Il 23 giugno coinciderà con la sesta Giornata Mondiale per la Sindrome di Dravet, evento durante il quale le organizzazioni di pazienti di tutto il mondo promuoveranno attività di sensibilizzazione per far conoscere questa malattia rara che colpisce neonati sani nel loro primo anno di vita e che comporta una grave forma di epilessia farmacoresistente, associata a diversi altri disturbi (se ne legga ampiamente nel box in calce).
Negli ultimi quindici anni, diverse Associazioni o Fondazioni impegnate in questo àmbito sono state fondate in numerosi Paesi, rappresentando un importante sostegno per le famiglie colpite dalla sindrome.
Nel Vecchio Continente, le organizzazioni si sono riunite nella DSEF, la Federazione Europea della Sindrome di Dravet, e lavorano insieme per migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, tramite incontri organizzati a livello internazionale nel corso dei quali vari professionisti del settore si scambiano conoscenze ed esperienze, promuovendo un registro dei pazienti. In parallelo, inoltre, si lavora per facilitare e finanziare la ricerca scientifica.
Tra le organizzazioni affiliate alla Federazione DSEF vi è anche il Gruppo Famiglie Dravet che affianca le famiglie italiane coinvolte nella malattia mediante progetti finalizzati alla creazione di un network nazionale di sostegno, all’inserimento scolastico e allo sviluppo di terapie riabilitative specifiche.
L’Associazione, inoltre, promuove il finanziamento della ricerca attraverso lo sviluppo di una Biobanca specifica presso la Biobanca del Laboratorio di Genetica Umana dell’IRCCS Istituto Gaslini di Genova, aderente alla Rete delle Biobanche Genetiche di Telethon, oltreché finanziando bandi internazionali competitivi. In tal senso, negli ultimi quattro anni il Gruppo Famiglie Dravet ha reso disponibili fondi per un importo complessivo di oltre 300.000 euro, anche attraverso la creazione di sinergie con altre organizzazioni europee e la stessa Federazione DSEF.
«La sindrome di Dravet – è il messaggio lanciato dal Gruppo Famiglie Dravet, in vista della Giornata Mondiale del 23 giugno – condiziona la vita di intere famiglie, che ogni giorno mettono in campo forze enormi per fare fronte a questa complessa e distruttiva patologia e per regalare ai propri figli scampoli di vita. Aiutiamo queste famiglie ad essere, nonostante tutto!». (S.B.)
A questo link è disponibile un video realizzato dal Gruppo Famiglie Dravet. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: gruppofamiglie@sindromedidravet.org.
La sindrome di Dravet
Si tratta di una malattia rara che colpisce neonati sani nel loro primo anno di vita e che comporta una grave forma di epilessia farmacoresistente, associata a diversi altri disturbi, quali problematiche del linguaggio, ritardo psicomotorio, problemi ortopedici e della deambulazione, disturbi del sonno e problematiche comportamentali.
Circa il 17% dei pazienti non raggiunge l’età adulta a causa di incidenti o diverse complicazioni.
La sindrome colpisce una su 22.000 persone e la causa di essa è una mutazione genetica la quale, nella maggior parte dei casi, è de novo, cioè non ereditata dai genitori.
Il primo sintomo sono le gravi crisi epilettiche che esordiscono in età infantile, poi le persone con Dravet continuano a soffrire di epilessia per tutta la loro esistenza. In alcuni casi, inoltre, le crisi provocano un grave rischio per la vita, dato che possono determinare uno stato di male epilettico (crisi che si ripetono senza recupero o crisi prolungata, oltre i 30 minuti).
E ancora, le persone con Dravet possono essere colpite dalla morte improvvisa e inaspettata in epilessia (SUDEP), rischio, questo, che insieme alle altre problematiche di cui si è detto, ha un enorme impatto sulle famiglie che convivono quotidianamente con la malattia.
A quarant’anni dalla descrizione della sindrome, non esiste ancora una cura risolutiva, cosicché le persone assumono combinazioni di diversi farmaci antiepilettici al fine di contenere l’epilessia, che tuttavia resta farmacoresistente.
Mancano infine sul territorio specifici percorsi diagnostico-terapeutici e riabilitativi, così come adeguati percorsi che possano gestire la transizione dall’età pediatrica all’età adulta.