Signor Barbieri, anche a nome dell’Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, rispondo con piacere alla lettera aperta che Ella, insieme con altri rappresentanti della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH), ci ha diretto per chiedere alla Santa Sede di rivedere la decisione di non firmare la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
La Sua posizione di responsabilità ed esperienza nell’ambito della FISH Le consente di conoscere e, spero, anche di apprezzare l’attenzione particolare che la Chiesa riserva alle persone disabili fin dalla sue bimillenarie origini.
Si tratta di un impegno costante nella difesa della loro dignità e diritti – a cominciare dal diritto alla vita – che si coniuga ad una assistenza fattiva e amorevole.
Non esiste forse una sola comunità cattolica al mondo che, con strutture e personale diocesano o religioso e la cooperazione di apposite associazioni e ONG [Organizzazioni Non Governative, N.d.R.], non si prenda cura delle persone portatrici di ogni genere di disabilità, sia nella promozione individuale e sociale che in quella spirituale. Nel corso della storia, a più riprese e in diverse situazioni di rifiuto o di abbandono dei disabili, la Chiesa ha rivendicato questo tipo di presenza ed attività come un suo diritto e dovere precipuo.
Com’è noto, la natura giuridica internazionale della Santa Sede è peculiare, in quanto essa comprende una componente statale – la Città del Vaticano – ma è, al contempo, il governo centrale della Chiesa universale.
Per tale motivo, l’eventuale ratifica delle convenzioni ha un doppio significato: da una parte, la Santa Sede assume obblighi giuridici che impegnano lo Stato della Città del Vaticano e, dall’altra, essa offre un sostegno morale allo strumento giuridico nel suo insieme, di fronte alla Chiesa universale ed agli uomini di buona volontà.
Per lo stesso motivo, l’apposizione di riserve non è sufficiente per esprimere le eventuali obiezioni della Santa Sede ad un testo giuridico internazionale. Infatti le riserve apposte ad un Trattato hanno valore esclusivamente per lo Stato che le formula, nel senso che costituiscono eccezioni nell’applicazione di parti di esso valide nella sola giurisdizione del soggetto che le pone, senza effetto in altre giurisdizioni. Nei casi in cui esistano serie obiezioni sui contenuti di parti di un Trattato, solo la non adesione può esprimere pienamente il doppio aspetto, giuridico e morale, della posizione della Santa Sede.
La ratifica di una nuova Convenzione con riserve da parte della Santa Sede, come suggerisce la FISH, equivarrebbe ad offrire una cauzione morale all’insieme del testo giuridico, acconsentendo a che altrove, rispetto allo Stato della Città del Vaticano, l’articolo 25 venga applicato con criteri diversi, comprensivi, addirittura, dell’accesso all’aborto.
Di fronte ad una Convenzione che non può condividere pienamente, la Santa Sede ha altri mezzi, oltre che la ratifica, per darle appoggio a livello di Chiesa universale. Così ha fatto con la Dichiarazione del 13 dicembre 2006, in cui ha chiaramente detto che la Convenzione per molti dei suoi aspetti è lodevole, pur non potendo, con grande rammarico, offrire una cauzione morale al testo nel suo insieme.
A quei Paesi che decideranno di firmare e ratificare, la Santa Sede ha chiesto che appongano precise riserve così da escludere ogni riferimento all’aborto, sia come diritto che come modalità e metodo della salute riproduttiva.
Molti tra coloro che hanno seguito da vicino l’iter redazionale della Convenzione hanno riconosciuto lo spirito di lealtà e collaborazione con cui la delegazione della Santa Sede ha operato in tutte le diverse fasi, al fine di pervenire speditamente e con i migliori risultati alla sua conclusione, e come non solo essa non abbia mai posto ostacoli al suo sviluppo, ma abbia lavorato alacremente per farne un testo efficace e sottoscrivibile.
Credo che Lei stesso e i Suoi collaboratori, direttamente coinvolti nei lavori di elaborazione della Convenzione, lo possano testimoniare. Purtroppo, per le ragioni sopra menzionate, il testo finale non è tale da poter essere adottato dalla Santa Sede.
Cardinale Javier Lozano Barragán
Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari
(per la Pastorale della Salute)
Direttamente da New York, ove farà parte della Delegazione Italiana che affiancherà il ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, per la firma della Convenzione, risponde Giampiero Griffo, rappresentante italiano dell’EDF (European Disability Forum) e membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), uno degli estensori della lettera aperta alla Santa Sede da noi pubblicata qualche settimana fa.
La risposta della Santa Sede purtroppo non contribuisce a modificare l’immagine negativa che la posizione del Vaticano suscita in tantissimi credenti cattolici, soprattutto nei Paesi in cerca di sviluppo: io stesso, partecipando ad un seminario della CEI [Conferenza Episcopale Italiana, N.d.R.] sulla Convenzione, tenutosi a Roma il 9 e 10 marzo scorsi, ho potuto raccogliere lo sconcerto di molti partecipanti, alcuni provenienti da missioni in Paesi poveri.
Il messaggio del Vaticano – per quanto legittimo ed espressione di una volontà di limitare l’aborto – è molto negativo e si può semplicemente riassumere con una frase: quando si è trattato di tutelare i diritti dei 650 milioni di persone con disabilità nel mondo con un atto politico, la Santa Sede si è tirata indietro.
Giampiero Griffo
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