Una famiglia friulana viene a sapere solo nel mese di febbraio del 2011 che le ore di sostegno assegnate al figlio – frequentante la scuola primaria – sono state ridotte a sedici, rispetto alle ventidue assegnate nell’anno precedente e riconfermate nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) per l’anno in corso. Decide quindi di reagire contro questa palese ingiustizia e scorrettezza di informazione, promuovendo un ricorso al Tribunale Civile per discriminazione, ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni).
Secondo quanto prevede tale norma, il ricorso viene trattato e deciso con ordinanza da un giudice monocratico e contro le sue decisioni si può proporre reclamo al Collegio che deciderà in via definitiva.
Di fronte al giudice monocratico, dunque, la famiglia ottiene ragione, dal momento che la riduzione delle sei ore di sostegno crea discriminazione rispetto agli altri alunni che non hanno subito alcuna riduzione di orario di docenti. Ciò secondo l’orientamento affermatosi nell’ormai nota Ordinanza prodotta dal Tribunale di Milano il 10 gennaio 2011 [se ne legga nel nostro sito cliccando qui e qui, N.d.R.], proprio in tema di discriminazione a causa della riduzione delle ore di sostegno. Conseguentemente, il Ministero dell’Istruzione viene condannato alle spese e al risarcimento equitativo dei danni non patrimoniali, come previsto dalla Legge.
E tuttavia l’Amministrazione soccombente decide di proporre reclamo al Collegio il quale, con l’Ordinanza n. 1245/11 del 12 gennaio scorso, capovolge il precedente verdetto e dichiara la compensazione delle spese.
In sostanza, a capovolgere la decisione è la testimonianza resa da due docenti, secondo i quali all’alunno cui erano state tolte le sei ore di docenza specializzata, ne erano state comunque assegnate altre sei (quattro più due) di due docenti non specializzati; di tale circostanza l’Amministrazione aveva solo fatto cenno durante la fase monocratica, senza però addurre alcuna prova.
Sulla base di ciò, dunque, il Collegio ha ritenuto che mancasse la discriminazione, poiché l’alunno aveva avuto comunque le sue sei ore di sostegno.
Osservazioni
Sia consentito osservare che tale decisione non sembra corretta, sempre sotto il profilo della discriminazione; infatti non è la stessa cosa avere sei ore di sostegno svolte dallo stesso docente specializzato e averle svolte, invece, da due docenti non specializzati.
Se il ricorso fosse stato trattato avanti al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) – come la quasi totalità delle azioni derivanti dalla riduzione di ore di sostegno – tra i motivi del ricorso stesso sarebbe stato prospettato quello di violazione di legge – nella fattispecie l’articolo 14, comma 1 della Legge 104/92 e l’articolo 1, comma 75 della Legge 662/96 -, che assicurano il diritto alla continuità didattica, nonché la violazione dell’articolo 13, comma 6 della citata Legge 104/92, che stabilisce il diritto alla priorità di ottenere un docente specializzato rispetto a quelli non specializzati.
Nel ricorso per discriminazione, però, questi motivi non possono essere addotti; dalla loro illustrazione, tuttavia, può provarsi un aspetto discriminatorio non basato sulla quantità di ore, come ha fatto il Collegio, ma sulla qualità delle sei ore di sostegno; e ciò sembra assai grave.
In questa vicenda, per altro, appare superato il luogo comune che l’insegnante per il sostegno sia docente della classe, senza alcun riferimento all’alunno con disabilità ivi presente; infatti, l’Amministrazione Scolastica, durante la fase monocratica, aveva sostenuto che le sei ore tolte al ricorrente erano state assegnate a un altro alunno con disabilità presente nella stessa classe; essendo quindi il docente per il sostegno docente della classe, non vi sarebbe stata riduzione alcuna delle ore di sostegno. Correttamente, invece, il giudice monocratico ha affermato: «La considerazione non è condivisibile, perché – al di la del dato formale per cui l’insegnante di sostegno è a tutti gli effetti un docente dell’intera classe, è ovvio che la sua presenza è destinata a fronteggiare le esigenze del singolo alunno disabile, in particolare nei casi in cui – come quello in esame – la gravita dell’handicap impone uno stretto e costante contatto tra docente e bambino. Del resto se così non fosse, nulla avrebbe impedito di mantenere a […]l’assegnazione di 22 ore, delle quali 6 contemporanee a quelle assegnate anche all’altro alunno».
Personalmente, da questa strana vicenda processuale traggo la convinzione che l’azione antidiscriminatoria per riduzione di ore di sostegno, ai sensi della Legge 67/06, non offra tutte le garanzie processuali che può ottenere un normale ricorso al TAR, dal momento che il Tribunale Civile deve limitarsi ad accertare l’esistenza o meno della discriminazione, senza poter entrare nell’esame di vizi di legittimità dell’attività dell’Amministrazione.
Dalla medesima vicenda si trae poi un altro insegnamento, già definito dal Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 1134/05 e cioè che non si possono sottrarre ore di sostegno assegnate ad un alunno con disabilità per darle a un altro alunno con disabilità che ha vinto un ricorso [se ne legga anche nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.], perché il ricorso si vince contro l’Amministrazione, che deve quindi aggiungere ore di sostegno e non contro l’altro alunno – il quale non è nemmeno parte del procedimento – cui verrebbero sottratte.
Infine, continuo a ribadire ormai da anni che se l’Amministrazione Scolastica assicurasse agli alunni con disabilità classi non sovraffollate, nel rispetto del tetto massimo di venti alunni – di cui al Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09 (articoli 4 e 5, comma 2) – e una formazione iniziale e obbligatoria in servizio sulla didattica dell’inclusione per tutti i docenti curricolari, le famiglie sarebbero molto meno motivate a proporre ricorsi per ottenere il massimo delle ore di sostegno, poiché sarebbero rassicurate dal fatto che – quando manca in certe ore il docente per il sostegno – la presa in carico del progetto di inclusione da parte di tutti gli altri docenti sarebbe seriamente garantita anche in termini di qualità.
Ma questo oggi ancora non è e quindi le famiglie sono costrette a rivolgersi alla Magistratura, per ottenere forzosamente ciò che la scuola dovrebbe spontaneamente fornire, conformemente alla sua natura pedagogica. Ma siamo sicuri che tale natura pedagogica non sia ormai inficiata da ragioni diverse, come quelle di riduzione – a tutti i costi umani – della spesa per la scuola pubblica?
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell’AIPD, per gentile concessione.
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