«Che me ne faccio dei miei piedi, se ho queste ali magnifiche?». E ancora, «Non mi fermerete mai». Sono due brani del singolo che Naomis, giovane popstar disabile, canta a ritmo da pop-dance nel videoclip Musica rossetti e SMA, recentemente realizzato dalla band I fori imperiali.
Parrucca e rossetto rossi, trucco e abiti diversi nelle differenti location: è un look abbastanza eccentrico quello scelto da Naomis e, anche se il primo messaggio verbale è quello volto a spiegare che cos’è la SMA (amiotrofia spinale), la sua immagine è molto distante dallo stereotipo che dipinge la persona disabile come perennemente triste e suscettibile di compassione. La SMA non leva la voglia di vivere e di divertirsi, è il messaggio subliminale che passa mentre Naomis canta «cristal musica euforia, porto la rivoluzione, questa vita è solo mia». La disabilità non impedisce l’espressione della femminilità, è invece l’informazione veicolata dal look e dagli atteggiamenti, più che dalle parole. Messaggi scontati? Per chi ha a che fare con la disabilità probabilmente sì. Ma per il mondo dell’informazione generalista e per l’immaginario collettivo – per i quali la persona con disabilità o è un “caso umano”, o è un “campione di coraggio” – decisamente no.
La sensazione è che le donne disabili, per affermarsi come donne, siano costrette a muoversi in una direzione opposta a quella delle altre donne. C’è una certa riluttanza a pensare che un corpo disabile sia sessuato e possa risultare attraente. Così, mentre le altre donne lottano contro la sovraesposizione spesso gratuita e impertinente del corpo femminile, la donna disabile si ritrova invece a doversi affermare come soggetto sessuato.
Vanno in questa direzione una serie di iniziative in cui la donna con disabilità è chiamata a mostrarsi e ad esibire il proprio corpo. Dai concorsi di bellezza (si veda, ad esempio, la storia di Simona Merla) alle sfilate di moda, tra le quali una delle prime organizzate in Italia fu C’è moda e moda, ideata dall’Associazione DynamicAir nel 2000. Dai calendari (ne sono stati realizzati tanti, uno dei primi quello di Cinzia Chiarini nel 1998, che si chiamava Toglietemi tutto, ma non la mia carrozzina, con un vero e proprio “boom” nel 2003, Anno Europeo delle Persone con Disabilità, quando suscitò un certo dibattito Angeli senza ali dell’Associazione Italiana Traumatizzati Spinali), sino ai film. Qui, solo a titolo esemplificativo, si possono citare La teoria del volo, opera del 1998 di Paul Greengrass – di cui in internet è visibile anche il trailer in lingua inglese -, che, a dire la verità, non ha convinto molto, e Balla la mia canzone di Rolf De Heer [se ne legga una lunga intervista nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.], anche questo del 1998, in cui Heather Rose, sceneggiatrice e attrice protagonista, è realmente una donna con disabilità. Balla la mia canzone, che è disponibile on line (cliccare qui), ha riscosso un notevole apprezzamento negli ambienti della disabilità.
Ci sono poi le campagne di sensibilizzazione. Più convincenti quando puntano a comunicare che la donna disabile non è la sua disabilità – si pensi, ad esempio, alla campagna Rifletti, ideata nel 2008 dal fotografo Giovanni Battista Sambuelli, in collaborazione con la modella disabile Francesca Penno [se ne legga nel nostro sito un’intervista cliccando qui, N.d.R.] – oppure a uno degli spot ideati nel 2010 da Luca Merloni per la campagna Cambia idea, visibile cliccando qui.
Queste campagne appaiono invece più controverse se assumono come riferimento icone femminili discutibili, come ad esempio la recente Disabili, non diversi: Yes I care, realizzata dalla Fondazione I care di Fucecchio (Firenze), che ha rispolverato la Barbie disabile [se ne legga nel nostro sito una recente nota di Giovanna Cosenza, cliccando qui, N.d.R.].
Ma tutto questo mostrarsi e puntare sul corpo restituisce interezza alla donna disabile o, al contrario, rischia di inquadrare anche lei in quel processo di svalutazione che riduce la donna a corpo erotizzato e silente?
Essere riconosciuti come soggetti sessuati è un diritto umano irrinunciabile, ed è dunque perfettamente legittimo rivendicare la propria sessuazione. Ma non è tanto l’oggetto della rivendicazione a creare divergenze, quanto, piuttosto, le strategie poste in essere per raggiungere lo scopo.
Nel 1987 Ellen Stohl, una ragazza paraplegica, apparve nuda nell’edizione americana di «Playboy»: un’iniziativa come questa aiuta la causa? Possiamo discuterne, di certo quell’episodio ebbe il merito di suscitare anche in Italia un dibattito pubblico sull’argomento (cliccando qui è visibile un articolo di Andrea Pancaldi, pubblicato dalla rivista «HP-Accaparlante», che riporta le reazioni della stampa italiana).
