È purtroppo cosa nota che ancora oggi, molto spesso, le persone con disabilità che per muoversi utilizzano la carrozzina si vedono negare l’accesso ai mezzi pubblici, a volte perché i mezzi non sono dotati di sistema che consenta alle carrozzine di entrare sulla vettura, a volte perché il personale conducente non è informato su questa facoltà, a volte ancora a causa del mancato funzionamento della pedana che consente l’accesso delle carrozzine all’interno del mezzo.
Recentemente, a Milano, una persona con disabilità che per muoversi utilizza una carrozzina elettrica, esasperata dopo avere ricevuto l’ennesimo diniego ed essere stata costretta, ancora una volta, ad attendere il passaggio di un mezzo successivo, ha deciso di presentare ricorso contro l’ATM (Azienda Trasporti Milanesi), ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni). In particolare, ha denunciato un episodio in occasione del quale non aveva potuto salire sul tram n. 4, per il rifiuto oppostogli dal conducente che, senza esitare, ha chiuso le porte del mezzo e si è allontanato.
Tale incresciosa circostanza ha generato sconforto, frustrazione e rabbia, procurando un forte disagio a quella persona e impedendole, a causa del ritardo accumulato, di rispettare gli impegni da tempo programmati.
Successivamente – nel corso del giudizio – si sono verificati altri quattro episodi, portati all’attenzione del Tribunale di Milano, in occasione dei quali la stessa persona non ha potuto prendere l’autobus n. 73, a causa del mancato funzionamento della pedana.
Il Tribunale di Milano, dunque, ha sottolineato come ciò rappresenti una «condotta gravemente omissiva da parte di ATM nella manutenzione delle pedane per disabili, che presenta indubbi connotati discriminatori» e una volta accertata la condotta discriminatoria dell’Azienda, la Corte ha ritenuto di potere presumere il danno non patrimoniale subìto a fronte della violazione del diritto costituzionalmente garantito (e richiamato espressamene dall’articolo 1 della Legge 67006) alla piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità (come da articolo 3 della Costituzione).
La tipologia dell’illegittima condotta di ATM non può infatti che aver determinato un’evidente ricaduta negativa. A questo riguardo, il Tribunale ha rilevato come «basti pensare alla frustrazione di vedersi ulteriormente limitata la già gravemente condizionata capacità motoria; la pubblicità di tale situazione deteriore; l’incertezza di riuscire a risolvere il problema trovando un altro mezzo che sia munito di pedana funzionante; il dovere comunque dipendere da soggetti estranei; l’essere costretti a farsi sentire per fare valere un diritto (quello alla mobilità con i mezzi pubblici) che viene invece più agevolmente assicurato ai normodotati».
Pertanto, il Tribunale di Milano, analizzati i documenti e sentiti diversi testimoni, ha dichiarato che ATM «si è resa responsabile di condotta discriminatoria», in danno alla persona con disabilità che ha presentato ricorso, nei cinque episodi specifici e comprovati, condannandola al risarcimento del danno non patrimoniale.
La Corte, inoltre – seppur non nel dispositivo finale – ha anche condannato l’ATM a «porre in essere le opere manutentive necessarie ad assicurare la funzionalità delle pedane per disabili montate sulla linea bus n. 73».
La Legge 104/92 (articolo 26), prevede il diritto delle persone con disabilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri Cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati, o di servizi alternativi. Per garantire questo, le Regioni disciplinano le modalità con le quali i Comuni devono disporre gli interventi volti a assicurare la mobilità personale delle persone con disabilità.
Allo stesso modo, infine, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dallo Stato Italiano con la Legge 18/09, all’articolo 9 prevede che gli Stati Parti adottino «misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso ai trasporti, al fine di consentire loro di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita».
*Avvocato. Servizio Legale LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità).
Suggeriamo anche la lettura – sempre nel nostro sito – di: Quel provvedimento apre una strada da percorrere (cliccare qui) e di Quell’autobus non accessibile è un atto discriminatorio (cliccare qui)
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