Come avevamo segnalato (se ne legga cliccando qui), sono scesi in piazza il 27 aprile scorso a Napoli, Roma e Genova gli operatori sociali delle cooperative e delle associazioni riunite nel Comitato “Il welfare non è un lusso”, per una manifestazione nazionale di protesta in favore delle politiche sociali.
Sull’iniziativa – che ha visto tra l’altro molte persone portare in giro per il centro cittadino mutande stese su fili e qualche pannolino, per sottolineare con suggestione simbolica le conseguenze che i tagli stanno avendo sul settore – riferisce il sociologo e blogger Luca Scialò, guardando in particolare a quanto è accaduto a Napoli.
Per Terzo Settore – come è stato scritto – si intende «quel complesso di istituzioni che all’interno del sistema economico si collocano tra lo stato e il mercato, ma non sono riconducibili né all’uno ne all’altro; sono cioè soggetti organizzativi di natura privata, ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, organizzazioni non governative, ONLUS ecc.)».
In Italia tale sistema è diventato fondamentale per sopperire alle mancanze dello Stato in ambito socio-assistenziale; uno Stato – causa i continui tagli dei Governi susseguitisi negli anni – diventato sempre meno efficiente e presente in campo “sociale”, ovvero nei riguardi delle persone con disabilità, degli anziani, delle madri sole e dei minorenni.
Eppure anche il Terzo settore è sottoposto alla “scure della politica”, che lo depriva anno dopo anno di risorse, affidandosi al sacrificio e alla pazienza di chi agisce in questo ambito, non percependo i già magri stipendi anche per mesi o non beneficiando di fondi per mantenere in vita le strutture in cui si opera.
Per queste ragioni – ma soprattutto per difendere i diritti dei beneficiari finali dei servizi socio-sanitari – gli operatori sociali sono scesi nelle piazze di più città, con il più classico dei motti: «Ci avete ridotti in mutande».
A Napoli, oltre un migliaio di operatori sociali da Piazza Dante ha raggiunto Piazza del Plebiscito, portando in giro per il centro cittadino mutande stese su fili e qualche pannolino, proprio per sottolineare le conseguenze che i tagli stanno avendo sul settore. Un cesto di indumenti è stato poi consegnato in Prefettura affinché – hanno detto i manifestanti – «venga consegnato a Tremonti e Berlusconi che hanno lasciato in mutande operatori e fasce deboli». «Il Governo nazionale che ha tagliato i fondi per l’80%, la Regione Campania che ha stanziato appena 13 milioni nell’ultimo bilancio e il Comune di Napoli per il ritardo nei pagamenti, stanno mandando il settore al collasso», hanno aggiunto.
A sfilare in corteo, insieme agli operatori, anche disabili in carrozzina, ragazzi delle case famiglia, donne. Due operatori hanno portato a spalla una piovra in gommapiuma. «Rappresenta – hanno dichiarato – chiunque stritola i diritti delle persone. Un tentacolo è il Governo Nazionale, un altro la Regione e un altro il Comune».
In piazza del Plebiscito un gruppo di persone si è staccato dal tronco principale del corteo ed è entrato a Palazzo Reale. Dal balcone che affaccia sulla piazza, i manifestanti hanno srotolato un lenzuolo con la scritta Il welfare non è un lusso. Una delegazione di manifestanti è stata poi ricevuta in Prefettura.
«Chiediamo – ha spiegato Sergio D’Angelo, portavoce del Comitato – che il Governo torni a investire nel sociale. Abbiamo proposto anche un tavolo straordinario sull’ordine pubblico che coinvolga il Governo, la Regione Campania e le Autonomie Locali, per affrontare la questione del welfare».
*Sociologo. Gestisce il blog Le voci di dentro.
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