Gli Stati Generali della Salute dell’8 e 9 aprile prossimi potevano rappresentare un’occasione utile all’avvio di una nuova stagione, caratterizzata da un metodo condiviso di scelte e ragionamenti, rispetto a una tematica di così tale rilevanza per i bisogni dei cittadini. Il ministro della Salute Lorenzin, tuttavia, ha disatteso questo proposito, evidenziato dall’assenza del confronto con le nostre strutture confederali.
La situazione odierna è seria e preoccupante: un equo ed efficiente accesso alle cure non è garantito all’intera popolazione, specialmente in alcune aree del nostro Paese, che si configura come una sommatoria di differenti Sistemi Sanitari Regionali a più velocità, a causa dell’intollerabile intrusione della politica, di incapacità gestionali e manageriali, di diffuse prassi locali di corruttele e più in generale di un’ evidente inadeguatezza dell’impalcatura nella ripartizione di competenze tra i vari livelli amministrativi.
A farne le spese, di conseguenza, risultano i cittadini, i quali per via degli elevati costi – si pensi al continuo aumento dei ticket – ricorrono sempre più al privato oppure “migrano” in altre Regioni.
Ecco perché riteniamo fondamentale la revisione del Titolo V della Costituzione [“Le Regioni, le Province, i Comuni, articoli 114-133 della Costituzione, N.d.R.] come primo passo per la risoluzione di un meccanismo che si è inceppato.
Il nostro Servizio Sanitario Nazionale può ritornare ad essere un patrimonio immenso per l’Italia, vigile garante dei diritti, generatore di occupazione, pilastro per lo sviluppo economico e stimolo per l’innovazione. Esso, però, va difeso e supportato, invertendo il trend di spesa, che annovera, ad oggi, il nostro Paese largamente al di sotto della media dell’Unione Europea e dell’OCSE [Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, N.d.R.].
In questa direzione abbiamo apprezzato le recenti dichiarazioni del Ministro della Salute sulla spending review, perché i risparmi ottenuti devono essere reinvestiti nel Servizio Sanitario Nazionale, per far fronte con più forza alla diffusione delle patologie croniche, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce «la grande epidemia di questo secolo», alle rinnovate fragilità, ai crescenti fenomeni nel campo delle dipendenze patologiche o della salute mentale, alla delicata filiera delle non autosufficienze e a bisogni di tipo sociale che mutano e accrescono con notevole portata.
Diviene dunque fondamentale, e non più rinviabile, una vera riorganizzazione fondata sulla prevenzione, sull’umanizzazione delle cure, sulla cultura dei risultati, sullo sblocco e l’aggiornamento dei LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.], sul soccorso dell’assistenza sanitaria integrativa, sul ripensamento della governance e sull’integrazione tra sanità e servizi sociali, divenuta più che mai d’attualità anche in relazione alla necessaria riconversione delle reti ospedaliere; scelte che non possono prescindere dalla valorizzazione e dal riconoscimento del lavoro nei servizi alla persona, superando le precarietà e i dumping tra settori e professioni [in questo contesto e in tale accezione, il termine “dumping” coincide sostanzialmente con una svalutazione del lavoro e delle professioni, N.d.R.].
Il prossimo Patto per la Salute* può aiutare il nostro Paese a crescere e a migliorare: guardando alle politiche sociali e alla sanità non più come mera voce di spesa da tagliare, ma come opportunità, come investimento teso a garantire il diritto alla salute e alle cure per i cittadini, creando nel contempo buona occupazione e configurandosi come volano per la ripresa economica, mortificata sinora da ottuse e miopi politiche di austerity.
Anche così l’Italia può contribuire al rilancio del “modello sociale europeo”, anello mancante per costruire davvero l’Europa Unita dei cittadini.
Restituire, pertanto, voce e potere ai cittadini e alle rappresentanze sociali è indispensabile, per essere all’altezza delle sfide che il nostro Servizio Sanitario deve affrontare.
Ecco perché riteniamo che il coinvolgimento delle strutture confederali sia e resti decisivo.
*Il Patto per la Salute è un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema.
Rispettivamente per le Segreterie Nazionale dei Sindacati CGIL, CISL e UIL.
Articoli Correlati
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Dopo di noi da creare “durante noi“* L'organizzazione del futuro di una persona con disabilità: quali sono le tutele giuridiche esistenti? In quali ambienti si potrà svolgere la vita di quella persona? E con quali fondi? Un…
- Per un nostro dibattito scientifico «Urge la nostra fondamentale presenza in qualità di studiosi - scrive Claudio Roberti - perché dobbiamo poter dire: “Niente su di Noi senza di Noi", anche in tale ambito». E…