Già in più di un’occasione (se ne legga cliccando qui, qui e qui) abbiamo avuto modo di occuparci della Sentenza 1640/11 del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Campania (Sezione Distaccata di Salerno), per evidenziarne l’aspetto riguardante la condanna del Ministero dell’Istruzione «al risarcimento del danno non patrimoniale», quantificato in 3.000 euro, per tutti gli anni in cui un alunno con disabilità è rimasto a scuola senza un adeguato sostegno.
Ora Salvatore Nocera – esaminandone le motivazioni – ne sottolinea altre importanti questioni.
La Sentenza n. 1640/11, prodotta l’11 ottobre scorso dal TAR della Campania (Sezione Distaccata di Salerno), è interessante anche per le seguenti motivazioni, ovvero quando vi si scrive che «il diritto all’assegnazione di un insegnante di sostegno “in deroga” non comporta automaticamente il diritto del disabile ad ottenere un insegnante di sostegno per l’intero monte ore di frequenza settimanale, trattandosi di conclusione: a) per un verso, non conforme alla normativa vigente (che è chiara nello stabilire che l’insegnante di sostegno, una volta assegnato, assume la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera, e partecipa alla programmazione educativa e didattica al pari degli altri docenti, essendo perciò da escludersi che la designazione dell’insegnante di sostegno sia destinata in via esclusiva ad una specifica docenza di un alunno individuato); b) per altro verso, incompatibile con il principio della non necessaria coincidenza del monte ore di frequenza settimanale dell’alunno con l’orario – cattedra settimanale del singolo docente (che potrebbe, in concreto, rivelarsi insufficiente a coprire l’intero monte ore di frequenza settimanale, specie nei casi in cui l’alunno abbia optato per una frequenza a tempo pieno); c) per ulteriore profilo, incompatibile, nella sua rigidità, con lo spirito della normativa di settore, notoriamente volta a favorire in ogni caso l’integrazione scolastica degli alunni e non si tradurrebbe in un intervento individualizzato e commisurato alle specifiche esigenze dell’alunno, le quali necessitano sempre di una valutazione il più possibile individualizzata e congruamente motivata, laddove la assegnazione dell’insegnante di sostegno “in deroga” deve essere volta a volta commisurata alle specifiche difficoltà riscontrate nell’area dell’apprendimento, variabili da soggetto a soggetto in relazione al tipo di handicap, al suo livello di gravità, alle connotazioni ed alla possibile evoluzione della malattia, anche in relazione ad eventuali effetti migliorativi riscontrabili nel corso del tempo per il decorso della malattia oppure anche grazie agli interventi attuati. [Invero,] in astratto ed in via di principio, non può ritenersi di per sé illegittimo un intervento di sostegno minore (quando non sia scalfito il nucleo indefettibile del diritto), ma solo se motivato dall’analisi accurata della situazione specifica nel quadro di ragioni e vincoli oggettivamente operanti: di tal che, in definitiva, dalla accertata situazione di gravità del disabile può o meno conseguire la determinazione di un numero di ore di sostegno pari a quello delle ore di frequenza, fermo restando che, in ogni caso, la scelta deve essere in concreto motivatamente orientata verso la più ampia ipotesi possibile di sostegno nelle condizioni date [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
Ebbene, mentre si condivide pienamente la decisione, siano consentite anche alcune osservazioni relative a tali motivazioni.
In particolare la prima di esse – quella contrassegnata dalla lettera “a” – non convince, poiché se è vero che il docente per il sostegno assume la contitolarità della classe (Legge 104/92, articolo 13, comma 6), è pur vero che il numero delle ore assegnate sono conseguenti alle “effettive esigenze” dell’alunno (Legge 296/06, articolo 1, comma 605, lettera b) e quindi sono assegnate indipendentemente dalla sua contitolarità della classe.
Pienamente condivisibile, invece, è la motivazione contrassegnata dalla lettera “b”, in quanto già la VI Sezione del Consiglio di Stato (Sentenza 2231/10), interpretando gli effetti prodotti dalla Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, proprio sulla legittimità delle deroghe al sostegno nei casi di gravi disabilità, aveva precisato che si dovesse tener conto della specificità della disabilità per graduare il numero delle ore di sostegno da assegnare caso per caso.
Per quanto poi riguarda la terza motivazione, contrassegnata dalla lettera “c”, pur essendo condivisibile per il suo tenore, essa lascia perplessi per l’insistenza con cui si pone l’accento sulla malattia dell’alunno, sulla sua gravità o sul suo possibile o attuale miglioramento. Lascia perplessi, in sostanza, la visione esclusivamente sanitaria delle esigenze che giustificano il maggiore o minore numero di ore di sostegno, senza invece alcun riferimento a motivazioni di carattere pedagogico.
Se si esaminano del resto tutte le decisioni – sia di merito che di legittimità – concernenti il tema del sostegno didattico, si rimane effettivamente colpiti dalla circostanza che non venga mai invocata una motivazione di carattere didattico circa la gravità o meno della situazione. Ciò, invero, è una garanzia per gli alunni circa il diritto al sostegno, ma tale automatismo lascia in ombra gli aspetti pedagogici del diritto degli alunni con disabilità.
Per altro so bene che se ci si incammina per questo sentiero di ricerca, vi è il rischio di perdere la strada ormai battuta che dà certezze pratiche, ma un’indagine più approfondita sui risvolti educativi non farebbe male al miglioramento della cultura e della prassi dell’inclusione scolastica. Così sarebbe utile in questo senso osservare che non viene mai esplicitata la necessità di un maggior numero di ore di sostegno a causa del sovraffollamento della classe o della scarsa o assente preparazione sull’inclusione scolastica da parte dei docenti curricolari, che sono le vere ragioni per le quali i genitori sempre più si rivolgono ai TAR, ottenendone Sentenze favorevoli.
Se venissero quindi sempre più esplicitate tali motivazioni, si darebbe anche un aiuto concreto alle crescenti richieste delle associazioni di puntare di più sulla presa in carico del progetto di inclusione da parte di tutti i docenti curricolari, aiutati dal docente per il sostegno, mentre attualmente si sta diffondendo una sorta di “deriva interpretativa” secondo la quale i docenti curricolari, a causa della loro insufficiente preparazione in questo campo e dell’eccessivo affollamento delle classi, delegano la didattica del progetto inclusivo solo ai docenti per il sostegno, soprattutto nelle scuole secondarie.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell’AIPD, per gentile concessione.
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