Osservate bene la foto qui a fianco: è bellissima, radiosa. È l’istantanea di un momento che nella vita non si dimentica mai, il giorno delle nozze, del coronamento di un sogno d’amore, coltivato e cresciuto insieme.
Lui e lei, sullo sfondo una scala bianca, con tanti gradini, quasi un simbolo degli ostacoli che hanno dovuto affrontare. I due sposini (la foto risale a quasi dodici anni fa, ma se li vedi adesso sono identici) si chiamano Lorena e Salvo. Ne parla oggi Carmen Morrone nel canale Disabilità di «Corriere della Sera.it», nel giorno di San Valentino. È un omaggio sobrio e a tratti ironico a una coppia normale, anche se apparentemente speciale. Perché Lorena vive su di sé le conseguenze di una spasticità che l’ha accompagnata nella vita, senza impedirle di vivere alla grande. Salvo, per altro, ha combattuto di sicuro con i capelli, fino a “perdere l’incontro”. Ma non per questo il sorriso gli manca, e neppure il fascino di ragazzo siciliano forte e di intelligenza acuta.
Parto da loro, da questo amore che è conosciuto da molti, nel mondo della disabilità che si incontra virtualmente nei social network, nei blog, nei siti di approfondimento e di discussione. Lori e Salvo sono un esempio possibile di amore che trionfa, anche in mezzo a difficoltà di ogni genere. Ma non sono i soli. L’amore è infatti la molla principale che anima le persone umane, la motivazione per la quale ci si mette in gioco, si esce dall’isolamento, si rischia qualcosa pur di raggiungere la meta.
Nella disabilità, fisica o sensoriale, ma anche intellettiva, l’amore è difficile, scosceso, aspro. È l’argomento sicuramente più gettonato nelle chat e nelle community, supera di gran lunga i temi che sembrano più importanti, dalle barriere alle leggi, dalla scuola al lavoro. E la spiegazione è semplice. L’amore è normalità, e nello stesso tempo l’amore, l’innamoramento, sono la causa principale dello sconforto, della rabbia, perfino della presa di coscienza – a volte drammatica e dura – della propria personale “diversità”.
In una società connotata dalla bellezza, dalla perfezione fisica, perfino nelle taglie dei jeans e delle t-shirt, non si può neppure immaginare quanto dolorosa e dura sia la strada che ogni persona con disabilità affronta quando, volontariamente o meno, si imbatte nella ricerca d’amore.
Le delusioni, il timore del rifiuto, la timidezza, la convinzione (spesso errata) che tanto non sarà possibile mai vivere una storia, come tutti. E poi il rapporto con i genitori, i propri e quelli del partner. Situazioni che ancora oggi ricordano da vicino il film con Sidney Poitier giovane, Indovina chi viene a cena.
L’amore è la frontiera dell’emancipazione dalla disabilità sociale, ossia da quell’immagine che comunque la società attribuisce alle persone che, per deficit congenito o per trauma, si trovano a vivere “da disabili”.
Ecco perché oggi, San Valentino, vorrei dedicare un pensiero affettuoso e grato a tutti coloro che, come Lori e Salvo, hanno “scalato le montagne” e hanno vinto la loro battaglia, perché il loro esempio è la migliore garanzia che l’amore è possibile, nonostante tutto, a patto che sia autentico, sentimento condiviso, ricambiato, costruito con razionalità e costanza, nella buona come nella cattiva sorte.
San Valentino è un giorno come un altro, se durante l’anno siamo capaci di mettere in condizione tutti di vivere alla pari la loro chance di felicità.
*Direttore responsabile di Superando.it. Il presente testo, qui riproposto con alcuni adattamenti al contesto, è apparso anche in InVisibili, blog del «Corriere della Sera», con il titolo Amore non solo a San Valentino.