Il ritorno della Barbie disabile

di Giovanna Cosenza*
È quella che una fondazione toscana ha scelto per la propria più recente campagna di comunicazione, riprendendo una bambola già prodotta nel 1997, che tanto fece discutere. Secondo Giovanna Cosenza, docente di Semiotica all'Università di Bologna, «che ci piaccia o no, Barbie è da ben 53 anni un modello fisico con cui tutti dobbiamo fare i conti: dai giochi delle bimbe al cinema, dalla televisione ai videogiochi, dalla pubblicità alla letteratura. In un mondo "intriso di Barbie", dunque, la campagna non offende affatto le persone disabili, anzi le include, le fa sentire come gli altri»

I quattro cartelloni utilizzati per la campagna di comunicazione della Fondazione I Care di Fucecchio (Firenze)Non capita tutti i giorni che un ente scelga di lanciare una campagna di comunicazione utilizzando l’immagine di una donna disabile. Ci ha pensato la Fondazione I Care di Fucecchio (Firenze), con la campagna denominata Disabili, non diversi: Yes I Care, che ha per protagoniste quattro versioni diverse di Barbie (la famosa bambola prodotta dalla Mattel), una delle quali è in sedia a rotelle.
«Forse il messaggio è un po’ forte – spiega il presidente Lorenzo Calucci nel sito della Fondazione – ma è teso a colpire l’attenzione del cittadino che troppo spesso, preso dal tran tran quotidiano, diventa, senza volerlo, schivo e indifferente ai problemi sociali. Vogliamo far riflettere le persone e ricordare loro che “disabile” è solo una parola».
Trattandosi di una campagna che fa leva soprattutto sulle immagini, abbiamo pensato di chiedere un parere a chi di comunicazione per immagini se ne intende. Giovanna Cosenza è laureata in Filosofia e ha conseguito un Dottorato in Semiotica sotto la direzione di Umberto Eco all’Università di Bologna.
È professore associato confermato presso il Dipartimento di Discipline della Comunicazione nel medesimo Ateneo bolognese (dove insegna Semiotica, Semiotica dei Nuovi Media e Semiotica dei Consumi), nonché presidente del Corso di Laurea Magistrale in Semiotica. Autrice di numerose pubblicazioni, è anche responsabile del blog Dis.Amb.Iguando. La ringraziamo molto per la disponibilità e la sollecitudine con le quali ci ha risposto. (Simona Lancioni)

Un’altra Barbie dopo quella di Greenpeace** discussa qualche giorno fa: Barbie in sedia a rotelle (o meglio, una sua amica di nome Beckie), che Mattel produsse nel 1997 e che è stata ripresa il mese scorso da una campagna della Fondazione I Care, che si occupa di solidarietà sociale.
La campagna è composta da quattro pannelli, in ciascuno dei quali appare una Barbie: seduta mentre si fa pettinare, nelle vesti di ballerina e in quelle di tennista, sempre accompagnata dalla headline Un giorno della mia vita. Yes I Care.
L’ultimo pannello, però, è diverso, perché Barbie sta su una sedia a rotelle e la headline dice: «Tutti possiamo diventare disabili. Ma ognuno di noi può aiutare. Disabili, non diversi. Yes I Care».

Come nel 1997, anche stavolta Barbie disabile fa discutere: il problema è l’inquietudine generata dal contrasto fra l’idealizzazione del corpo di Barbie e la disabilità a cui quel corpo è di colpo costretto. È questo che disorienta i più e induce i media a parlare di «campagna shock». Come se accostare la disabilità alla perfezione plastificata di Barbie fosse un insulto per chi è disabile.
Ora, non ho mai amato il giocattolo – né quand’ero piccola, né tanto meno da adulta – e non avrei mai fatto questa scelta, se avessi potuto decidere per la Fondazione I Care: innanzitutto per non reiterare un modello che sarebbe meglio un po’ alla volta fare sparire, e poi perché non c’è nulla di interessante né di creativo in una comunicazione che recupera un vecchio “scandalo” del 1997.
Tuttavia, che ci piaccia o no, Barbie è da ben 53 anni un modello fisico con cui tutti dobbiamo fare i conti: dai giochi delle bimbe al cinema, dalla televisione ai videogiochi, dalla pubblicità alla letteratura. In un mondo “intriso di Barbie”, dunque, la campagna non offende affatto le persone disabili, anzi le include, le fa sentire come gli altri.
È come se ci dicesse: «Posto che Barbie è la normalità, tutti possiamo – per malattia o incidente – diventare disabili e restare lo stesso persone normali, proprio come Barbie resta identica, immutabile, pure sulla sedia a rotelle. E anche chi è disabile dalla nascita può, esattamente come tutti gli altri, confrontarsi col modello fisico di Barbie, amarlo o odiarlo, esserne attratto o inorridito».

*Intervento già apparso, con il titolo Torna la Barbie disabile, nel sito del Gruppo Donne UILDM, dopo che su sollecitazione dello stesso, l’Autrice lo aveva inserito nel proprio blog Dis.Amb.Iguando. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti, per gentile concessione del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM.

**Giovanna Cosenza si riferisce alla campagna internazionale intrapresa da Greenpeace contro la Mattel, accusata di contribuire alla deforestazione dell’Indonesia. Sembra infatti che la carta utilizzata dall’azienda per il packaging dei giocattoli che produce sia tratta proprio dalla foresta pluviale indonesiana. Anche Greenpeace ha utilizzato Barbie, per la sua campagna, trasformandola per l’occasione in “Barbie assassina” delle foreste e degli oranghi e tigri che abitano nelle stesse e ora rischiano l’estinzione.

Il Gruppo Donne UILDM
13 eventi, 12 pubblicazioni della collana Donna e disabilità, un centinaio tra articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, circa 80 segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, più di 450 segnalazioni bibliografiche e circa 600 risorse internet schedate: parlano da sole le cifre del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto attualmente da Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani, Gaia Valmarin e Marina Voudouri) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità (il nostro sito se n’è occupato con l’articolo disponibile cliccando qui).
L’indirizzo del Gruppo Donne UILDM è www.uildm.org/gruppodonne. Al repertorio di cui si è detto, si accede cliccando qui. Il Gruppo Donne UILDM è anche su Facebook (cliccare qui).
Share the Post: