Ci sono ricascato. Non sono riuscito a frenarmi. Ho accettato – e pure volentieri – la richiesta del Comune di Milano di svolgere un ruolo di consulenza e di supporto tecnico alla task force dell’Amministrazione, impegnata a garantire la migliore accessibilità possibile della città in vista dell’Expo 2015. L’incarico è totalmente gratuito, sia chiaro. Lo scrivo perché la formula tecnica del cosiddetto pro bono magari non è di immediata comprensione per tutti. Così come gratuito è il mio impegno di volontario, nel ruolo di presidente della LEDHA, la rete delle associazioni delle persone con disabilità in Lombardia, che è ANCHE la componente regionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Questo significa che ho dovuto ridurre il tempo da dedicare alle collaborazioni professionali retribuite, quelle che mi consentono di vivere dignitosamente, di pagare il mutuo della casa, di fare la spesa, come tutti. Non mi basterebbe del resto la pensione di giornalista, che ho dovuto anticipare in considerazione dell’aggravamento della mia disabilità.
Non sono un benefattore, però, e voglio raccontare tutto in piena trasparenza, solo perché di questi tempi il nemico più insidioso che incontro ogni giorno è la sfiducia. Il pregiudizio, la convinzione che chiunque si assuma una responsabilità pubblica lo faccia per un tornaconto personale, per acquisire potere – e magari anche denaro – in forme poco corrette.
È questo il “frutto avvelenato”, e dunque anche assai motivato, di quanto ogni giorno ci viene servito sotto forma di denunce, arresti, scandali, inchieste, confessioni, rivelazioni.
Potrei persino sembrare “pirla”, per usare un termine milanese comprensibile ovunque nel mondo. Ma come? Arriva l’Expo e tu collabori gratis? Già. È proprio così. E ne sono orgoglioso. Per due motivi. Prima di tutto perché il mio impegno non è in favore dell’Expo, e neppure del Comune di Milano. È un incarico dalla parte dei diritti delle persone con disabilità. Voglio favorire il dialogo, concreto e operativo, fra le diverse competenze che si possono subito mettere in campo per migliorare la situazione. L’esperienza di persone con disabilità motoria e sensoriale, la cultura degli esperti che vengono indicati dalle loro Associazioni, sono un patrimonio decisivo per fare le cose per bene, quando si vuole rendere accessibile un percorso urbano, un mezzo di trasporto, un marciapiede, un museo, un albergo, un ristorante, un negozio.
Non mi arrendo di fronte alla sfiducia. Ho visto in queste settimane che la reciprocità aiuta a superare gli ostacoli. Negli incontri – informali e concreti – con le categorie economiche, con i tecnici degli Assessorati, nei tavoli ai quali hanno partecipato persone con disabilità ed esperti, alla pari, non in conflitto aprioristico, siamo riusciti a mettere a punto un metodo di lavoro mai visto a Milano. Molta parte del merito, per altro, va attribuita alle capacità di un dirigente pubblico, Isabella Menichini, nominata da pochi mesi alla guida del settore Servizi per Persone con Disabilità del Comune di Milano. Avevamo già collaborato, molto tempo fa, per l’organizzazione della Conferenza Nazionale sulla Disabilità di Bari, nel 2003. Ne conoscevo la competenza e la tenacia. Ne parlo apertamente perché questo è un presupposto fondamentale della lotta alla sfiducia.
Ognuno di noi deve gettare il cuore oltre l’ostacolo, metterci anima, cuore e cervello. Un’occasione formidabile di diffusione di una cultura dell’accessibilità e dell’accoglienza per tutti, come Expo 2015, non capita spesso. Certo, questo significa rischiare. Il ritardo è notevole, le barriere fisiche e sensoriali non mancano davvero. Le Associazioni delle persone non udenti e quelle dei non vedenti sottolineano in questi giorni soprattutto ciò che manca e chiedono, reclamano, maggiore attenzione. Giusto, sacrosanto, doveroso. Ma detto questo, in quale altro modo si può cambiare il mondo se non partecipando attivamente al cambiamento?
Abbiamo presentato un taxi accessibile, è il primo in Italia completamente ecologico e accessibile al tempo stesso. È l’inizio di un percorso che porterà Milano ad avere finalmente anche una discreta disponibilità di taxi a disposizione di chi si muove in carrozzina, turisti o residenti non fa differenza.
Ebbene, fra le reazioni più diffuse nei social network ho notato la diffidenza, la convinzione che tanto non funzionerà per tutti, che è caro, che non si sa come chiamarlo, che sono troppo pochi, e via elencando le lamentele possibili.
Questo Paese sta perdendo l’entusiasmo, la voglia di migliorare, di ripartire, di cambiare passo. Non credo che sia solo una questione generazionale, anzi. Chi scrive ha 61 anni e non si è mai sentito così giovane come adesso: ho voglia di imparare, di provare, di costruire cose nuove, per il bene comune. Ma vorrei al più presto passare il testimone ai giovani, alle generazioni seguenti. È giusto così. Il problema a monte, però, è la rottamazione della sfiducia. Questo è un handicap che non possiamo portare addosso, ci frena, ci costringe a chiuderci nelle certezze delle corporazioni, protetti in famiglia, rinunciatari in partenza: in una parola, emarginati e sconfitti.
Mi spiace, per il momento non ci sto. E chiedo a tutte le persone di buona volontà di fare la propria parte. Ci sarà tempo per tirare le somme e per denunciare ciò che manca, ciò che non è stato fatto. Ora è il tempo dei fatti, e dell’impegno.