Ovviamente questa non è l’unica rivendicazione da portare avanti. Non ci sono ambiti della vita privata o pubblica preclusi a priori dalla presenza della disabilità, e se difficilmente una persona cieca potrà fare il/la chirurgo/a, ciò non significa che questa carriera non possa essere intrapresa da persone con una disabilità diversa, né che la persona cieca non possa realizzarsi in altri mestieri.
Se anche queste altre rivendicazioni vengono avanzate con forza, diventa abbastanza difficile che la donna disabile passi dal non essere considerata in termini sessuali ad essere considerata solo come oggetto sessuale.
Rimanendo poi in tema di comunicazione, è verosimile ritenere che l’impatto comunicativo di un filmato come quello nel quale Francesca Porecellato, atleta con disabilità, taglia il traguardo e vince la medaglia d’oro nella gara sprint sitting di sci di fondo alle Paralimpiadi Invernali di Vancouver (Canada), nel 2010, ben difficilmente potrà essere eguagliato da fiumi di parole volanti o scritte.
Alla premiazione, con le braccia alzate e aperte, la medaglia d’oro al collo, una cascata di riccioli rossi a incorniciarle il volto, Francesca non si afferma solo come atleta, ma anche come donna.
C’è infine un altro aspetto molto importante, che non va dimenticato. Tutte le cause tese a promuovere i diritti delle persone con disabilità, e dunque anche l’affermazione della femminilità da parte della donna con disabilità, vanno pensate in una cornice di inclusione, cercando di evitare, per quanto possibile, percorsi dedicati e luoghi speciali.
Proprio in questi giorni è iniziata la promozione del concorso denominato Miss Italia Sorda, il primo concorso di bellezza riservato a ragazze non udenti (se ne legga anche cliccando qui). Come Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), abbiamo scritto alla segreteria organizzatrice per capire come mai si sia scelto di creare un evento separato. Non sarebbe stato meglio attivarsi perché le donne sorde potessero concorrere a Miss Italia assieme tutte le altre donne?
A tal proposito è utile ricordare che nel 1997 Annalisa Minetti, la bellissima ragazza non vedente che poi diventerà famosa grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo, gareggiò al concorso di Miss Italia arrivando settima (cliccando qui, si possono leggere alcune dichiarazioni che rilasciò al «Corriere della Sera» dopo aver partecipato alla prima selezione). Questo episodio dimostra che per le donne con disabilità sensoriale non dovrebbero esserci particolari impedimenti a concorrere al pari delle altre donne.
Ben volentieri, qui di seguito, pubblichiamo lo scambio di opinioni che vi è stato con la segreteria organizzativa del concorso Miss Italia Sorda, successivo alla stesura di questo nostro testo.
«Gent.le sig.ra Lancioni, La ringrazio, in primis, per l’attenzione mostrataci e per aver contribuito anche se in maniera indiretta a promuovere la manifestazione suddetta. In risposta al suo dubbio posso affermarLe vivamente che non si tratta di nessun evento che va a discriminare il mondo dei non udenti, anche perché il concorso è stato organizzato da un’artista non udente e quindi che conosce bene questo mondo. Dal momento che anche Lei è impegnata in un’organizzazione che richiede molta sensibilità e rispetto, può certamente comprendere come anche questo sia un modo per rispettare i diritti dei non udenti che per la prima volta vedono una manifestazione organizzata specificamente, nei minimi dettagli, in base alle loro necessità e modo di comunicare. Si tratta di un evento che ha come finalità quella di dare un’opportunità anche alle ragazze non udenti di poter entrare a far parte del mondo della moda, dello spettacolo, interagendo, senza pregiudizi, con il mondo degli udenti. La forte richiesta di partecipare all’evento come semplice spettatore, da parte dei non udenti, è una dimostrazione che non si tratta affatto di un evento discriminatorio, ma di un evento che tutela appieno i loro diritti e la loro sensibilità, che tutte le persone a loro volta sensibili possono certamente intuire.
Dott.ssa Maria Teresa D’Agostino – Segreteria Miss Italia Sorda [grassetti nostri in questa e nelle successive parti del carteggio, N.d.R.]».
