche più importanti per fare di un giocatore di wheelchair hockey un buon giocatore?
«L’educazione e l’umiltà».
Più ancora della forza e soprattutto della tecnica?
«Sì. La capacità di accettare consigli, la fiducia nell’allenatore e nel team sono essenziali. Puoi essere anche tecnicamente bravo, ma se fai tutto di testa tua non so come mettere il tuo potenziale a servizio della squadra. E della vittoria».
Cosa dà questo sport agli atleti che lo praticano e cosa ha dato a lei?
«Per loro è un’esperienza vitale. Li accende. Uscire di casa con un obiettivo, confrontarsi con gli altri: il bello di questo gioco sta più nelle relazioni interpersonali e affettive che si creano tra i giocatori che nell’agonismo in sé. Anche per me l’hockey in carrozzina significa molto perché mi ha dato una famiglia. Mia moglie assisteva l’atleta di una squadra e l’ho conosciuta così. Ora abbiamo tre figli. E non è solo questa la mia famiglia, è tutto il Wheelchair Hockey Italia».
Torniamo alla partita con la Germania. Siete davvero pronti?
«La tensione si sente, ma siamo determinati. E poi per la prima volta abbiamo anche noi carrozzine in grado di correre i quindici chilometri all’ora. Fino alla scorsa competizione eravamo l’unica squadra che poteva fare al massimo i dieci chilometri orari e ci prendevano tutti in giro. Nonostante questo, ripeto, ci siamo classificati terzi agli scorsi Europei. Ora, con le nuove carrozzine, abbiamo superato una specie di “blocco psicologico” e gli atleti si sentono più sicuri, non essendoci più limiti oggettivi all’espressione delle loro potenzialità. Potremo dare il nostro meglio».
– Ai nastri di partenza i Mondiali di hockey in carrozzina (cliccare qui)
– L’hockey in carrozzina vuole definire la sua identità intrenazionale (cliccare qui)
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