Vivere a Gaza con una disabilità

di Mirko Tricoli
È una corsa a ostacoli quotidiana, quella che i bambini e le bambine con disabilità cercano di superare insieme ai loro familiari, in una "zona critica" del mondo, come la Striscia di Gaza, in Palestina. Raccontiamo una delle tante giornate fatte di speranza e attesa, di rassegnazione mista a piccole gioie, grazie al contributo di un operatore di Terre des Hommes, organizzazione attiva da cinquant'anni nella difesa dei bambini, in Italia e nel mondo, che cura il Progetto "Sostegno ai bambini/e vulnerabili e in particolare ai bambini e alle bambine disabili nel Governatorato di Gaza Nord della Striscia di Gaza"

Monis, Sham, Sana e Giana, i quattro gemellini di Jabalia, nati con malformazioni alle ancheIl Progetto Sostegno ai bambini/e vulnerabili e in particolare ai bambini e alle bambine disabili nel Governatorato di Gaza Nord della Striscia di Gaza è curato da Terre des hommes Italia – organizzazione attiva da cinquant’anni nella difesa dei bambini, in Italia e nel mondo – e si colloca in una linea di continuità con gli interventi in campo sanitario effettuati presso la Striscia di Gaza, tra il 2009 e 2010, nell’ambito del Programma Emergenza del Consolato Italiano.
Oltre ai servizi relativi al Centro di Riabilitazione su Base Comunitaria (visite specialistiche, fisioterapia, visite a domicilio, campagne di sensibilizzazione su disabilità e integrazione), l’iniziativa si concentra sulla prevenzione e la cura di bambini/e anemici e malnutriti, attraverso la distribuzione di ferro e di supplementi vitaminici. Nel corso del progetto sono previste inoltre attività di sensibilizzazione sulla salute dei minori per le famiglie e le comunità di appartenenza dei beneficiari. Altre azioni, infine, riguardano il corso di aggiornamento per un gruppo di fisioterapisti della Striscia, l’abbattimento delle barriere architettoniche presso scuole e abitazioni e l’identificazione e cura di quaranta pazienti che necessitano di cure specialistiche all’estero.
Questo è il racconto della giornata di uno degli operatori impegnati nella Striscia di Gaza.

Lunedì, 3 ottobre 2011, Centro di Riabilitazione su Base Comunitaria nel campo profughi di Jabalia, Nord della Striscia di Gaza.
Bambine e bambini, accompagnati da genitori o fratelli maggiori, sono in attesa di incontrare il dottor Nashaat, ortopedico forzuto, ma dallo sguardo dolce. Lui, insieme ai fisioterapisti e agli operatori sociali, personale del Palestinian Medical Relief Society a disposizione del progetto Sostegno ai bambini/e vulnerabili e in particolare ai bambini e alle bambine disabili nel Governatorato di Gaza Nord della Striscia di Gaza, sono il fulcro su cui ruotano le attività a supporto di trecentosessanta bambine e bambini con disabilità che vivono nella zona.

Abbiamo incontrato Noor, 5 anni e una malformazione ai tendini di entranbi i piedi. Ha bisogno di un intervento chirurgico per camminare normalmente. Mentre le parlo appare preoccupatissima, forse per la strana lingua che mi sente parlare, ma la traduzione e i sorrisi del dottor Mohammed, coordinatore locale del progetto, rassicurano lei e la mamma, che ci racconta le sue piccole odissee quotidiane: oltre a Noor, anche l’altra figlia, Nagham, 7 anni, è seguita dagli operatori del Centro del Palestinian Medical Relief Society, a causa di una malformazione simile a quella della sorella.
Ad aspettare, pazientemente, c’è anche Salah, il fratello maggiore, che spinge la sedia a rotelle su cui è costretto da nove anni e dalla quale scruta tutto con aria intelligente e distaccata. Lui parla in inglese e mi spiazza nettamente quando dice che la sua squadra del cuore è il Zamalek, Prima Divisione egiziana, lontana anni luce dal nostro immaginario europeo, fatto dalle solite Real Madrid e Barcellona…
Salah è assistito dal Centro da quando è nato. Viene a fare sessioni di fisioterapia e riceve gli ausili tecnici di cui ha bisogno. Ha una grave malformazione congenita della colonna vertebrale e del midollo spinale – la spina bifida – e ha perso la mobilità degli arti inferiori. Gli operatori del Centro gli fanno visita presso la sua casa a Jabalia due volte al mese, dove incontrano e ascoltano i familiari che si prendono cura di lui, quotidianamente.

Qualche settimana prima, gli operatori sociali del Centro di Jabalia avevano accolto una neo-mamma e i suoi quattro gemellini: Monis, Sham, Sana, Giana, nati con lievi malformazioni alle anche, dopo avere trascorso nove mesi a “stretto contatto”.
Sono buffi e vispi, dormono girati tutti dallo stesso lato e indossano degli speciali supporti per correggere la postura del bacino e degli arti inferiori. Siamo andati a trovarli, pochi giorni fa, a casa del nonno. Ci ha accolto cordialmente, raccontandoci la trafila fatta presso gli uffici pubblici per ricevere assistenza. Risultato: nessuna risposta.
La mamma dei quattro gemellini, mentre cerca di fare addormentare l’unico maschietto, Monis, ci dice quanto sia stato importante l’incontro con Mustafà, coordinatore del Centro di Jabalia, che si è subito impegnato per rispondere positivamente all’immediato bisogno. I supporti correttivi dovrebbero permettere ai “nuovi arrivati” di correggere la postura e di camminare quindi normalmente.

Storie fatte di speranza e di attesa, di rassegnazione mista a piccole gioie. Vivere a Gaza non è semplice. Le condizioni dei bambini che ci vivono e che insieme ai familiari cercano di superare ogni giorno gli ostacoli quotidiani legati alla disabilità mi fa ripensare all’ultima strofa di una celebre canzone, una preghiera laica che invitava a non dimenticare i volti di chi, dopo tanto sbandare,  «è appena giusto che la fortuna li aiuti […] come un dovere».

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