«Gentilissima dott.ssa D’Agostino, anche noi La ringraziamo molto per la Sua risposta. Cerco di rendere più chiaro il nostro punto di vista attraverso un esempio. Supponiamo che io debba organizzare un servizio di trasposto servendomi di due autobus. Posso decidere di dotare entrambi i mezzi di tutti i dispositivi utili ad ospitare tutte le persone, anche disabili. Oppure posso stabilire che le persone con disabilità debbano viaggiare su un veicolo e tutte le altre su un veicolo diverso. La prima soluzione organizzativa favorisce l’integrazione. La seconda no. Non è difficile capirlo: nel secondo caso le persone disabili sono indotte a fare in modo separato cose che potrebbero benissimo fare assieme alle altre persone. Il fatto che alcune persone disabili usufruiscano di buon grado del mezzo dedicato o che, addirittura, abbiano collaborato alla teorizzazione di questo sistema, non toglie niente al fatto che i percorsi (i mondi) sono tenuti separati: disabili da una parte, abili dall’altra. Fuori di metafora: il concorso di Miss Italia ha già avuto modo di ospitare una ragazza cieca (si tratta di Annalisa Minetti, che partecipò nel 1997) e pertanto non vi sono ragionevoli motivi per ritenere che esso non sia in grado di attrezzarsi per rendere possibile e confortevole anche la partecipazione di ragazze sorde. La scelta di orientarsi su un evento separato rimanda solo temporaneamente il confronto tra le modelle sorde e le altre modelle, dal momento che, quando anche le prime dovranno integrarsi nel mondo della moda o dello spettacolo, non potranno sottrarsi a ciò. Non solo, il fatto che le modelle sorde non si presentino neanche al concorso di Miss Italia permette agli organizzatori di questo evento di continuare a non conoscere le esigenze di queste modelle e li esonera dal compito di rendere la loro struttura accogliente anche per queste ultime. La scelta non regge neanche sotto il profilo della visibilità: per quanto successo possa avere Miss Italia Sorda, sarà ben difficile eguagliare l’altro evento, sia in termini di ascolti che di risonanza sui media e, dunque, rinunciando a partecipare a Miss Italia, si rinuncia anche all’occasione di far conoscere la condizione della donna sorda a un pubblico decisamente più vasto. Lavorare per l’integrazione costa molta fatica e talvolta è anche frustrante, perché a fronte di un grande sforzo spesso si ottengono solo risultati minimi. Ma noi siamo anche il primo Paese europeo che ha abolito le scuole speciali e ha permesso agli alunni disabili di frequentare le scuole di tutti […], non possiamo permetterci di tornare indietro. Non possiamo sottrarci alla sfida. Nei giorni scorsi il Gruppo Donne UILDM ha intervistato Jana Contorno, una donna sorda ben integrata nel suo ambiente, con una vita piena, un buon lavoro e una bella famiglia. Delle sue dichiarazioni mi ha colpito molto questa frase: “Per me è stato veramente incredibile sposarmi con una persona udente”. Incredibile: ha usato proprio questa parola. Ecco il punto: dobbiamo considerare l’integrazione credibile. Dobbiamo crederci intensamente e lavorarci alacremente. Solo così, come per Jana, diventerà realtà.
Simona Lancioni».
«Gentile dott.ssa Lancioni, sicuramente il suo messaggio è stato molto chiaro e comprensibile. L’integrazione è la base del saper vivere e non rientra assolutamente nel nostro intento evitarla. A dimostrazione del tentativo, purtroppo negato, di partecipare all’evento ufficiale di Miss Italia, c’è la testimonianza di una ragazza, come si evince dal seguente link (http://www.facebook.com/pages/Miss-Italia-Sorda/192214700791600). Il tentativo negato, la difficoltà da parte delle altre organizzazioni di adeguarsi ad un mondo che richiede tanta sensibilità e strumenti e tecniche mirate, che permettono di vivere il tutto senza ostacoli, esaltando le qualità e le competenze di chi è diversamente abile, sono alcuni dei motivi che portano alla realizzazione di un simile evento. Per quanto riguarda la visibilità, siamo certi di avere quella che ci aspettiamo, visto il continuo interesse da parte dei media, con l’auspicio che si incrementi sempre di più in virtù anche delle prossime edizioni.
Dr.ssa Maria Teresa D’Agostino».
*Intervento già apparso, con il titolo Una popstar disabile e il concorso di «Miss Italia Sorda», nel sito del Gruppo Donne UILDM. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti, per gentile concessione del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM.
13 eventi, 12 pubblicazioni della collana Donna e disabilità, un centinaio tra articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, circa 80 segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, più di 450 segnalazioni bibliografiche e circa 600 risorse internet schedate: parlano da sole le cifre del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto attualmente da Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani, Gaia Valmarin e Marina Voudouri) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità (il nostro sito se n’è occupato con l’articolo disponibile cliccando qui).
L’indirizzo del Gruppo Donne UILDM è www.uildm.org/gruppodonne. Al repertorio di cui si è detto, si accede cliccando qui. Il Gruppo Donne UILDM è anche su Facebook (cliccare qui).
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