«Da un po’ di tempo, complice una certa creatività politica e non solo, si è verificato un pullulare di nascite di nuove figure professionali che contengono la parola manager, dal covid manager al cup manager (ove Cup fa riferimento al Centro Unico Prenotazioni), dal disability navigator (una sorta di “minotauro”, un incrocio tra un navigator e un disability), come se di colpo le parole disability e manager potessero automaticamente portare nuove soluzioni. Non è così».
Non ha di certo peli sulla lingua Rodolfo Dalla Mora, architetto, disability manager dell’Ospedale Riabilitativo di Alta Specializzazione di Motta di Livenza (Treviso), dell’ULSS 2 della Marca Trevigiana, del Comune di Treviso e presidente della SIDIMA, la Società Italiana Disability Manager. La professionalità, infatti, dev’essere un primo aspetto, oltre al fatto di essere professionisti. In parallelo c’è la competenza. Questi dovrebbero essere i capisaldi per impostare una carriera da disability manager. Il mondo che ruota attorno alla disabilità e ai soggetti fragili è complicato, sofisticato e complesso e il rischio di confondere la realtà con una sua rappresentazione è sempre presente. Ne parliamo con lo stesso Rodolfo Dalla Mora.
Disability manager ed Enti Locali. Com’è la situazione?
«Innanzitutto occorre definire lo sviluppo della figura del disability manager, dal momento della sua introduzione. Noi, come SIDIMA, abbiamo cercato di sviluppare alcuni àmbiti del Disability Management, dentro i quali si sviluppa appunto la figura del disability manager. Gli àmbiti sono quelli della vita: la Sanità, il Turismo, gli Enti Locali, le Aziende. Tutti hanno bisogno di una figura professionale formata che abbia acquisito delle competenze tramite un percorso specifico.
In questi dieci anni abbiamo avuto un’evoluzione, ma anche un’involuzione sotto il punto di vista del processo formativo della figura del disability manager. Siamo partiti infatti dieci anni fa con un corso di perfezionamento dell’Università Cattolica di 120 ore e siamo arrivati, allo stato dell’arte, a Master di Secondo Livello, tramite un percorso lento e silente. Essendo però una situazione “appetibile”, sotto il profilo del marketing e della comunicazione, in alcune Regioni e Università, in particolare, vengono proposte le più disparate iniziative formative attorno alla figura del disability manager, prevedendo un livello formativo molto più basso al di sotto delle 100 ore. A questo punto mi chiedo: se una volta ci volevano 150 ore per prendere la licenza media, adesso ci vogliono meno di 120 ore per diventare disability manager?».
Quali sono dunque le principali criticità che rileva nel rapporto tra disability manager ed Enti Locali?
«La figura del disability manager non dev’essere basata su slogan e strategie di marketing, innanzitutto perché si opera per le Persone e con le Istituzioni. In secondo luogo perché si cerca di istituire una rete. Diverse Amministrazioni, invece, spingendo sul tasto del consenso politico e del rinnovamento organizzativo, istituiscono figure di disability manager presenti solo sulla carta, ma che nella realtà sono inconsistenti, utilizzando ad esempio, come unico criterio di selezione, quello del volontariato o guardando a soggetti non debitamente formati. Il tutto in un concetto di gratuità che snatura il valore professionale della persona in qualità di professionista incaricato. Non perché il volontariato non vada bene, tutto il contrario, ma si tratta di operare una scelta di una figura professionale con un percorso preciso e una progettualità altrettanto precisa, che dev’essere valorizzata.
Il disability manager è un professionista che attraverso un percorso formativo dedicato, acquisisce delle competenze che sviluppa, in seguito, nel proprio àmbito professionale. Un facilitatore rispetto a una determinata macchina organizzativa, che interagisce, tramite le proprie competenze, con gli Assessorati e i Dirigenti delle Unità Operative all’interno delle varie realtà organizzative e istituzionali.
La SIDIMA si è posta sin dagli inizi l’obiettivo di mantenere una statura alta sotto il profilo della qualità formativa e anche sotto quello delle relazioni, sottoscrivendo oltre dieci protocolli d’intesa con le Università pubbliche italiane con la condivisione delle azioni formative. Da qui il discorso, importantissimo, di fare rete.
Allo stato dell’arte, dunque, è impossibile parlare di una professione riconosciuta della figura del disability manager, perché non vi è una base formativa omogenea e ben codificata. È una figura che si basa su una competenza inserita in una professionalità. Inventare nuove figure settoriali che operano in àmbiti molto ristretti significa poi limitare le azioni delle politiche della disabilità, in termini pratici e operativi».
Ma sono arrivate dagli Enti Locali anche risposte positive?
«Sicuramente. E le vediamo tramite le adesioni al Manifesto del Disability Manager [se ne legga un’ampia presentazione anche sulle nostre pagine, N.d.R.], un vero strumento di base, prodotto di dieci anni della nostra attività, attraverso il quale si è cercato di fare piazza pulita delle interpretazioni particolaristiche delle tematiche del Disability Management, ponendo così alcuni paletti e offrendo una definizione concreta della figura del disability nanager, dotandola di ulteriore competenza. Si tratta però, è opportuno ricordare, di un work in progress, ovvero di un “libro aperto” che attende i suggerimenti da parte della comunità scientifica e non solo.
Come SIDIMA, dunque, stiamo portando avanti progetti con tutte quelle realtà intenzionate a sviluppare un percorso serio legato a questi temi».
Il Manifesto del Disability Manager (pubblicato nel 2020 da Edizioni il Prato e scaricabile gratuitamente a questo link) è stato curato da Rodolfo Dalla Mora, Palma Marino Aimone, Margherita Caristi, Nicola Marzano e Veronica Mattana.
Diversity Management
Si tratta di un insieme di pratiche e politiche volte a valorizzare la diversità all’interno di un ambiente di lavoro – che sia diversità di genere, di orientamento sessuale, di origini etniche, di cultura, di abilità fisiche ecc. – supportando differenti stili di vita e rispondendo alle loro diverse esigenze. Nello specifico della disabilità, si parla di Disability Management; quando invece si prescinde dall’età anagrafica si parla di Age Management.
Disability manager
Tale figura si può definire così: è un professionista adeguatamente remunerato, con un ruolo di supervisione in ogni àmbito (accessibilità, mobilità, politiche sociali, scuola, lavoro ecc.), che vigili sul rispetto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e faccia sì che tutti gli attori istituzionali, quando pianificano, si chiedano: «Questa decisione che effetto avrà sulle persone con disabilità?».
Disability Management
In àmbito lavorativo rappresenta una strategia d’impresa utile a coniugare, in modo soddisfacente, le esigenze delle persone con disabilità da inserire – o già inserite – con le necessità delle aziende.
La SIDIMA
La Società Italiana Disability Manager è un’associazione costituitasi nell’aprile 2011 grazie alla volontà dei primi disability manager italiani, che ottennero tale titolo frequentando il primo Corso di Perfezionamento post-laurea in Disability Manager organizzato dal Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’obiettivo principale della SIDIMA è la ricerca e la promozione della cultura del Disability Management, nei vari contesti di riferimento, quali le Istituzioni, la Sanità e le Aziende, al fine di sensibilizzare e tutelare i diritti delle persone con disabilità e il rispetto della persona in ogni suo aspetto, dimensione e momento della vita, in ottemperanza anche alla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, incidendo con forza nell’elaborazione delle politiche a livello nazionale e locale e lavorando per renderle più efficaci (info.sidima@gmail.com).